2015-05-26 14:15:00

Regioni al voto in un contesto politico molto frammentato


Ultimi giorni di campagna elettorale in vista delle elezioni regionali e municipali di domenica 31 maggio. Si voterà in 7 regioni: Liguria, Veneto, Toscana, Umbria, Marche, Campania e Puglia. Numerosi i Comuni, tra i principali: Venezia, Trento, Bolzano, Andria e Arezzo. C’è chi sostiene che l’appuntamento sarà un test sul governo. Ipotesi negata dal premier Renzi che sostiene: “le regionali sono diverse dai giochi romani”. Adriana Masotti ne ha parlato con il politologo e storico, Agostino Giovagnoli, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

R. – Ma, certamente, le elezioni regionali in sette realtà costituiscono un test che non può non avere riflessi sulla politica generale. Detto questo è evidente, però, che si tratta di elezioni che hanno una forte caratterizzazione locale – fin troppo. Forse già questo è un segnale interessante. Il candidato del centrodestra, oggi, nelle Marche è l’ultimo governatore di centrosinistra; il voto in Liguria è condizionato da un conflitto all’interno del Pd; in Veneto, abbiamo due esponenti della Lega in conflitto tra di loro; in Campania, il candidato di centrosinistra ha raccolto molti candidati che vengono dal centrodestra … Insomma, tutto questo è molto singolare e possiamo aggiungere anche la spaccatura del centrodestra in Puglia a completamento di un quadro che manifesta la frammentazione, la liquidazione del sistema della Seconda Repubblica piuttosto che una novità che ancora non si vede compiutamente, almeno a livello di sistema politico complessivo.

D. – Il voto alle regionali avviene a poca distanza dalle elezioni in Spagna e in Polonia, dove hanno vinto formazioni politiche piuttosto estremiste, euroscettiche. In Italia, l’area della protesta in chi si riconoscerà, questa volta?

R. – Ma … forse oggi non c’è nessuna formazione che sia particolarmente qualificata a raccogliere il pieno dei voti di protesta. Lo ha fatto Grillo nel 2013, ma oggi il suo partito, che pure continua a godere di molti consensi, soffre per una assenza di progetto politico che emerge in questi anni.

D. – Ci sarà il trionfo della Lega, come alcuni pensano?

R. – La Lega certamente avrà un risultato che la rafforzerà, ma resta comunque una formazione che non può superare certi limiti – per scelta proprio dei suoi leader, che le danno un’identità troppo radicale per poter poi aspirare a raccogliere consensi più ampi, anche nel campo della protesta. E dunque si tratta piuttosto di un voto che mi pare fotografare il disfacimento della realtà precedente.

D. – C’è chi teme, invece, l’astensionismo, soprattutto …

R. – L’astensionismo è certamente un dato logico, in circostanze come quelle in cui noi stiamo vivendo. E’ difficile che si torni a una consistente partecipazione al voto quale abbiamo conosciuta nei decenni precedenti; e certo queste elezioni non sono fatte per attirare un grande interesse, ed è possibile che quindi i vincitori – in primo luogo il PD – vincano piuttosto perché altri non vanno a votare o non sono in grado di fare proposte forti, più che per una capacità trainante propria.

D. – C’è qualche contenuto emerso in modo particolare, durante questa campagna elettorale?

R. – Un contenuto particolare non mi viene in mente … forse perché, in realtà, è un po’ tutta la realtà regionale oggi ad essere particolarmente in crisi, nel senso che proprio il sistema-regione ha rivelato le maggiori debolezze in questi anni in cui i fenomeni corruttivi, spesso legati proprio ai contesti regionali, sono una espressione, ma non l’unica. Non è un caso che oggi stia prevalendo una spinta neocentralistica, che sarebbe stata poco immaginabile fino a non molto tempo fa, oltre – naturalmente – a una conferma della vitalità della realtà municipale, della realtà dei Comuni che continua a costituire il riferimento preferito per gli elettori, per esprimere i loro orientamenti e il loro impegno.








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