2015-07-03 14:30:00

Rapporto ong su lavoro minorile in Siria e Paesi limitrofi


È una situazione decisamente drammatica quella che Unicef e Save the Children denunciano nel loro Rapporto, appena pubblicato, in materia di diffusione del lavoro minorile in Siria e nei Paesi limitrofi, comunque colpiti dalla crisi siriana, dove i minori stanno diventando i principali attori economici. Ciò è ancora più grave, come spiega il direttore regionale per Save the Children in Medio Oriente ed Eurasia, Roger Hearn, a causa delle condizioni in cui spesso sono costretti a lavorare, oltre al fatto che spesso per sostentarsi devono abbandonare la scuola, con il rischio evidente di “perdere una generazione” di siriani. A ciò, ovviamente, vanno aggiunti i dati drammatici dello sfruttamento sessuale e nelle attività illecite, come l’accattonaggio organizzato e il traffico di bambini.

Il pericolo della "Lost generation"
Secondo i dati raccolti, in Iraq, ad esempio, i tre quarti dei bambini rifugiati siriani lavorano e nel Kurdistan uno su tre è avvicinato dai reclutatori dei bambini soldato. In Libano addirittura lavorano bambini di sei anni e tra quelli che vivono in strada ci sono molte bambine. Ancora: in Giordania molti bambini rifugiati dalla Siria lavorano nel campo profughi di Za’tari, mentre in Turchia a lavorare sono anche bambine di otto anni. Unicef e Save the Children hanno a questo proposito avviato l’iniziativa “No lost generation”, che si prefigge di migliorare l’accesso ai mezzi di sussistenza, di garantire un’istruzione sicura e di qualità ai bambini e di investire per rafforzare i sistemi e i servizi di protezione dell’infanzia a livello nazionale e comunitario. (R.B.)   








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