2015-07-01 14:11:00

Terrorismo. 10 arresti tra Italia e Albania: pronti a partire in Siria


Terrorismo, dieci arresti in Italia tra Milano, Grosseto e Bergamo: sono 4 italiani, un canadese e 5 albanesi, accusati a vario titolo di associazione e organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo. In un'operazione distinta, a Roma, i carabinieri del Ros hanno arrestato due maghrebini con l'accusa di terrorismo internazionale. Un terzo indagato è già in carcere in Marocco per reati di terrorismo. Sul fenomeno dei combattenti stranieri Alessandro Filippelli ha intervistato Arduino Paniccia, direttore della Scuola di competizione economica internazionale di Venezia:

R. -  Il fenomeno dei Foreign Fighters continuerà nei prossimi anni, soprattutto perché scarsa è la capacità e la voglia da parte dell’Occidente, e da parte delle sue organizzazioni di difesa come la Nato, di combattere veramente l’Is. Inoltre, considerata la massa ormai in Europa di immigrati di terza o seconda generazione, è inevitabile che anche una piccolissima quota di questi sia attratta dalla propaganda dell’Is e dall’idea del Califfato. Di conseguenza, penso che gli arruolamenti continueranno; l’antidoto è l’intelligence, e anche il coordinamento a livello dei Paesi europei – soprattutto di quelli più esposti – che, mi pare, sia ancora abbastanza scarso.

D. – Il fenomeno dei combattenti stranieri coinvolge anche l'Italia: è possibile contrastarlo? E come?

R. – L'Italia è uno dei meno coinvolti. Io partirei dall’epicentro, da cui arrivano questi mercenari, che è sicuramente il Nord Africa - credo che il vero centro direzionale delle operazioni nel Mediterraneo sia oggi la Libia. L’Europa non sembra fino a questo momento aver raccolto queste informazioni; questa notizia fa malissimo, ma in realtà il numero dei combattenti che proviene da quell’area, e dalle aree contigue, è in questo momento il numero più alto.

D. – Quali misure è possibile adottare per fare prevenzione di fronte alla minaccia terroristica?

R. – Un tempo avremmo risposto che si poteva far fronte alla minaccia molto di più con la forza e con le operazioni militari. Le operazioni militari, invece, sono una delle possibilità e non certamente la prima. Intanto, dobbiamo vedere anche gli aspetti psicologici di quella che un tempo veniva chiamata la propaganda di tutta l’attività in rete. A mio parere la comunicazione strategica è un elemento assolutamente trascurato oggi, pur essendo invece essenziale. Naturalmente è un elemento difficile, ma noi - tutti i media e l’opinione - stiamo supportando, quasi come fossero una novità, degli eroi, questi personaggi del sedicente Stato Islamico, e non combattiamo invece nessuna battaglia a livello di comunicazione strategica per cercare intanto di intervenire. La stiamo combattendo poco anche in rete, e invece si deve fare molto di più. Quindi c’è molto su cui intervenire.

D. – Come si può interpretare il fatto che i miliziani dell’Is siano rientrati a Talabiad, la cittadina al confine tra Siria e Turchia, di alto valore strategico, che avevano perso tre settimane fa?

R. -  Io imputo molti di questi avanzamenti all’intervento o meno delle potenze confinanti - facenti parte quasi tutte del mondo musulmano - che stanno sostenendo a corrente alternata l’Is a seconda anche delle loro vicende interne. Questo mi pare chiarissimo.

D. – C’è una notizia presente su internet: un video con un’esplicita minaccia dell’Is ad Hamas. Perché, secondo lei, lo Stato Islamico accusa Hamas di non essere aderenti alla Legge Islamica?

R. – Nella lista è entrato naturalmente anche Hamas, per il semplice motivo che ha sempre tenuto un atteggiamento obliquo, soprattutto dal punto di vista dei finanziamenti: pur essendoci moltissimi sunniti, i suoi esponenti hanno dei legami alternati con gli sciiti iraniani, con le forniture di armi e con i finanziamenti. E quindi sono diventati anch’essi per il momento dei “nemici”. E questo succede – ripeto – a moltissime aree, tribù ed etnie, che in questo momento, non così sotto la luce del riflettore, si stanno organizzando, compresi anche i loro mercenari - i loro Foreign Fighters - contro lo Stato Islamico.








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