L’ecologia integrale diventi un nuovo paradigma di giustizia, perché la natura non è una “mera cornice” della vita umana: questo il cuore della seconda Enciclica di Papa Francesco, “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, pubblicata oggi. Il documento prende il titolo dall’invocazione di San Francesco d’Assisi nel “Cantico delle creature”. Suddivisa in sei capitoli, l’Enciclica raccoglie, in un’ottica di collegialità, anche diverse riflessioni delle Conferenze episcopali del mondo e si conclude con due preghiere, una interreligiosa ed una cristiana, per la salvaguardia del Creato. Il servizio di Isabella Piro:
“Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra”: Francesco di Roma si pone sulla scia di Francesco d’Assisi per spiegare l’importanza di un’ecologia integrale che diventi un nuovo paradigma di giustizia, in cui la preoccupazione per la natura, l’equità verso i poveri, l’impegno nella società, ma anche la gioia e la pace interiore risultano inseparabili. Nei sei capitoli dell’Enciclica, il Papa evidenzia che la nostra terra, maltrattata e saccheggiata, richiede una “conversione ecologica”, un “cambiamento di rotta” affinché l’uomo si assuma la responsabilità di un impegno per “la cura della casa comune”. Impegno che include anche lo sradicamento della miseria, l’attenzione per i poveri, l’accesso equo, per tutti, alle risorse del Pianeta.
1° capitolo: no alla cultura dello scarto. Tutelare
diritto all’acqua
Il Papa mette in guardia dalle gravi conseguenze dell’inquinamento
e da quella “cultura dello scarto” che sembra trasformare la terra, “nostra casa,
in un immenso deposito di immondizia”. Dinamiche che si possono contrastare adottando
modelli produttivi diversi, basati sul riutilizzo, il riciclo, l’uso limitato di risorse
non rinnovabili. Anche i cambiamenti climatici sono “un problema globale”, spiega
l’Enciclica, così come l’accesso all’acqua potabile, che va tutelato in quanto “diritto
umano essenziale, fondamentale ed universale”, “radicato nell’inalienabile dignità”
dell’uomo. Centrale, inoltre, la tutela della biodiversità perché ogni anno, a causa
nostra, “scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che i nostri figli non potranno
vedere”. E “non ne abbiamo il diritto”, sottolinea Francesco, evidenziando poi l’esistenza
di un “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud del mondo, connesso a squilibri
commerciali. “Il debito estero dei Paesi poveri – infatti – si è trasformato in uno
strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico”.
Creare sistema normativo per proteggere ecosistemi
“Il deterioramento dell’ambiente e quello della società
- afferma il Papa - colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta”, spesso
considerati “un mero danno collaterale”. Per questo, un vero approccio ecologico deve
essere anche sociale. La soluzione, allora, non è la riduzione della natalità, ma
il contrasto ad un consumismo “estremo e selettivo” di una parte della popolazione
mondiale. Di fronte, poi, ad un certo intorpidimento e ad una “spensierata irresponsabilità”
nell’uomo contemporaneo, urge “creare un sistema normativo” per assicurare la protezione
degli ecosistemi.
2° capitolo: ambiente è dono di Dio, eredità
comune da non distruggere
Si ribadisce la “tremenda responsabilità” dell’essere
umano nei confronti del Creato e si ricorda che “l’ambiente è un dono collettivo,
patrimonio di tutta l’umanità”, “eredità comune” da amministrare e non da distruggere.
Seguendo il racconto biblico della Creazione, Papa Francesco evidenzia le tre relazioni
fondamentali dell’uomo: con Dio, con il prossimo e con la terra. Ogni creatura ha
una sua funzione, nessuna è superflua e tutto è “carezza di Dio”, scrive il Pontefice,
ricordando che “ogni maltrattamento verso qualsiasi creatura è contrario alla dignità
umana”. Tuttavia, la cura degli altri esseri viventi va sempre accompagnata dalla
“compassione e preoccupazione” per l’uomo. Ed è per questo che serve la consapevolezza
di una comunione universale. In quest’ottica, rientra il principio della subordinazione
della proprietà privata alla destinazione universale dei beni: la tradizione cristiana,
infatti, “non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà
privata, ed ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà
privata”.
