2015-06-20 14:30:00

Sud Sudan: a rischio fame oltre 4 milioni di persone


Nel Sud Sudan la pace è ancora lontana e la fame un rischio reale per milioni di persone. Particolarmente difficile la situazione negli Stati di Upper Nile e Unity dove i combattimenti tra i sostenitori del Presidente Salva Kiir e quelli del suo ex vice Riek Machar, sono ripresi da settimane con il conseguente abbandono del lavoro dei campi. Secondo l’ONU circa 4 milioni e 600 mila persone hanno urgente bisogno di aiuti alimentari, mentre molte organizzazioni umanitarie hanno lasciato il Paese per mancanza di sicurezza. Inoltre l'Unicef ha denunciato che migliaia di bambini sono stati sottoposti a torture, castrazioni e stupri, prima di essere sgozzati dalle milizie che si combattono in una guerra civile che va avanti da un anno e mezzo. Sulla drammatica situazione nel Paese africano, Adriana Masotti ha raggiunto telefonicamente in Sud Sudan il missionario comboniano padre Daniele Moschetti:

R. – In effetti è vero: 4 milioni e 600 mila è un picco massimo che non si è mai verificato nemmeno nei 20 anni di guerra dal 1983 al 2005. E’ logico che queste persone, questi 4 milioni sono a rischio di fame e di malattie e di tutto il resto perché portano le conseguenze di non aver potuto coltivare le loro terre, di avere almeno una sussistenza da quella che avrebbe potuto essere l’agricoltura. Quindi, se le organizzazioni umanitarie fanno fatica ad arrivare non solo nelle zone dove c’è la guerra, ma anche in altre zone perché non c’è sicurezza, praticamente questa gente rischia di morire. In questo momento, i fondi vengono investiti soprattutto nelle armi, nell’esercito. Ora poi c’è la stagione delle piogge, che è già iniziata a maggio e durerà fino a novembre, dunque quelle zone diventano molto paludose e quindi è difficile muovere i mezzi; e questo aumenta ancora di più il rischio malattie, della malaria e di tante altre malattie.

D. – Anche le organizzazioni umanitarie sono dovute andare via a causa della guerra; recentemente è stato espulso il coordinatore dell’Onu per l’assistenza umanitaria …

R. – Sì: Toby Lanzer è stato mandato via due settimane fa dal governo direttamente con la motivazione che si era espresso contro la situazione che il governo stava portando avanti. Quì se si dice la verità si rischia di essere mandati via. Così non si può lavorare bene, la situazione del Sud Sudan di oggi è difficilissima, con questa pressione governativa che mette paura, con sempre il sospetto che le Nazioni Unite sostengano una parte piuttosto che un’altra …

D. – Il 9 luglio dovrebbe entrare in carica un governo di unità nazionale. E’ realistica questa data?

R. – No … No, no. Questo avrebbe dovuto essere, ma è difficile; secondo me, l'idea è rimasta sulla carta perché siamo lontanissimi da questa ipotesi di un governo di unità. Qui c’è tanto bisogno di dialogo tra le due parti e di arrivare a mettere davanti a tutti il bene della gente.

D. – Anche i colloqui di pace non riescono ad andare avanti …

R. – Sì. Purtroppo, mentre andavano avanti ormai da un anno e mezzo, sono collassati nel marzo scorso dopo avere speso milioni – più di 20 milioni di dollari – solamente per il dialogo … Adesso si stanno tentando altre vie, però la comunità internazionale sembra essersi accorta che forse è bene che il dialogo più importante lo facciano le Chiese, la Chiesa cattolica con le Chiese. Perché le Chiese sono molto capillari in giro per il Sud Sudan, cosa che non è il governo. Quindi, se si vuole puntare alla realtà delle comunità di base, bisogna cercare di coinvolgere le Chiese come è stato fatto nel periodo del referendum per la secessione e anche delle elezioni del 2010. Oggi la comunità internazionale, vedendo che non c’è dialogo a livello politico e militare con questi due gruppi, sta tentando questa carta delle Chiese per riuscire a mettere in piedi un programma e un cammino di presa di coscienza, e soprattutto per arrivare a una pace che parte dalla gente e non solo dai politici e dai militari.








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