2015-06-08 13:24:00

Sant'Egidio. Conferenza per il dialogo tra Oriente e Occidente


“Oriente e Occidente. Dialoghi di civiltà”. Questo il significativo titolo del Convegno promosso dalla Comunità di Sant’Egidio oggi e domani a Firenze. All’incontro partecipano importanti personalità dell’Islam sunnita, come il Grande Imam dell’Università al-Azhar del Cairo Ahmad Mohammad al-Tayyeb. Prendono inoltre parte al dialogo con gli esponenti del mondo musulmano alcuni noti rappresentanti politici e istituzionali europei. Eugenio Murrali ha intervistato uno degli organizzatori delle giornate, don Vittorio Ianari:

R. – Si è voluto pensare a questo scenario largo rispetto al più classico dialogo islamo-cristiano proprio per significare un desiderio di coinvolgere questi due mondi – queste due civiltà – in un cammino di riconciliazione che vuole contrastare quello che è sotto gli occhi di tutti: una crescita della distanza, della incomprensione, e anche – ahimé – dello scontro.

D. – Quindi, non un incontro interreligioso, ma un dialogo tra culture: qual è la differenza?

R. – La differenza è che si aprono delle prospettive, ovviamente sempre all’interno e nel solco di una considerazione dell’importanza delle tradizioni religiose. Ma guardare all’Oriente e all’Occidente come a due mondi che sono chiamati con urgenza, proprio nella difficoltà e nella crisi, a comprendersi e a fare dei passi di riavvicinamento vuol dire poter coinvolgere anche altre voci di altre confessioni religiose, di altri mondi. E, per quanto riguarda l’Oriente, non bisogna dimenticare le minoranze – in particolare quella cristiana – che vivono, sperano e purtroppo soffrono in questo periodo proprio nella regione orientale. Tanto più la crisi è acuta, tanto più c’è bisogno della voce, dell’energia e della speranza di tutti.

D. – Sant’Egidio auspica la nascita di una Unione dei Paesi musulmani sul modello dell’Unione Europea: perché ?

R. – Perché probabilmente vediamo in questa prospettiva la possibilità di dare spazio a un ragionamento meno scomposto rispetto al presente e soprattutto al futuro di questi Paesi, affidandolo invece, in maniera più robusta, a un ragionamento di tipo culturale e senza dubbio anche politico.

D. – Oriente e Occidente: una questione annosa, per non dire antica. Che prese di coscienza sono necessarie oggi da entrambe le parti?

R. – La presa di coscienza mi sembra quella di dover scrivere –  sollecitati da questa crisi –  una pagina nuova, in cui cadano antichi pregiudizi, che di fatto finiscono per allontanare, creare sospetto, divisione, talvolta anche disprezzo. Questa è la prima basilare necessità. La seconda è rendersi conto che, al di là delle identità che ovviamente continuano a segnare la realtà dell’Occidente, così come quella dell’Oriente, questa dimensione decisamente nuova della globalizzazione “mescola molto le carte”. Per tanti aspetti, l’Oriente è già presente o è più vicino all’Occidente, e viceversa. In concreto, in questi due giorni ci saranno delle tavole rotonde che vogliono un po’ provare ad affrontare i temi e le domande più urgenti: cosa vuol dire convivere? Come comprendersi? L’Oriente ha un messaggio positivo da dare al mondo? L’Occidente ha ancora un messaggio positivo da dare, non solo all’Oriente, ma al mondo intero? E credo che la domanda di molti, da entrambe le parti, sia quella di trovare effettivamente un ambito e delle persone concrete, che siano determinate a camminare su questa strada.








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