3° capitolo: no a tecnocrazia. Essere amministratori
responsabili del Creato
Tecnologia, antropocentrismo, lavoro ed ogm: l’Enciclica
si snoda lungo questi quattro percorsi. Innanzitutto, pur riconoscendo i benefici
del progresso tecnologico per lo sviluppo sostenibile, mette in guardia dalla tecnocrazia
che dà “a coloro che detengono la conoscenza ed il potere economico di sfruttarla,
un dominio impressionante sul mondo intero”. Allo stesso tempo, l’antropocentrismo
moderno, che non riconosce la natura come norma, perde la possibilità di riconoscere
il posto dell’essere umano nel mondo ed il suo ruolo di “amministratore responsabile”
dell’universo.
Difesa della natura incompatibile con la giustificazione
dell’aborto
Ne deriva una logica “usa e getta” che giustifica
ogni tipo di scarto, che porta a sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani,
a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del mercato di autoregolarsi,
a praticare la tratta di esseri umani ed il commercio di “diamanti insanguinati”.
È la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti di organi, del narcotraffico e
dello scarto dei nascituri perché non corrispondono ai progetti dei genitori. Di fronte
a tutto questo, occorre una “coraggiosa rivoluzione culturale” che mantenga in primo
piano il valore delle relazioni tra le persone e la tutela di ogni vita umana, perché
la difesa della natura “non è compatibile con la giustificazione dell’aborto”.
Proteggere il lavoro. Dibattito su ogm sia ampio
e responsabile
Quindi, il Papa ribadisce la necessità di difendere
il lavoro: tutti devono potervi accedere, perché esso “è parte del senso della vita
su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano”. “Rinunciare ad investire
sulle persone in nome di un profitto immediato è un pessimo affare per la società”,
afferma il Pontefice, evidenziando la necessità, a volte, di “porre limiti a coloro
che detengono grandi risorse e potere finanziario”, affinché tutti possano beneficiare
davvero della libertà economica. Quanto agli ogm, definiti “una questione di carattere
complesso”, il Papa ne mette in luce, da una parte, il contributo alla soluzione di
problemi economici, ma dall’altra le difficoltà legate alla “concentrazione di terre
produttive nelle mani di pochi”. Per questo, afferma, serve “un dibattito scientifico
e sociale responsabile ed ampio, in grado di chiamare le cose con il loro nome”.
4° capitolo: ecologia integrale è inseparabile
da bene comune
L’ecologia integrale divenga, dunque, un nuovo paradigma
di giustizia, perché l’uomo è connesso alla natura ed essa non è “una mera cornice”
della nostra vita. “Non ci sono due crisi separate, una ambientale ed un’altra sociale
– scrive il Papa – bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. Di qui, il
richiamo alla “amicizia civica” ed alla solidarietà, sia intra- che inter-generazionale,
la cui lesione “provoca danni ambientali”. L’ecologia integrale “è inseparabile dalla
nozione di bene comune” e ciò implica il compiere scelte solidali sulla base di “una
opzione preferenziale per i più poveri”.
Tutelare ricchezze culturali dell’umanità. Accettare proprio corpo, dono
di Dio
Non solo: la vera ecologia riguarda anche la cura delle “ricchezze culturali dell’umanità”,
come ad esempio delle “comunità aborigene”, e dell’ambiente urbano, per migliorare
la qualità della vita umana negli spazi pubblici, nelle abitazioni, nei trasporti
che in molte città, scrive il Papa, comportano “un trattamento indegno delle persone”.
Centrale è anche l’accettazione del proprio corpo come dono di Dio per accogliere
il mondo intero come casa comune donata dal Padre e vincere, così, la logica del dominio.
In quest’ottica, il Papa esorta ad “apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità
o mascolinità, poiché “non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza
sessuale”, con la quale non sa più confrontarsi.
