2015-06-21 11:17:00

Dio rinnova gli uomini: la Messa del Papa a Torino dopo la preghiera davanti alla Sindone


Alcuni densi minuti di silenzio e di preghiera con lo sguardo rivolto alla Sindone. E’ questa una delle emozionanti immagini del primo giorno di visita pastorale di Papa Francesco a Torino. Il Papa ha toccato con delicatezza e tenerezza la teca che contiene il sacro telo prima di pregare davanti alla tomba del beato Pier Giorgio Frassati. Poi il centro storico di Torino, gremito di fedeli e pellegrini,  è diventato una grande basilica a cielo aperto per la Messa presieduta dal Santo Padre in piazza Vittorio. Una folla silenziosa e orante di circa 100.000 persone ha partecipato alla celebrazione eucaristica. L’amore di Dio verso di noi – ha detto il Santo Padre - è fedele, ricrea tutto. E’ un “amore stabile e sicuro”. Il servizio del nostro inviato Amedeo Lomonaco:

L’amore più grande, quello di Dio per gli uomini, è stato al centro dell’omelia pronunciata da Papa Francesco nel cuore di Torino, con sullo sfondo l’imponente profilo della Mole antonelliana. Il Papa - che prima della Messa ha pregato in Duomo dove ha guardato e si è lasciato guardare dalla Sindone – ha detto che “Gesù ci ama sempre, sino alla fine, senza limiti e senza misura”. Il suo amore – ha aggiunto - è fedele:

“E’ un amore che non delude, non viene mai meno. Gesù incarna questo amore, ne è il Testimone. Lui non si stanca mai di volerci bene, di sopportarci, di perdonarci, e così ci accompagna nel cammino della vita”.

Gesù – ha aggiunto il Pontefice – “ci ama tutti”, non si arrende nemmeno davanti alla nostra infedeltà:

“Gesù rimane fedele, anche quando abbiamo sbagliato, e ci aspetta per perdonarci: Lui è il volto del Padre misericordioso. Ecco l’amore fedele”.

L’amore di Dio è fedele e ricrea tutto, “fa nuove tutte le cose”. Ma per aprirsi al suo amore rigenerante, l’uomo deve riconoscere i propri limiti:

“Riconoscere i propri limiti, le proprie debolezze, è la porta che apre al perdono di Gesù, al suo amore che può rinnovarci nel profondo, che può ricrearci. La salvezza può entrare nel cuore quando noi ci apriamo alla verità e riconosciamo i nostri sbagli, i nostri peccati; allora facciamo esperienza, quella bella esperienza di Colui che è venuto non per i sani, ma per i malati, non per i giusti, ma per peccatori”.

“Sperimentiamo la sua pazienza, la sua tenerezza, la sua volontà di salvare tutti”. Ma quale è il segno – ha chiesto il Papa – che ci fa comprendere di essere uomini nuovi?

“Il segno che siamo diventati “nuovi” e siamo stati trasformati dall’amore di Dio è il sapersi spogliare delle vesti logore e vecchie dei rancori e delle inimicizie per indossare la tunica pulita della mansuetudine, della benevolenza, del servizio agli altri, della pace del cuore, propria dei figli di Dio. Lo spirito del mondo è sempre alla ricerca di novità, ma soltanto la fedeltà di Gesù è capace della vera novità, di farci uomini nuovi”.

L’amore di Dio è fedele, ricrea tutto ed è stabile e sicuro, come gli scogli che riparano dalla violenza delle onde. Dio – ha detto Francesco - è sempre accanto all’uomo, soprattutto nei momenti difficili:

“Di fronte all’uomo che grida: ‘Non ce la faccio più’, il Signore gli va incontro, offre la roccia del suo amore, a cui ognuno può aggrapparsi sicuro di non cadere. Quante volte noi sentiamo di non farcela più! Ma Lui è accanto a noi con la mano tesa e il cuore aperto”.

Citando poi le parole del poeta Nino Costa, il Papa - con voce commossa - ha ricordato come il popolo piemontese abbia radici solide:

“Gente che non risparmia tempo e sudore
– razza nostrana libera e testarda –.
Tutto il mondo conosce chi sono
e, quando passano… tutto il mondo li guarda”.

