Folla oceanica alla Messa presieduta dal Papa nella Piazza di Cristo Redentore a Santa Cruz per l’apertura del quinto Congresso eucaristico nazionale. Le preghiere sono in spagnolo e nelle lingue indigene guaranì, quechua e aymara. “Siamo venuti da diversi luoghi, regioni, paesi – ha detto il Papa nell’omelia - per celebrare la presenza viva di Dio tra di noi. Siamo usciti da alcune ore dalle nostre case e comunità per poter stare insieme, come Popolo Santo di Dio. La croce e l’immagine della missione ci richiamano alla mente il ricordo di tutte le comunità che sono nate nel nome di Gesù in queste terre, delle quali noi siamo eredi. Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci è stata descritta una situazione abbastanza simile rispetto a quella che stiamo ora vivendo. Come quelle quattromila persone, noi siamo desiderosi di ascoltare la Parola di Gesù e di ricevere la sua vita. Loro ieri e oggi noi, insieme al Maestro, Pane di vita”.
Papa commosso quando vede le madri con i figli sulle spalle
“Mi commuovo quando vedo molte madri con i loro figli
sulle spalle. Come fanno qui molte di voi. Portano su di sé la vita, il futuro della
loro gente. Portano le ragioni della loro gioia, delle loro speranze. Portano la benedizione
della terra nei frutti. Portano il lavoro realizzato dalle loro mani. Mani che hanno
plasmato il presente e che tesseranno le aspirazioni del domani. Ma portano sulle
loro spalle anche disillusioni, tristezze e amarezze, l’ingiustizia che pare non avere
fine e le cicatrici di una giustizia che non si realizza. Portano su di sé la gioia
e il dolore della loro terra. Voi portate la memoria del vostro popolo. Perché i popoli
hanno memoria, una memoria che si trasmette di generazione in generazione, i popoli
hanno una memoria in cammino”.
La tentazione di chiudersi agli altri, specialmente ai poveri
“E non sono poche le volte in cui sperimentiamo la
stanchezza di questo cammino. Non sono poche le volte in cui mancano le forze per
mantenere viva la speranza. Quante volte viviamo situazioni che pretendono di anestetizzarci
la memoria, e così si indebolisce la speranza e si vanno perdendo le ragioni della
gioia. E comincia a prenderci una tristezza che diventa individualista, che ci fa
perdere la memoria di essere popolo amato, popolo eletto. Questa perdita ci disgrega,
fa sì che ci chiudiamo agli altri, specialmente ai più poveri”.
Non cadere nella logica dello scarto
“Ci può accadere come ai discepoli di un tempo, quando
videro quella quantità di gente che stava là. Chiesero a Gesù che li congedasse, che
li mandasse a casa, dal momento che era impossibile dar da mangiare a tutta quella
gente. Di fronte a tante situazioni di fame nel mondo possiamo dire: "Scusate, non
tornano i conti”; è impossibile affrontare queste situazioni; e allora la disperazione
finisce per prenderci il cuore. In un cuore
disperato è molto facile che prenda spazio la logica che pretende di imporsi nel mondo,
in tutto il mondo, ai nostri giorni. Una logica che cerca di trasformare tutto in
oggetto di scambio, tutto in oggetto di consumo, tutto negoziabile. Una logica che
pretende di lasciare spazio a pochi, scartando tutti quelli che non “producono”, che
non sono considerati idonei e degni perché apparentemente “i conti non tornano”. E
Gesù ancora una altra volta ci parla e ci dice: “No, non è necessario escluderli,
non è necessario che se ne vadano, date loro voi stessi da mangiare”.
Il miracolo della logica della comunione
“E’ un invito che oggi risuona con forza per noi:
“Non è necessario escludere nessuno, non è necessario che alcuno se ne vada; basta
con gli scarti, date loro voi stessi da mangiare”. Gesù continua a dircelo in questa
piazza. Sì, basta con gli scarti, date loro voi stessi da mangiare. La visione di
Gesù non accetta una logica, una visione che sempre “taglia il filo” a chi è più debole,
a chi ha più bisogno. Accettando la “scommessa”, Lui stesso ci dà l’esempio, ci indica
la strada. Un’indicazione racchiusa in tre parole: prende un po’ di pane e qualche pesce,
li benedice,
li divide e li consegna perché i discepoli lo condividano con gli altri. E questa è la strada del miracolo.
Certamente non si tratta di magia o idolatria. Gesù, per mezzo di queste tre azioni,
riesce a trasformare una logica dello scarto in una logica di comunione, in una logica
di comunità. Vorrei sottolineare brevemente ognuna di queste azioni”.
