“A Bagdad la gente comincia ad aver paura e a chiedersi: arriveranno anche qui? Nessuno si sente più al sicuro, e i cristiani sono – inutile dirlo – i più esposti a ritorsioni e violenze”: raggiunto telefonicamente dall'agenzia Misna il vescovo ausiliare caldeo a Baghdad, mons. Shlemon Warduni, descrive così l’atmosfera nella capitale che assiste attonita all’avanzata dello Stato Islamico nella provincia di Al Anbar.
Baghdad è ripiombata nella paura
La città, osserva il religioso, “sembra essere ripiombata alla situazione di un anno
fa, quando addirittura si arrivò a temere la chiusura dell’aeroporto internazionale
e diplomatici e stranieri dormivano con le valigie sotto il letto”. Da Ramadi, dove
la scorsa settimana hanno inferto una pesante sconfitta alle truppe regolari, i combattenti
del califfato guardano verso Fallujah e potrebbero presto dirigersi verso Bagdad. “Sarebbe
una disgrazia” chiosa il vescovo, scegliendo con cura le parole. “Questa gente dice
di agire in nome di Dio, ma quale Dio? Sono uomini senza coscienza e senza fede che
uccidono i bambini e aggrediscono le donne. Nessun Dio può volere questo”.
L'avanzata dell'Is grazie a chi gli fornisce le armi
Ieri il governo iracheno ha annunciato l’avvio di un’offensiva cruciale per le sorti
del conflitto, volta a riprendere la città di Ramadi, a cui partecipano anche le Unità
di mobilitazione popolare sciite e tribù sunnite. “Aspettiamo e preghiamo che l’offensiva
vada a buon fine. Perché in questi ultimi tempi l’avanzata di questi nuovi barbari,
dalla Siria all’Iraq, sembrava inarrestabile. Anzi, ci sarebbe da chiedersi come possono
pochi uomini sconfiggere gli eserciti più equipaggiati della regione? Le loro conquiste
sono rese possibili dalle potenze che li sostengono e gli vendono le armi. È a loro
che diciamo: fermatevi!”. (A.d.L.)
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