5° capitolo: Vertici mondiali sull’ambiente hanno
deluso le aspettative
Cosa possiamo e dobbiamo fare, dunque? chiede Francesco.
E la risposta è “dialogare ed agire”. Certo, spiega, “la Chiesa non pretende di definire
le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica”, ma l’esortazione è comunque
“ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità o le ideologie non ledano
il bene comune”. Il dialogo è ineludibile tra economia e politica, sottolinea il Pontefice,
affinché “si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana”.
Il Pontefice chiama quindi in causa la politica internazionale e non risparmia un
giudizio severo sui vertici mondiali relativi all’ambiente che, negli ultimi anni,
“non hanno risposto alle aspettative” per una “mancanza di decisione politica”.
Serve governance globale. Dominio assoluto della
finanza non ha futuro
Al contrario, serve una governance globale che si occupi dei beni
comuni globali, perché spesso “sotto il rivestimento della cura per l’ambiente”, si
aggiungono nuove ingiustizie per i Paesi più bisognosi di sviluppo e finisce per “piovere
sempre sul bagnato”. Non solo: Francesco pone l’accento sulle criticità di un sistema
che mira al “salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla
popolazione”, e di un “dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà
solo generare nuove crisi”.
No alla corruzione. Ridefinire il progresso per
migliorare vita delle persone
Al livello nazionale, invece, la politica e l’economia
devono uscire dalla logica di corto respiro, focalizzata sul profitto e sul successo
elettorale a breve termine, dando spazio a processi decisionali onesti e trasparenti,
lontani dalla corruzione che, in cambio di favori, “nasconde il vero impatto ambientale”
dei progetti. Ciò che occorre, in sostanza, è “una nuova economia più attenta ai principi
etici”, una “nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa”, un ritmo
di produzione e di consumo più lento, così da “ridefinire il progresso”, legandolo
al “miglioramento della qualità reale della vita delle persone”. Anche i diversi movimenti
ecologisti e le religioni, in dialogo con la scienza, devono orientarsi alla cura
della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di
fraternità. E non è un caso se Francesco cita il Patriarca ortodosso Bartolomeo, il
filosofo protestante Paul Ricœur, il mistico islamico Ali A-Khawas. Numerose anche
le citazioni del teologo Romano Guardini.
6° capitolo: la sobrietà è liberante. Vale la
pena di essere buoni e onesti
Educazione e formazione restano dunque, le sfide centrali
da affrontare. Di qui, il richiamo a “puntare su un altro stile di vita” perché “non
tutto è perduto” e “l’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la
nostra casa comune”. Bastano piccoli gesti quotidiani, spiega il Papa: fare la raccolta
differenziata dei rifiuti, ridurre il consumo di acqua, spegnere le luci inutili,
coprirsi un po’ invece di accendere il riscaldamento e soprattutto “spezzare la logica
della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo”. “La sobrietà – scrive il Pontefice
– vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante” e “la felicità richiede di saper
limitare quelle necessità che ci stordiscono”, lasciandoci invece aperti alle “molteplici
possibilità che offre la vita”. In questo modo, diventa possibile sentire che “abbiamo
una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni
e onesti”.
L’Eucaristia unisce cielo e terra. Al di là del
sole, c’è la bellezza di Dio
Il Papa invita, infine, a guadare ai Sacramenti, esempi
di come la natura sia stata assunta da Dio. In particolare, spiega, l’Eucaristia “unisce
cielo e terra” e “ci orienta ad essere custodi di tutto il Creato”. Le lotte e le
preoccupazioni per questo pianeta “non ci tolgano la gioia e la speranza” perché nel
cuore del mondo c’è sempre l’amore del Signore. E allora “Laudato si’!”, scrive Francesco
in una delle due preghiere che concludono l’Enciclica e che fa eco all’invocazione
del Poverello di Assisi: “Camminiamo cantando!” perché “al di là del sole, alla fine,
ci incontreremo faccia a faccia con la bellezza di Dio”.
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