2015-06-19 13:55:00

Migranti: veglia ecumenica per vittime nel Mediterraneo


“La risposta internazionale alla crisi migratoria è inadeguata ed è affrontata come un problema di sicurezza e non come una crisi umanitaria”. Così il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, nell’omelia della veglia di preghiera ecumenica che si è tenuta ieri nella Basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, in memoria dei migranti vittime dei viaggi verso l’Europa, dal titolo "Morire di speranza". La veglia è stata organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio con la Federazione delle Chiese Evangeliche, Caritas, Migrantes, centro Astalli, Acli e Associazione Comunità Giovanni XXIII. Il servizio di Elvira Ragosta:

Una croce realizzata con i legni di barconi affondati nel Mediterraneo a guidare la preghiera e tantissime candele accese in memoria degli oltre 25 mila morti nei viaggi della speranza dal 1990 a oggi. Fiammelle illuminate allo scandire dei nomi di uomini, donne e bambini scappati dalla guerra e dalla povertà. Migranti la cui speranza di futuro si è infranta nel Canale di Sicilia, o sulle rotte stradali europee. Nell’omelia il card. Antonio Maria Vegliò parla anche di chi in Europa è riuscito ad arrivare “Non possiamo permettere che ricevano indifferenza- dice- perché ogni persona è immagine di Dio e ha diritto di vivere”. E poi ai nostri microfoni aggiunge:

R. – È veramente molto bella questa cerimonia; vorrei fosse un richiamo a questa nostra Europa vecchia, stanca, che ha perso la bellezza che aveva. L’Europa è il continente dei diritti umani, dell’accoglienza; quanta gente si è salvata in Europa … Era il continente della fraternità! Lo sarà ancora? Non lo so, me lo domando. È commovente pensare a tanta gente che per cercare di vivere meglio, affronta situazioni che noi in condizioni normali definiremmo assurde. I morti degli ultimi dieci anni che sono più di ventimila. Questo è uno scandalo! Una società così opulenta come quella nostra, dell’Europa, per quanto ci sia povertà difficoltà economica, non può essere comparata alla situazione di questi poveri disperati! Noi viviamo veramente in una società opulenta, dove non ci manca nulla, dove siamo nati fortunatamente in un Pese cristiano, bello. Abbiamo avuto tutto e con quale merito? E loro che merito hanno di vivere in una situazione così drammatica che li obbliga o per cercare un lavoro migliore, questo per i migranti… Ma soprattutto penso ai profughi che sono aumentati in maniera esponenziale in questi ultimi anni per le tante guerre che ci sono nel mondo.

Una veglia che, accanto ai fedeli romani, ha unito profughi cristiani, musulmani e di ogni credo in una preghiera terminata con lo scambio di un abbraccio di pace. A pregare per i suoi compagni di viaggio che hanno perso la vita nel Mediterraneo, Alù, giovane maliano:

R. - Sono in Italia da 11 mesi. Il viaggio per arrivare qui è stato molto difficile. Abbiamo preso una barca dalla Libia. Eravamo 120 persone su una piccola barca. Sono felice perché mi sono salvato, ma alcuni amici sono morti nella nostra barca. Per questo io sono venuto qui, per pregare insieme ai miei amici cristiani. Sono musulmano ma per me non esiste differenza.

E sull’importanza della veglia ecumenica il commento di padre Camillo Ripamonti, presidente del centro Astalli:

R. - E' un momento sempre molto toccante, perché ricorda come tante persone che cercavano una nuova vita, un nuovo inizio, hanno trovato invece la morte in questo Mar Mediterraneo che continua ad essere invece che una via di collegamento, “un cimitero”, come lo ha definito il Papa a Strasburgo.  

Prima dell’inizio della preghiera, la Comunità di Sant’Egidio ha presentato ai giornalisti una serie di proposte per una nuova politica migratoria che, superando Dublino, porti alla concessione di visti. Daniela Pompei, responsabile del tema migranti per la Comunità di Sant’Egidio:

R. - La Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia si sono messe insieme per provare a fare una sperimentazione: andare in un altro Paese di transito, valutare le persone, preparare i dossier e chiedere ad alcuni Stati europei di far entrare regolarmente queste persone per evitare che prendano i barconi o saltino Melilla. I due Paesi sui quali abbiamo focalizzato la nostra attenzione sono il Marocco e il Libano per i siriani.

Accanto a questa proposta, anche la possibilità di sponsorizzazioni individuali, private o di associazioni e sindacati, già sperimentate in Canada e Germania, che permettano, ad esempio ad una diocesi o a una famiglia, di ospitare una famiglia di profughi provenienti da un Paese in guerra.








All the contents on this site are copyrighted ©.