La reclusione non vuol dire esclusione, ma parte di un processo di reinserimento nella società. Così il Papa nell’incontro con i detenuti del carcere di Palmasola di Santa Cruz de la Sierra, una delle ultime tappe boliviane prima della partenza per il Paraguay. L’istituto penitenziario è il più grande della regione: esteso 10mila metri quadrati, pur avendo una capienza di 800 posti, ospita attualmente 5mila persone. Il servizio del nostro inviato Paolo Ondarza:
Il Papa: sono un uomo salvato dai suoi molti peccati
Resteranno reclusi forse ancora a lungo; molti, troppi
in attesa di una sentenza che non arriva. Sono i circa 5mila detenuti di Palmasola,
rinchiusi in una città carcere adibita ad ospitare appena 800 persone. Per un ora
la libertà, quella vera portata da Cristo Risorto, ha spalancato spiritualmente le
porte di questa periferia nella periferia, luogo simbolo dell’esclusione sociale.
Accolto dall’abbraccio dei bambini, dalle lacrime dei carcerati, dalle loro testimonianze
dell’iniquità subita e dalle denunce di un immobilismo delle istituzioni in un luogo
in cui vige la legge del più forte, il Papa si presenta con umiltà: anche io ho i
miei errori – dice - sono un penitente:
“El que está ante ustedes es un hombre perdonado...
Quello che sta davanti a voi è un uomo perdonato.
Un uomo che è stato ed è salvato dai suoi molti peccati. Non ho molto da darvi o offrirvi,
ma quello che ho e che amo voglio condividerlo: Gesù Cristo, la misericordia del Padre”.
In Gesù si ritrova la forza di ricominciare
Cristo – spiega Francesco - è venuto a mostrare l’amore
visibile per ognuno di noi: “un amore che guarisce, perdona, rialza, cura: si avvicina
e restituisce dignità. “Gesù – dice il Papa - è ostinato: ha dato la vita per restituirci
dignità”.
“Porque cuando Jesús entra en la vida...
Perché quando Gesù entra nella vita, uno non resta
imprigionato nel suo passato, ma inizia a guardare il presente in un altro modo, con
un’altra speranza. Uno inizia a guardare se stesso, la propria realtà con occhi diversi.
Non resta ancorato in quello che è successo, ma è in grado di piangere e lì trovare
la forza di ricominciare”.
La reclusione non sia esclusione
Nelle piaghe di Cristo - spiega il Santi Padre invitando
i detenuti a parlare con i sacerdoti - trovano posto le nostre piaghe. Per essere
curate, lavate, trasformate, risuscitate. Egli è morto per voi, per me, per darci
la mano e sollevarci. Il Papa dà voce alle
istanze dei detenuti di Palmasola, dimostrando di conoscere bene le gravi carenze
della struttura: sovraffollamento; lentezza di processi, 4 detenuti su 5 sono in attesa
di giudizio; mancanza di politiche riabilitative; violenza: solo 2 anni fa nello scontro
fra bande rivali culminato in un incendio perse la vita anche un bimbo di due anni;
quindi esorta le istituzioni:
“Reclusión no es lo mismo que exclusión…
La reclusione non è lo stesso di esclusione, perché
la reclusione è parte di un processo di reinserimento nella società”.
Le divisioni sono una tentazione del diavolo
Poi fa appello alla responsabilità dei detenuti e
dice loro: la convivenza dipende da voi, non cedete alla tentazione della divisione,
delle fazioni, sono tentazioni del diavolo:
“El sufrimiento y la privación pueden volver nuestro corazón egoísta...
La sofferenza e la privazione possono rendere il nostro
cuore egoista e dar luogo a conflitti, ma abbiamo anche la capacità di trasformarle
in occasione di autentica fraternità”.
Ridare dignità, non umiliare
Infine una parola di incoraggiamento a quanti lavorano
nel centro di rieducazione di Palmasola:
“Tienen una importante tarea en este proceso de reinserción...
Avete il compito di rialzare e non di abbassare; di
dare dignità e non di umiliare; di incoraggiare e non di affliggere. Un processo che
chiede di abbandonare una logica di buoni e cattivi per passare a una logica centrata
sull’aiutare la persona. Creerà condizioni migliori per tutti. Un processo vissuto
così ci nobilita, ci rialza tutti”.
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