2015-07-08 00:50:00

Quito. Francesco a scuola e università: la terra va custodita


Il creato è un “dono da condividere”, da coltivare e soprattutto oggi “da custodire”. Con gli esponenti del mondo della scuola e dell’università ecuadoriani, il Papa è tornato sui temi della sua ultima Enciclica “Laudato si’”. Nel suo discorso alla Pontificia Università Cattolica dell’Ecuador, Francesco ha esortato docenti e studenti del Paese latinoamericano a non considerare lo studio una mera occasione di prestigio e denaro, ma una responsabilità nei confronti del mondo e della cultura che si intende lasciare alle future generazioni.
Di seguito, ampi stralci del discorso del Papa:

“Nel Vangelo abbiamo ascoltato come Gesù, il Maestro, insegnava alla folla e al piccolo gruppo dei discepoli, adeguandosi alla loro capacità di comprensione. Lo faceva con parabole, come quella del seminatore. In modo che tutti potessero capire. Gesù non cercava di ‘sdottorare’. Al contrario, vuole arrivare al cuore dell’uomo, al suo ingegno, alla sua vita, affinché questa dia frutto”.

La parabola del seminatore, osserva il Papa, “ci parla di coltivare. Ci indica i tipi di terreno, i tipi di semina, i tipi di frutto e la relazione che tra questi si crea. Già dalla Genesi, Dio sussurra all’uomo questo invito: coltivare e custodire. Non gli dà solamente la vita, gli dà la terra, il creato. Non gli dà solamente una compagna e infinite possibilità. Gli fa anche un invito, gli dà una missione. Lo invita a far parte della sua opera creatrice e gli dice: coltiva! Ti affido le sementi, la terra, l’acqua, il sole, ti do le tue mani e quelle dei tuoi fratelli. Ecco, è anche tuo. E’ un regalo, è un dono, è un’offerta. Non è qualcosa di acquistato, non è qualcosa di comprato. Ci precede e ci succederà. E’ un dono dato da Dio affinché con Lui possiamo farlo nostro”.

“Dio – osserva Francesco – non vuole un creato per sé, per guardare sé stesso. Tutto al contrario. Il creato è un dono che dev’essere condiviso. E’ lo spazio che Dio ci dà per costruire con noi, per costruire un ‘noi’. Il mondo, la storia, il tempo, è il luogo dove andiamo a costruire il noi con Dio, il noi con gli altri, il noi con la terra. La nostra vita nasconde sempre questo invito, un invito più o meno consapevole, che permane sempre”.

Tuttavia, nota il Papa, nel racconto della Genesi, “insieme alla parola ‘coltivare’, immediatamente ne dice un’altra: ‘custodire’, avere cura. Una si comprende a partire dall’altra. Una mano va verso l’altra. Non coltiva chi non ha cura e non ha cura chi non coltiva. Non solo siamo invitati ad essere parte dell’opera creatrice coltivandola, facendola crescere, sviluppandola, ma siamo anche invitati ad averne cura, a proteggerla, custodirla. Oggi questo invito si impone a noi con forza. Non come una semplice raccomandazione, ma come un’esigenza che nasce – afferma citando la ‘Laudato si’’ – ‘per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla… per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, che ci sono oggi nel mondo, c’è la nostra oppressa e devastata terra’”.

Fra la nostra vita e quella della nostra madre terra “esiste una relazione”, asserisce Francesco. ‘L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale’”, riflette il Papa rifacendosi ancora alla sua ultima Enciclica. “Però – soggiunge – così come diciamo ‘si degradano’, allo stesso modo possiamo dire ‘si sostengono e si possono trasfigurare’. E’ una relazione che custodisce una possibilità, tanto di apertura, di trasformazione, di vita, quanto di distruzione e di morte”.

Francesco ribadisce che “non possiamo continuare a girare le spalle alla nostra realtà, ai nostri fratelli, alla nostra madre terra. Non ci è consentito ignorare quello che sta succedendo attorno a noi come se determinate situazioni non esistessero o non avessero nulla a che vedere con la nostra realtà”. E cita la domanda di Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?”. E io mi chiedo, dice il Papa, “se la nostra risposta continuerà ad essere: ‘Sono forse io il custode di mio fratello?’”.

E rivolgendosi agli educatori, Francesco chiede e si chiede: “Vegliate sui vostri studenti aiutandoli a sviluppare uno spirito critico, uno spirito libero, in grado di prendersi cura del mondo d’oggi? Uno spirito che sia in grado di trovare nuove risposte alle molte sfide che la società ci presenta?” E “come generiamo e accompagniamo il dibattito costruttivo, che nasce dal dialogo in vista di un mondo più umano? C’è una riflessione che ci coinvolge tutti: le famiglie, le scuole, i docenti: come possiamo aiutare i nostri giovani a non identificare il diploma universitario come un sinonimo di status più elevato, sinonimo di soldi o di prestigio sociale? Non sono sinonimi. Come li aiutiamo a identificare questa preparazione come un segno di maggiore responsabilità per i problemi di oggi, rispetto alla cura dei più poveri, rispetto alla salvaguardia dell’ambiente?”.

Poi, il Papa si rivolge ai giovani: sapete, dice loro, “che questo tempo di studio che avete, non è solo un diritto, ma anche un privilegio? Quanti amici, conoscenti o sconosciuti, vorrebbero un posto in questo luogo e per diverse circostanze non lo hanno avuto? In quale misura il nostro studio ci aiuta a solidarizzare con loro?”

Le comunità educative – riflette – “hanno un ruolo vitale, essenziale nella costruzione della cittadinanza e della cultura. Non basta fare le analisi, la descrizione della realtà; è necessario dar vita ad ambiti, a luoghi di ricerca vera e propria, a dibattiti che generino alternative ai problemi esistenti, specialmente oggi. È necessario andare sul concreto”.

Stigmatizzando poi la “globalizzazione del paradigma tecnocratico che tende a credere ‘che ogni acquisto di potenza sia semplicemente progresso, accrescimento di sicurezza, di utilità, di benessere, di forza vitale, di pienezza di valori, come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia’, ci viene chiesto oggi a voi, a me, a tutti – osserva Francesco – che con urgenza ci si affretti a pensare, a cercare, a discutere sulla nostra situazione attuale (…) su quale tipo di cultura vogliamo o pretendiamo non solo per noi ma per i nostri figli, per i nostri nipoti. Questa terra l’abbiamo ricevuta come eredità, come un dono, come un regalo. Faremmo bene a chiederci: come la vogliamo lasciare? Quali indicazioni vogliamo imprimere all'esistenza? ‘A che scopo passiamo da questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo?’. Per scopo studiamo?”.

Ci viene chiesto, conclude il Papa, “di fare un ulteriore passo avanti: ci incoraggiano a guardare la realtà in modo organico e non frammentario; a porci domande che includono tutti noi, dal momento che tutti ‘sono relazionati tra loro’. Non c’è il diritto all’esclusione”. “Possa lo Spirito Santo ispirarci e accompagnarci, perché Egli ci ha chiamato, ci ha invitato, ci ha dato l’opportunità e, al tempo stesso, la responsabilità di dare il  meglio di noi. Ci dia la forza e la luce di cui abbiamo bisogno. È lo stesso Spirito che il primo giorno della creazione aleggiava sulle acque cercando di trasformare, cercando di dare la vita. È lo stesso Spirito che ha dato ai discepoli la forza della Pentecoste. È lo stesso Spirito che non ci abbandona e diventa un tutt’uno con noi per trovare nuovi modi di vita. Che sia Lui il nostro compagno di viaggio e il nostro maestro”.








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