Si è svolto al Cesi di Roma, il Centro Studi Internazionali, un incontro con Mustafa Dzhemiliev, rappresentante dei tatari di Crimea. Un popolo che nella storia ha subito molte privazioni e che oggi denuncia nuovi soprusi. Mustafa Dzhemiliev è il punto di riferimento dei tatari di Crimea sin dagli anni ’80, quando fu eletto capo del neonato Movimento Nazionale fondato dal suo popolo. A Roma per un incontro organizzato dal Cesi, Dzhemiliev ha voluto ricordare la difficile storia dei tatari. Una minoranza etnica presa di mira da Stalin durante la seconda guerra mondiale: con l’accusa di collaborazione con i nazisti, i tatari furono deportati in massa in alcune regioni dell’Asia centrale dove molti morirono a causa di carestie e malattie. I sopravvissuti invece sono potuti rimpatriare soltanto dopo la caduta del muro di Berlino.
I tatari denunciano lo stato di paura
I tatari oggi sono un popolo autoctono: dal 1998 hanno un proprio organo esecutivo,
il Mejlis, di cui Mustafa Dzhemiliev è presidente. È lui a denunciare lo stato di
paura in cui i tatari vivono da un anno. Il suo popolo si oppose al referendum del
2014 con cui la Crimea è stata annessa alla Federazione russa e ne subisce le conseguenze.
A detta di Dzhemiliev, non si parla solo di censure o limitazioni dei diritti umani,
ma anche di persone scomparse da un giorno all’altro senza lasciare traccia. Ecco
perché, secondo lui, è importante che l’Europa e gli Stati Uniti non si tirino indietro
proprio ora, ma aiutino i tatari, aumentando le sanzioni già imposte a Putin. (A
cura di Corinna Spirito)
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