L'autentica ricchezza di una società si misura nella vita della sua gente
“Prende. Il punto
di partenza è che prende molto seriamente la vita dei suoi. Li guarda negli occhi
e in essi capisce la loro vita, i loro sentimenti. Vede in quegli sguardi quello che
palpita e quello che ha smesso di palpitare nella memoria e nel cuore del suo popolo.
Lo considera e lo valorizza. Valorizza tutto ciò che di buono possono offrire, tutto
il bene sulla cui base si può costruire. Ma non parla degli oggetti o dei beni culturali,
o delle idee, ma parla delle persone. L’autentica ricchezza di una società si misura
nella vita della sua gente, si misura nei suoi anziani capaci di trasmettere la loro
saggezza e la memoria del loro popolo ai più piccoli. Gesù non trascura la dignità
di nessuno, con la scusa che non ha nulla da dare e da condividere. Prende tutto come
viene”.
Riconoscere che la vita è sempre un dono
“Benedice. Gesù
prende su di sé, e benedice il Padre che è nei cieli. Sa che questi doni sono un dono
di Dio. Perciò non li tratta come “una cosa qualsiasi”, poiché tutta la vita, tutta
quella vita è frutto dell’amore misericordioso. Egli lo riconosce. Va oltre la semplice
apparenza e nel gesto di benedizione, nel lodare, chiede al Padre suo il dono dello
Spirito Santo. Benedire comporta questo duplice sguardo, da un lato ringraziare e
dall’altro poter trasformare. Significa riconoscere che la vita è sempre un dono,
un regalo che, posto nelle mani di Dio, acquisisce una forza che lo moltiplica. Il
nostro Padre non toglie nulla, tutto moltiplica”.
Nel con-dividere facciamo esperienza della salvezza
“Dedizione. In
Gesù non vi è un prendere che non sia una benedizione, e non esiste una benedizione
che non sia dedizione. La benedizione è sempre anche missione, ha una finalità, condividere,
il dividere insieme quello che si è ricevuto, poiché solo nella dedizione, nel con-dividere
troviamo, come persone umane, la fonte della gioia e facciamo esperienza della salvezza.
Una dedizione che desidera ricostruire la memoria di essere popolo santo, popolo invitato
a portare la gioia della salvezza. Le mani che Gesù alza per benedire il Dio del cielo
sono le stesse che distribuiscono il pane alla moltitudine che ha fame. Possiamo immaginare
come passavano di mano in mano i pani e i pesci fino a giungere a quelli più lontani.
Gesù riesce a creare una corrente tra i suoi, tutti condividevano ciò che avevano,
facendolo diventare dono per gli altri e fu così che mangiarono fino a saziarsi e
incredibilmente ne avanzò: lo raccolsero in sette ceste. Una memoria presa tra le
mani, una memoria benedetta, una memoria offerta sazia sempre un popolo”.
L'Eucaristia ci fa uscire dall'individualismo
“L’Eucaristia è il «Pane spezzato per la vita del
mondo», come dice il motto del V Congresso Eucaristico che oggi inauguriamo e che
si svolgerà a Tarija. È Sacramento di comunione, che ci fa uscire dall’individualismo
per vivere insieme la sequela e ci dà la certezza che ciò che possediamo e ciò che
siamo, se è accolto, se è benedetto e se è offerto, mediante il potere di Dio, con
il potere del suo amore, diventa pane di vita per gli altri”.
Non siamo persone isolate, entriamo nella logica dell'amore
“La Chiesa celebra l'Eucaristia, celebra la memoria
del Signore, il sacrificio del Signore, perché la Chiesa è una comunità che fa memoria.
Per questo, fedele al mandato del Signore, ripete ogni volta: «Fate questo in memoria
di me» (Lc
22,19). Attualizza, reande reale, di generazione in generazione, nei più diversi angoli
della nostra terra, il mistero del Pane di Vita. Lo rende presente e ce lo offre.
Gesù vuole che partecipiamo della sua vita e che, attraverso di noi, essa si vada
moltiplicando nella nostra società. Non siamo persone isolate, separate, ma siamo
il Popolo della memoria attualizzata e sempre offerta. Una vita che fa memoria ha
bisogno degli altri, delle relazioni, dell’incontro, di una solidarietà reale che
sia capace di entrare nella logica dell’accogliere, benedire e offrire; nella logica
dell’amore. Maria, che, come molte di voi, portò su di sé la memoria del suo popolo,
la vita di suo Figlio, e sperimentò in sé stessa la grandezza di Dio, proclamando
con giubilo che Egli “ricolma di beni gli affamati” (cfr Lc 1,53), che Lei sia oggi il nostro esempio
per affidarci alla bontà del Signore, che compie opere grandi con poche cose, mediante
l’umiltà dei suoi servi. Così sia”.
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