2015-05-18 19:02:00

L'Is conquista Ramadi e minaccia la capitale irachena: 500 morti


L’ombra del sedicente Stato islamico si allunga sulla capitale irachena Baghdad e su Kerbala, la città santa sciita, mentre Ramadi è ormai quasi completamente nelle mani dei jihadisti con un bilancio di vittime che supera quota 500. Sul fronte siriano si registra invece la vittoria delle truppe governative nell’antico sito archeologico di Palmira, ma i raid non si fermano. Cecilia Seppia

Dopo 4 giorni di fuoco lo Stato islamico è riuscito a strappare Ramadi all’esercito iracheno ma la battaglia per la riconquista della città infuria ancora:  oltre 500 morti, 8 mila gli sfollati mentre le milizie sciite irachene alleate di Teheran,  dopo il monito del premier Al Abadi, e con il placet di Washington, hanno detto di essere pronte a scendere in campo al fianco delle truppe governative contro i jihadisti, come fu per la liberazione di Tikrit.  Vogliamo “eliminare il nemico barbaro” ha detto un loro portavoce  anche perché la minaccia dell’Is si estende ora su Baghdad e Kerbala, la città santa sciita indicate come le prossime imminenti conquiste dei jihadisti, in un videomessaggio del califfo al Baghdadi, diffuso oggi in rete, che però secondo il Pentagono potrebbe essere stato registrato nei giorni scorsi. La Casa Bianca mostra comunque un prudente ottimismo convinta che la situazione nella provincia di al Anbar resta fluida ed è presto per fare dichiarazioni definitive. Sul fronte siriano l’esercito di Assad ha respinto i guerriglieri dello Stato islamico fuori da Palmira, ma una pioggia di razzi lanciati dalla periferia dell’antico sito archeologico, ha raggiunto stamattina civili uccidendone 7 tra cui due bambini; anche qui secondo l’Osservatorio siriano i morti sono oltre 300. Le autorità hanno confermato inoltre che le rovine storiche e i monumenti non hanno subìto danni.

 

Dunque quali scenari si aprono? Risponde Paolo Maggiolini, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), esperto di Medio Oriente:

 

R. - Parlare di un’imminente occupazione di Baghdad è probabilmente eccessivo. Sebbene, da dicembre 2014 ad oggi, Ramadi rappresenti la vittoria sul campo di Is strategicamente più importante, sia per quanto riguarda uno scenario futuro - perché Ramadi interrompe idealmente una linea possibile di collegamento tra la Giordania, l’Iraq e la Siria nell’ottica di operazioni militari contro lo Stato islamico - sia perché conquistare il capoluogo della provincia di Al Anbar - la più popolosa e da dove era partita l’operazione statunitense "Surge" nel 2007, con la quale attraverso l’alleanza con le tribù arabe sunnite irachene si era riusciti a ristabilire un controllo, un ordine nella regione - spiega chiaramente il significato dell’importanza del colpo inferto dall'Is.

D. – Il premier iracheno al Abadi ha allertato le milizie sciite, in parte alleate con l’Iran, di tenersi pronte per riconquistare Ramadi come già fatto con Tikrit. E, stamane è arrivato a Baghdad il ministro degli Esteri iraniano Dehgan. Quali rischi in questa alleanza sciita rispetto alla popolazione sunnita in Iraq?

R. - I rischi sono chiaramente quelli di forzare ulteriormente la logica dello scontro settario; d’altra parte purtroppo in questo momento si vive la contraddizione di un Esercito nazionale delle Forze di sicurezza irachene che, obiettivamente, non sono in grado sul campo di raggiungere gli obiettivi che sono stati posti: cioè non solo fermare o congelare il fronte con Is ma respingerlo. Quindi le milizie sciite sono necessarie in questa fase di scontro. È però evidente - questo lo si è visto già a Tikrit - il rischio che in una fase convulsa di guerra queste milizie sciite portino avanti delle strategie sul campo anche differenti da quella che necessariamente il governo centrale deve avere, di scontro però contemporaneamente di riconciliazione con la popolazione locale. E’ chiaro che collegando ciò con quello che è appena avvenuto a Ramadi, questa situazione di difficoltà sembra aumentare.

D. - Difficile in questo contesto - mi sembra di capire - fare delle previsioni se non osservando le operazioni militari sul campo …

R. - Il problema è che l’aspetto militare in questo momento è prevalente, però al tempo stesso gli aspetti militari non devono far dimenticare che una soluzione a lungo periodo può avvenire soltanto attraverso la riconciliazione politica e un nuovo patto sociale. Quindi l’aspetto di difficoltà è che nonostante i colpi che sono stati inferti all'Is sullo scenario di Tikrit e le notizie della morte dei suoi leader Abu Alaa al-Afri o di Abu Sayyaf più recentemente, questa organizzazione si presenta come un soggetto capace di adattarsi o comunque di mantenere una certa resistenza. Dall’altra parte le forze irachene sul campo hanno maggiore difficoltà e tutto questo aumenta ancora di più il dilemma di come affrontare efficacemente un problema che si pone sia nell’ambito militare che in quello politico.








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