2015-06-03 11:05:00

"La memoria senza suono": 80 foto raccontano il Giappone


Ottanta scatti per raccontare il Giappone del secondo dopoguerra. Fino al 25 giugno la mostra dell’Istituto Giapponese di Cultura, intitolata “La memoria senza suono”, presenterà ai visitatori le fotografie del fotografo sordo, Koji Inoue. L’esposizione è organizzata insieme all’Istituto statale per sordi di Roma e al Cinedeaf e sarà accompagnata anche da spettacoli teatrali e proiezioni cinematografiche. Eugenio Murrali ha intervistato Maria Cristina Gasperini dell’Istituto Giapponese di Cultura:

R. – Spicca l’altissima percentuale di bambini fotografati in una quotidianità fatta di strade non ancora asfaltate, di dolciumi, di infanzie vissute sullo sfondo di un Giappone che faticosamente, ma con grande ottimismo, si risolleva dalle rovine della Seconda Guerra Mondiale. Accanto a questo c'è il Giappone urbano, perché molto spesso la città di Fukuoka, che è la città dove risiedeva l’artista, fa da sfondo alle foto e anche – e questa è la rarità – Okinawa. Per andare a Okinawa, che era sede dell’occupazione americana post-bellica, occorreva un visto, quindi addirittura ebbe questo visto e andò a fotografare la quotidianità di Okinawa negli anni Cinquanta e Sessanta. Molto spesso possiamo trovare anche tratti che possono sembrare in comune con l’Italia dopo la Liberazione che appunto mostra l’insegna del chewingum o di quella che era l’America all’epoca, accanto a simboli tradizionalmente giapponesi, come il negozietto di dolciumi tradizionali o la vecchia signora col ventaglio.

D. – Quali sensazioni in più sa regalare lo sguardo assorto di un fotografo sordo dall’età di tre anni…

R.  – La particolarità di questa nostra iniziativa, che ha per personaggio principale Koji Inoue, è il fatto che si tratta di un fotografo sordo e la sordità riesce a regalare a chi non ha il dono dell’udito la capacità di concentrazione e la capacità di attesa – un altro dei grandi "topos" della mostra – che un udente può faticare a trovare.

D. – Nostalgia, delicatezza, rifiuto del sensazionalismo: cosa sanno dire le fotografie di Koji Inoue all’uomo contemporaneo?

R. – Sanno trasmettere la semplicità del quotidiano – ripeto, fatto di questo grande "topos" dell’attesa che non è da sottovalutare in tempi superveloci come quelli che stiamo vivendo – e anche cose dimenticate, come la sensazione del bambino che lecca l’enorme blocco di ghiaccio depositato dal furgone davanti ai negozi di granite dell’epoca, oppure la famiglia intera che stava in bicicletta in tre o quattro persone. Può regalare innanzitutto uno spaccato quotidiano assolutamente perduto.

D. – La mostra, che prevede anche un documentario di Brigitte Lemaine sull’artista, è organizzata in collaborazione con l’Istituto statale dei sordi e il Festival internazionale del cinema sordo di Roma. Questa sinergia vuole lanciare un messaggio sulla sordità, sulla diversità?

R. – Naturalmente, la collaborazione vuole lanciare il messaggio sulla sordità e un invito più esteso anche all’eliminazione delle barriere per la comunicazione. La dialettica si svolge attraverso la mostra ma anche attraverso una serie di eventi che ruotano intorno al mondo del teatro giapponese. E sempre all’insegna del dialogo con l’Istituto statale dei sordi e il Festival internazionale del cinema sordo di Roma - Cinedeaf, l’Istituto giapponese dedica due grandi eventi che hanno moltissime manifestazioni collaterali: la mostra “La memoria senza suono” di Koji Inoue e una serie di spettacoli e workshop che hanno a che fare con il Kyôgen, una farsa tradizionale del Giappone, e che si terranno presso il teatro Palladium. L'egida è di "Soundless Japan -  Cultura sorda in Giappone mostre, teatro, seminari e cinema" ed è appunto lo sguardo rivolto verso la cultura sorda in Giappone. Le iniziative sono sempre tradotte in Lis, la lingua dei segni italiana. Peraltro, questo intervento del Cinedeaf all’interno delle nostre iniziative è anche segnalabile con l’evento che terremo il venerdì 12  giugno alle 19.30, la proiezione unica di un film sicuramente raro, che è l’esperienza sorda del terremoto tsunami del 2011.








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