2015-07-04 13:59:00

Grecia: crisi di liquidità agita la vigilia del referendum


Occhi di tutta Europa puntati sulla Grecia dove, domani mattina, apriranno le urne per il referendum sul piano proposto dai creditori internazionali. I sondaggi mostrano un Paese spaccato a metà, con un testa a testa tra i "sì" e i "no". E in questo sabato pre-elettorale dominano gli spettri della mancanza di liquidità, come confermato dalle banche elleniche, e del prelievo forzoso sui conti correnti, ipotesi però smentita dal ministro delle finanze, Varoufakis. Il servizio di Marco Guerra:

A poche ore dalla apertura dei seggi, i greci fanno i conti con ulteriori due preoccupazioni che possono influire sul voto: l’allarme sulla mancanza di liquidità lanciato dalla banche elleniche e le indiscrezioni rilanciate dal Financial Time riguardo a un possibile prelievo forzoso per i depositi sopra gli ottomila euro. Sul primo punto è intervenuta anche Louka Katseli, presidente dell'Unione delle Banche greche, che ha ammesso che dopo lunedì “ci sarà un problema serio di finanziamento" per gli istituiti di credito se non verrà attivato l'Emergency Liquidity Assistance della Banca centrale europea (Bce). Per quanto riguarda il prelievo sui conti correnti si registra, invece, la secca smentita del ministro delle finanze, Varoufakis, che ha definito i creditori terroristi. “Oggi quello che vogliono Bruxelles e la troika - ha detto il membro del governo ellenico - è che il 'sì' vinca per poter così umiliare i greci”. Intanto, secondo i sondaggi il Paese resta diviso a metà, ieri le piazze a sostegno del "sì" e del "no" erano entrambe gremite. Il premier Tsipras chiede di bocciare il piano dei creditori per ottenere taglio del 30% debito e un periodo di moratoria per il pagamento degli interessi. Dall’Europa, però, arrivano risposte di segno opposto. Il presidente della Commissione Ue, Juncker, ha detto che “anche nel caso” in cui il risultato del referendum greco “sarà sì, il negoziato sarà difficile”. Domani, le urne saranno aperte dalle 7 alle 19 ora locale. I primi "exit poll" sono attesi alla chiusura dei seggi.

Per comprendere con quale spirito la Grecia vive questa vigilia sentiamo l’inviato del Corriere della Sera, Antonio Ferrari:

R. – E’ tutto estremamente confuso. C’è chi dice che sia un "derby" tra l’euro e la dracma. Secondo me, è improprio questo, perché i greci non vogliono uscire dall’euro. Il problema è che se non accettano le condizioni e non trattano su queste condizioni, rischiano di non ricevere più quel sollievo economico che servirebbe anche a mettere le basi per ristrutturare il debito. Io dico, può darsi che sia un derby, come dice qualcuno, tra la rabbia e la disperazione di una parte – quelli che votano "no" e quindi che sostengono il governo di Syriza – e quelli che hanno paura – e sarebbero quelli dei "sì", cioè dei "sì" agli accordi che stavano per essere firmati. Non c’è stato tempo per ragionare. I greci non hanno potuto ragionare. Questo referendum è arrivato come un fulmine a ciel sereno. E quelli che vanno a fare gli scrutatori nei seggi per il "no", sono gente di Syriza, di Alba Dorata e dell’altro partito di estrema destra, Greci Indipendenti di Kammenos. Ma come si può tenere assieme tutto questo?

D. – Campagna elettorale molto breve, come ha detto lei, non c’è stato il tempo di ragionare. Quindi, sarà un voto di "pancia" e di cuore?

R. – Sarà un voto di pancia, di cuore, di confusione voluta nella testa della gente. Come si fa oggi a spiegare alla gente, ai greci: “Sai, abbiamo assunto 250 nuove persone nei metro e in più abbiamo assunto più di 2.300 bidelli, alla vigilia di questo voto”, questo per cercare di guadagnare consensi. E’ vero che dall’altra parte c’è qualche imprenditore che ha detto chiaramente che l’azienda resterà e andrà avanti soltanto se vincerà il "sì", e questo è un motivo di ricatto anche nei confronti dei suoi dipendenti, ma tutto questo rivela una approssimazione che un tema del genere non doveva meritare. Quindi, tutto quello che sta accadendo dà un po’ l’idea di un grande pasticcio. Speriamo che il grande pasticcio non preluda a scontri e a violenze.

D. – Ci sono anche minacce incrociate, ci sono dei moniti e delle ombre che pesano su questo voto, fra le quali la mancanza di liquidità nelle banche dal prossimo lunedì e un prelievo forzoso che, comunque, è stato smentito…

R. – E’ stata fatta una politica folle negli ultimi cinque mesi. Dal voto di gennaio a oggi, non si è impedito o, comunque, non si è limitata la fuga dei capitali. I grandi ricchi avevano magari esportato i loro capitali all’estero. La gente, però, sistematicamente, è andata a ritirare mille euro per volta dai propri conti, nascondendoli o nelle cassette di sicurezza delle banche oppure sotto il materasso di casa, senza alcun limite. Questo ha portato alla situazione di oggi. E’ chiaro, però, che se adesso si dice che da lunedì non ci sarà più liquidità, anche questa è una forte pressione. Tutti hanno fatto forte pressione, a cominciare da Junker, che l’altro giorno ha detto una cosa che non doveva dire, e cioè “votate sì’”. Questo è un intervento a gamba tesa sulla decisione sovrana di un popolo ed è profondamente sbagliato. Ecco perché il greco oggi è schizofrenico e confuso. Lo spirito è di un Paese schizofrenico. E quando sei schizofrenico, stressato, non stai benissimo e hai questa rabbia che monta da una parte e dall’altra, hai rabbia con l’altro che non ha capito, si crea una miscela esplosiva a livello sociale.

D. – In caso di vittoria dei "sì", però, Tsipras sarebbe fortemente indebolito e invece in caso di vittoria dei "no" andrebbe a trattare con le spalle coperte dal popolo greco…

R. – Ci sono già uomini della sua maggioranza che potrebbero cominciare a dire che non sono d’accordo con questa situazione. Pensiamo alle banche senza liquidità, pensiamo ai pensionati che hanno preso 120 euro alla settimana e che magari adesso si troveranno a non poterne prendere più di 60, prendiamo il cittadino che poteva prendere 60 euro al massimo e adesso potrebbe prenderne soltanto 20... Sono queste cose che avranno un peso e una ricaduta di tensione sociale enorme. Se la battaglia di Tsipras fosse quella di cercare di rendere l’Europa più solidale, la battaglia sarebbe largamente condivisibile. Il problema è che dopo aver detto anche troppe bugie – non solo da parte dell’Europa, ma anche della Grecia – non so cosa potrà succedere se vince il "no". Certo, se vince il "sì" le autorità europee avranno maggior gioco per poter compiere quel passo, magari sapendo che a trattare con loro non andranno più Tsipras e Varoufakis, ma andrà magari il capo di un governo tecnico.








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