Chiedendo se oggi siamo saldi su questa roccia, che è l’amore di Dio, il Pontefice ha poi affermato che c’è sempre il rischio di dimenticare l’amore grande mostrato dal Signore. Anche noi cristiani – ha spiegato – “corriamo il rischio di lasciarci paralizzare dalle paure del futuro” cercando “sicurezze in cose che passano, o in un modello di società che tende ad escludere più che a includere”:

“In questa terra sono cresciuti tanti Santi e Beati che hanno accolto l’amore di Dio e lo hanno diffuso nel mondo, santi liberi e testardi. Sulle orme di questi testimoni, anche noi possiamo vivere la gioia del Vangelo praticando la misericordia; possiamo condividere le difficoltà di tanta gente, delle famiglie, specialmente quelle più fragili e segnate dalla crisi economica”.

Le famiglie - ha osservato il Papa  - hanno bisogno di sentire la carezza materna della Chiesa per andare avanti “nella vita coniugale, nell’educazione dei figli, nella cura degli anziani e nella trasmissione della fede”. Al termine della celebrazione in piazza Vittorio, il Santo Padre all’Angelus ha detto che la Sindone è l’icona dell’amore di Dio per gli uomini:

“La Sindone attira verso il volto e il corpo martoriato di Gesù e, nello stesso tempo, spinge verso il volto di ogni persona sofferente e ingiustamente perseguitata. Ci spinge nella stessa direzione del dono di amore di Gesù”.

Il Papa ha poi affidato alla Vergine Santa le famiglie, i giovani, gli anziani, i carcerati e tutti i sofferenti rivolgendo un pensiero speciale per i malati di leucemia nella Giornata nazionale contro leucemie, linfomi e mieloma. Maria Consolata – ha detto infine il Pontefice – renda salda la fede per essere “sale e luce” in questa terra benedetta. “Una terra di cui sono nipote”, ha concluso il Papa ricordando le proprie origini piemontesi.

Tanti i volontari che hanno prestato servizio nei vari appuntamenti del Papa a Torino. Una testimonianza di una volontaria al microfono di Fabio Colagrande

R. – Mi è sembrato veramente importante dire grazie al Signore, per questa splendida occasione di avere ancora una volta in visione il “lenzuolo”. C’è un forte richiamo a Cristo. Mi è sembrato, quindi, giusto restituire questa riconoscenza e sono molto contenta di averlo fatto, perché ho incontrato delle persone splendide, che offrivano magari la loro gioia o la loro sofferenza per un bene più grande.

D. – Che significato ha per lei, come torinese, questa giornata?

R. – E’ una giornata molto importante. E’ un Papa nella sua terra d’origine e non solo, nella terra dei Santi, nel bicentenario di Don Bosco. E poi, ancora, perché siamo legati al Santo Sudario per tutto quello che nella storia ha rappresentato e per il modo con cui si è conservato, nonostante le varie difficoltà nei secoli, ed è approdato ancora qui a Torino.

Tra le persone partecipanti, entusiasmo per il messaggio di Papa Francesco:

R. – Vogliamo speranza da Francesco. Lui ci ha sempre detto di sperare, di non perdere mai la speranza e noi gli chiediamo di aiutarci in questo cammino verso la speranza.

R. – Sicuramente ritrovare la speranza nel futuro, grazie a Francesco, direi sia importante.

D. – In Piazza, ad accogliere il Papa c’è solo la Torino ecclesiale e la Torino dei credenti?

R. – No, secondo me no, perché è un Papa che sa parlare a tutti .

D. – Torino ha bisogno di speranza in questo momento?

R. – Assolutamente sì. Tutta l’umanità credo, non solo l’Italia, non solo Torino, tutta l’umanità.

D. – Quale dei momenti di questa giornata così intensa la colpisce di più?

R. – Penso un po’ tutti: le persone che sono qui; tutti quanti. Credo non ci sia un momento della giornata senza intensità: da questa mattina presto.








All the contents on this site are copyrighted ©.