Politici, esperti, accademici, leader religiosi, si riuniscono a Ginevra, nella sede delle Nazioni Unite, per una riflessione sul contributo delle organizzazioni religiose nei teatri bellici e sul ruolo delle religioni nel promuovere la riconciliazione. A organizzare il Simposio “Religions Together for Humanitarian Action” ("Religioni insieme per l’aiuto umanitario") è il Sovrano Ordine di Malta. Francesca Sabatinelli ha intervistato il gran cancelliere, Albrecht Freiherr von Boeselager:
R. – We sat together to consider what could be
our contribution…
Ci siamo riuniti per riflettere sul nostro contributo
al Vertice umanitario mondiale, che si terrà nel 2016 (a Istanbul su iniziativa del
segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon - ndr). Questo vertice tratterà quattro
temi, il quarto dei quali riguarda lo sviluppo dei conflitti armati e dell’aiuto umanitario
durante i conflitti armati. Noi abbiamo deciso di concentrare la nostra attenzione
su questo punto e di elaborare quale possa essere la vocazione speciale e le possibilità
di aiuto da parte delle organizzazioni a sfondo religioso, nei conflitti armati. A
questo scopo abbiamo deciso di avviare a Ginevra questa discussione, insieme a rappresentanti
di altre religioni, per arrivare a identificare una proposta comune da presentare
al Vertice umanitario mondiale.
D. – Nei recenti conflitti, ciò che è evidente da tempo è che i civili siano le principali vittime e soprattutto che si dimentica completamente il diritto umanitario…
R. – Until the First World War, 90 per cent of war victims were soldiers and 10
per cent civilians…
Fino alla Prima Guerra mondiale, il 90% delle vittime
di guerra erano soldati e il 10% civili. Ora è esattamente al contrario: il 90% delle
vittime sono civili, in maggioranza donne, bambini e anziani. La situazione delle
popolazioni civili nelle aree coinvolte dai conflitti armati è peggiorata drammaticamente.
Il secondo punto è questo: dopo la Seconda Guerra mondiale, la famiglia delle nazioni
ha istituito un corpo di convenzioni legali riguardo alla legge umanitaria, convenzioni
della Croce Rossa e dell’Onu, che dirigevano l’osservanza delle leggi umanitarie nel
corso dei conflitti armati. Noi abbiamo visto, con grande preoccupazione, che queste
convenzioni sono sempre più disattese. E penso che non ci sia permesso di “osservarlo”,
semplicemente: dobbiamo agire e fare qualcosa. Dall’altro lato osserviamo anche che
la grande fiducia nelle grandi istituzioni rinomate non è diminuita, in particolare
quelle istituzioni che si fondano su valori molto solidi e, specialmente, quelle istituzioni
i cui valori si fondano nella religione. Questo è quello che vogliamo promuovere.
Molti, oggi, guardano alla religione “a priori” come una delle cause o ragioni dei
conflitti. Secondo noi, questa è un’opinione miope: gli argomenti riguardo alla religione
spesso sono male interpretati, quando la religione è scissa dai propri valori. I veri
valori religiosi sono sempre validi e dovrebbero essere usati per risolvere i problemi.
Questo è quello che vogliamo promuovere.
D. – In che modo si può affrontare il fatto che a oggi la maggior parte dei conflitti siano guerre non dichiarate, che non hanno dei protagonisti determinati e che soprattutto sono conflitti che vedono al loro interno anche gruppi, organizzazioni, che non fanno riferimento a uno Stato, come possono essere ad esempio lo Stato islamico, Boko Haram, al Qaeda…
R. – That what you mention poses one of the great
challenges in this situation…
Quello di cui lei parla rappresenta una delle grandi
sfide in questa situazione. Questi attori nei conflitti non rientrano nelle convenzioni
per il diritto umanitario e quindi non si sentono legate a esse, anzi oserei dire
che non le conoscano nemmeno... Per questo dobbiamo richiamarci a principi etici di
base se vogliamo avere a che fare con loro. Probabilmente, è troppo ottimista affermare
che, su questa base, possiamo avere un’interazione con ognuno di loro. Ma molti di
questi conflitti sono terribilmente complessi: non ci sono soltanto due o tre o quattro
ragioni, non ci sono soltanto due, tre o quattro attori. Ce ne sono molti: i conflitti
interni, fondati su religioni o gruppi etnici diversi o, ancora di più, su cause economiche,
su potenze esterne che interferiscono al fine di salvaguardare o ampliare le loro
zone di interesse… Credo però di essere ancora ottimista, perché credo che molti degli
attori possano essere raggiunti con argomenti etici e che non si possa ignorare, nemmeno
da un punto di vista razionale, la sofferenza delle popolazioni, la distruzione delle
economie, la distruzione dell’istruzione e così via. Per questo, credo dovremmo cercare
di compiere ogni sforzo per riportare questi principi etici e fondati sulle religioni
nelle discussioni. Tutte le parti devono rendersi conto che devono giocare un ruolo
in questo scenario, anche il modo di condurre le guerre da parte delle potenze sviluppate
del mondo occidentale deve essere riconsiderato, come ad esempio l’uso dei droni per
uccidere persone singole in Paesi stranieri, la carcerazione di individui senza processo,
la tortura e tutte queste cose che sono accadute in questo contesto devono essere
riconsiderate.
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