2015-05-29 11:42:00

Pakistan, cristiani nel mirino della legge sulla blasfemia


In Pakistan, 15 persone sono in attesa di condanna a morte per aver violato la legge sulla blasfemia, che punisce ogni atto giudicato offensivo nei confronti del Corano o di Maometto. A farne le spese è soprattutto la minoranza cristiana. Uno studio del prof. Shahid Mobeen - “Legge della blasfemia e libertà religiosa”, pubblicato dall’editrice Apes - cerca di inquadrare questa controversa legge da un punto di vista storico e politico. Il volume è stato presentato oggi alla Camera dei deputati in un incontro promosso dall’Associazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre”. Il servizio di Michele Raviart:

Il 24 maggio scorso, il quartiere cristiano di Sanda, nella parte antica della metropoli pakistana di Lahore è stato date alle fiamme dalla folla. Un cristiano aveva infatti bruciato un giornale sui cui erano stampati versetti del Corano. Un reato che per l’ordinamento pakistano è punibile con l’ergastolo e che spesso scatena l’ira dei fondamentalisti, il cui giudizio arriva ancor prima della sentenza del tribunale. Mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense:

"La situazione in Pakistan è gravemente compromessa a causa di questa legge che favorisce le ingiustizie. Non abbiamo alternative rispetto alla via evangelica. La via è quella della conoscenza reciproca e del dialogo. Bisognerebbe informare di più perché c’è molta ignoranza o indifferenza. E’ la 'globalizzazione dell’indifferenza', come dice il Papa".

Per legge sulla blasfemia, si intendono due articoli del Codice penale pakistano. In linea teorica, la norma tutela ogni religione, ma prevede delle aggravanti quando riguarda l’Islam. Nei casi più gravi di offesa a Maometto, può costare la vita. Negli ultimi 25 anni, la legge è stata applicata oltre mille volte, la maggior parte a danno dei cristiani. Il caso più noto è quello di Asia Bibi, in attesa della condanna a morte dal 2010. Il prof. Shahid Mobeen, docente di Storia del pensiero islamico alla Pontificia Università Lateranense e autore del volume:

"Il caso di Asia Bibi è solamente la punta dell’iceberg, è la faccia più conosciuta a livello internazionale, dopo l’intervento di Papa Benedetto XVI. In questo momento ci sono molte Asia Bibi nelle prigioni, sia uomini, di fede cristiana e non cristiana, sia donne, di fede cristiana e non cristiana. Fino al 2010, la maggioranza delle vittime era musulmana, ma dopo la morte di Shabaz Bhatti, che difendeva fortemente le minoranze religiose, l’abuso di questa legge è aumentato, per cui ora la maggioranza perseguitata dai cittadini del Pakistan appartiene alla fede cristiana".

I cristiani in Pakistan sono il 2% della popolazione. Considerati cittadini di seconda classe vivono spesso nell’insicurezza, come ci spiega padre Gilbert Gill, assistente ecclesiastico dell’Associazione pakistani cristiani:

"Vivono con la sofferenza, con la paura. Una comunità, una persona può essere attaccata in un qualsiasi momento, improvvisamente. I cristiani vivono nel terrore che qualcuno ti può accusare e ti può uccidere. Questo vivono tutti i giorni. Quando parla Papa Francesco, una parola di solidarietà e di preghiera è molto importante per i cristiani, perché questa vicinanza del Santo Padre è una cosa molto apprezzata. Si sentono incoraggiati e continuano a dare la testimonianza della propria fede in questa grande difficoltà".

Il problema della legge è la sua discrezionalità. Anche far cadere una copia del Corano può portare all’accusa di blasfemia, favorendo così strumentalizzazioni e vendette personali. Per questo, il governo pakistano ha annunciato la proposta di ridurne l’applicazione solo nei casi in cui l’offesa alla religione sia frutto di una “volontà consapevole”.








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