2015-07-12 12:32:00

"L'onda opposta": un racconto di migrazione al contrario


“L’onda opposta”. E' questo il titolo del romanzo scritto a quattro mani dalla giornalista Patrizia Caiffa e dal vicedirettore di Caritas italiana Paolo Beccegato. Un viaggio d’immigrazione al contrario, da Lampedusa a Tunisi, che vuole far riflettere sul concetto di migrante. Un libro che racconta storie di persone e ristabilisce una dimensione umana. Al microfono di Grazia Serra, la giornalista e scrittrice Patrizia Caiffa:

R. – L’idea è nata durante un viaggio, con giornalisti e operatori della Caritas italiana, che abbiamo fatto nel 2011 nel campo profughi di Shousha, al confine con la Libia. Era il periodo della guerra in Libia, della primavera araba. Nel campo erano stati accolti centinaia di migliaia di profughi. Molti sono rientrati a casa, altri sono rimasti lì per diversi anni in una sorta di limbo: non avevano documenti e non si sapeva che fine avrebbero fatto. Partendo dal nostro lavoro quotidiano di giornalisti e di operatori ci siamo chiesti: come possiamo cercare di trasmettere in una modalità diversa, che non sia quella giornalistica, quella assistenziale o politica, quanto sia difficile vivere in questa condizione di migrazione, di profughi, agli italiani? Abbiamo cercato l’espediente narrativo, quindi la fiction e il romanzo, per fare in modo che i lettori potessero identificarsi con i personaggi, mettersi appunto nei panni dell’altro per capire che è un diritto di ogni essere umano aspirare alla dignità e alla libertà e sperare in un futuro migliore.

D. – I personaggi del libro rappresentano anche i volti della crisi italiana: è quindi centrale nel vostro libro il tema della fuga degli italiani all’estero…

R. – Sì, assolutamente. I due personaggi principali sono: una giovane giornalista precaria, sfruttata che guadagna molto poco, è del sud e rientra in uno stereotipo un po’ presente nelle nostre regioni del sud; l’altro è un camionista del nord, pieno di pregiudizi nei confronti dei neri, che ha perso il lavoro, che ha moglie e figli. Partiamo da una situazione di crisi che ha vissuto l’Italia in anni recenti, da cui ancora non è uscita, per rappresentare un po’ quello che è il clima nella nostra società. Un clima anche abbastanza amaro, disilluso, perché se questi italiani poi scelgono di fuggire all’estero e tentare questo viaggio della speranza assurdo vuol dire che si trovano in una situazione molto difficile. E sono contornati da una serie di personaggi, una quindicina, che viaggiano su questo barcone - che poi però è una barca con diversi confort, perché noi siamo comunque occidentali, ricordiamolo - e questi personaggi rappresentano anche uno spaccato di questa società: c’è quello che viene ricattato dalla camorra, c’è la donna che ha visto il marito uccidersi perché era pieno di debiti, c’è la ragazza che viene picchiata dal fidanzato… Abbiamo cercato di dare flash anche leggeri sulla nostra società.

D. – Nel libro si parla di persone e non di numeri: quanto è importante in un Paese in cui sempre più spesso s’invocano le ruspe, parlare di dignità e ristabilire una dimensione umana?

R. - E’ fondamentale perché se perdiamo l’umanità perdiamo tutto e bisogna sempre mettere al primo posto il rispetto dell’altro, dell’essere umano, la propria dignità e la propria libertà. Parlare di ruspe vuol dire comunque cavalcare il tema dell’immigrazione solo in maniera strumentale per avere voti in più e questo non è giusto perché dietro a questi slogan ci sono esseri umani che soffrono e in quella condizione ci potremmo trovare anche noi perché la storia non fa sconti a nessuno.








All the contents on this site are copyrighted ©.