2015-06-14 15:10:00

La Biblioteca Apostolica e la "diplomazia della cultura"


Dove non arriva la diplomazia tradizionale, può spingersi quella della cultura e dei libri, che aiuta la Chiesa a stabilire rapporti di collaborazione in luoghi dove spesso non sono possibili relazioni di tipo istituzionale. E' l'obiettivo che persegue la Biblioteca Apostolica Vaticana, con le sue esposizioni itineranti in vari Paesi del mondo, che consentono di ammirare alcune delle preziose opere custodite nei suoi scaffali. In via di preparazione è una mostra in Cina, ma intensi sono i rapporti anche con Giappone, Cuba e altri Paesi latinoamericani, come spiega mons. Jean-Louis Bruguès, bibliotecario della Biblioteca Apostolica Vaticana e archivista dell'Archivio Segreto Vaticano, al microfono di Federico Piana:

R. – Sono potuto andare a Pechino, e per me era la prima volta, invitato da una delle Università più importanti del Paese. Stiamo preparando una mostra originale, che si terrà nel 2017, forse nell’estate, per presentare al pubblico cinese i manoscritti cinesi che ora si trovano nella Biblioteca Vaticana. Loro hanno chiesto la possibilità di digitalizzarli. Io ho messo, però, una condizione, quella di organizzare una mostra comune tra Santa Sede e Cina comunista, quando “ancora” non ci sono relazioni diplomatiche. Abbiamo previsto una mostra itinerante tra Pechino, Shanghai e una terza città.

D. – Cosa rappresenta, secondo lei, per la Chiesa questa esposizione itinerante, per quanto riguarda i rapporti tra Cina e Chiesa? Può essere considerata una "diplomazia" della cultura, dei libri?

R. – Sì, una diplomazia tramite la cultura. La funzione principale, secondo me, della cultura è stabilire ponti tra le civilizzazioni. E, dunque, quando non ci sono ancora relazioni diplomatiche, possiamo creare relazioni, rapporti tramite la cultura. La cultura è, diciamo, lo sforzo per l’uomo di capire, di avvicinarsi alla verità, al bello, al bene. E, dunque, possiamo vedere uno sforzo comune tra le civilizzazioni e questo sforzo è un ponte, secondo me, molto importante. La Biblioteca Vaticana, dunque, è uno strumento della cultura del cattolicesimo attraverso il mondo, per avvicinare i popoli.

D. – La Biblioteca Apostolica Vaticana continuerà con questa politica?

R. – Abbiamo creato e sviluppato una politica di apertura verso biblioteche nazionali che non hanno la possibilità, i mezzi sufficienti, innanzitutto nel campo della formazione del personale: non hanno la possibilità di rispondere alle necessità dei loro Paesi. Sono stato invitato in Bulgaria, a Sofia, a Belgrado, a Bucarest. Adesso aspettiamo un invito dalla Macedonia. Queste biblioteche nazionali hanno chiesto alla Biblioteca Vaticana di giocare un ruolo "materno": di diventare la loro biblioteca di riferimento. Naturalmente, quando ho spiegato questa situazione al Papa, lui si è mostrato molto interessato e ha permesso alla Biblioteca di ammettere due persone in più, solo per ricevere questo personale e contribuire alla sua formazione nel campo della catalogazione e restauro. Questi Paesi sono ortodossi e, dunque, c’è una dimensione non solo tecnica, non solo culturale, ma anche religiosa, ecumenica. Stiamo adesso lavorando allo stesso modo per creare relazioni con biblioteche latinoamericane. Innanzitutto Cuba, ancora un Paese comunista, il Cile – abbiamo ricevuto il rettore dell’Università di Santiago due mesi fa – e forse la Costa Rica.








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