2015-05-21 12:18:00

Terrorismo. Card. Montenegro: fermare barconi non è soluzione


Abdelmajid Touil, il marocchino arrestato due giorni fa per l'attentato al Museo del Bardo di Tunisi, sarebbe stato in Italia sia nel giorno della strage che in quelli precedenti e successivi. E' quanto è stato accertato dalla Procura di Milano in base ai registri della scuola e alle testimonianze dei docenti. Questa mattina nella sua informativa alla Camera il ministro dell'interno Alfano si era difeso da chi chiedeva le sue dimissioni:  "Non si è mai escluso che l’Italia sia a rischio terrorismo", ha detto. A scatenare le polemiche era stato il fatto che Touil fosse giunto in Italia a febbraio a bordo di un barcone. Paolo Ondarza ha chiesto un commento al cardinale Francesco Montenegro, eletto ieri dall’Assemblea Generale della Cei, presidente di Caritas Italiana:

Fermare i barconi, non è risolutivo. Serve una politica più capace
R. – Non tutti i terroristi verranno con i barconi, ne sono convinto. Che poi qualcuno abbia potuto fare questo è possibile, ma non credo che questo ora significhi “Fermiamo i barconi!”. Tanti terroristi abitano già in questa Europa e in questa terra, quindi cosa facciamo? Non facciamo più nascere nessuno? E se qualcuno per venire in questa terra e fare quello che vuol fare prende l’aereo, fermiamo gli aerei? Credo che non sia soltanto gridando “Al lupo, al lupo!” che risolveremo i problemi. Ci vuole una politica che sia capace e uno Stato che sappia difendersi. Il problema è che, purtroppo, certe cose si stanno affrontando a pois - un po’ una cosa e un po’ l’altra - e non nella loro globalità.

Serve una legislazione che permetta di affrontare il problema nella sua complessità
D. – Al giovane marocchino sbarcato a febbraio scorso in Sicilia era stato subito intimato di lasciare l’Italia entro 15 giorni. Poi in realtà nessuno ha controllato che lo facesse, tant’è che è poi potuto tornare clandestinamente. Al provvedimento di espulsione non è seguita una una conseguenza pratica…

R. – La conseguenza pratica è lo Stato che deve assumerla. Perché se io dico ad una persona “vattene!”, l’accompagno all’uscio della porta e poi non mi interesso o non ho le possibilità e la capacità di essere sicuro che vada via, i rischi continueranno sempre… Qui è la maturità di uno Stato: ci vuole una legislazione che ti permette davvero di affrontare questo problema in maniera globale. Non si può dire soltanto “non vogliamo gli stranieri”; perché gli stranieri quando ci fanno comodo li vogliamo, se portano denaro e ci fanno divertire…

No ad allarmismi, non si possono ignorare immigrati
D. – Quindi occorre un approccio globale alla questione, senza semplificazioni da una parte e senza allarmismi dall’altra…

R. – Sì, io ritengo che gli allarmismi facciano comodo ad alcuni, però con l’allarmismo tu non affronti il problema. Ecco, allora, che tutto ciò che si è fatto fino adesso per l’immigrazione non credo che sia stato fatto affrontando il problema globalmente: un po’ sulle emozioni, quando ci sono i morti, quando muoiono in gran numero; un po’ con delle leggi che cercano di tamponare… Si sta vedendo l’egoismo dell’Europa, che ha paura di affrontare il problema. Si parla di 230 milioni di migranti nel mondo e questo alcuni lo chiamano il “sesto continente”: un mondo senza un continente non è completo! Non possiamo far finta che non ci siano.

Card. Montenegro: di nuovo alla guida di Caritas Italiana con gioia e preoccupazione
D. – L’Assemblea generale della Cei l’ha rieletta presidente di Caritas Italiana. Come accoglie questo nuovo incarico?

R. – Non è tanto nuovo, perché è vecchio! Ritorno in Caritas… Mi viene chiesto di continuare a dare attenzione alle povertà e al mondo della sofferenza. Con gioia, perché è un servizio; con preoccupazione, perché è un mondo dove purtroppo ci sono tanti problemi e tante difficoltà…  affrontarli non sempre è facile, ma c’è la volontà di fare la mia parte.

Occorre più attenzione ai poveri 
D. – Lei era già stato presidente di Caritas Italiana dal 2003 al 2008. Oggi si configurano nuove emergenze e nuove sfide rispetto ad allora...

R. – Sì, senz’altro tante nuove povertà sono diventate ormai vecchie e tante vecchie povertà sono diventate nuove: oggi c’è gente che viene a cercare il pane, viene a cercare la medicina o il vestito… Purtroppo la situazione economica e sociale è difficile, perché la povertà prende il sopravvento. Non sempre la politica dà la giusta attenzione ai poveri. Quindi bisogna lottare insieme perchè questa fascia di gente, che è purtroppo sostanziosa, possa riavere la gioia di una dignità e possa anche essere ascoltata e aiutata.








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