2015-05-16 08:06:00

In Burundi ancora scontri. Un missionario: vogliamo la pace


Sventato in Burundi il colpo di Stato contro il presidente Nkurunziza, che non intende recedere dall’intenzione di candidarsi per la terza volta alla più alta carica del Paese, nonostante il divieto della Costituzione. In vista delle elezioni del 26 giugno prossimo, cresce la preoccupazione internazionale per l’evolversi della situazione, mentre le dimostrazioni di piazza non accennano a diminuire. A sostenere i manifestanti anche quattro ex presidenti. Il servizio di Giulio Albanese:

Il presidente burundese Pierre Nkurunziza è rientrato, ieri, nel suo Paese, una volta avuta la garanzia che il golpe fosse stato definitivamente stroncato. Accolto trionfalmente dai suoi sostenitori per le strade della capitale, il corteo di Nkurunziza, scortato da polizia e militari, si è poi diretto verso il palazzo presidenziale. Poche ore dopo, in un messaggio alla nazione via radio, l’uomo forte del Paese ha annunciato la riapertura delle frontiere e ha chiesto che la "rivolta si fermi immediatamente".  Intanto, non si ha notizia al momento del generale Godefroid Niyombareh, considerato la vera e propria mente del golpe. Il generale - secondo media internazionali - sarebbe "ancora in fuga". 

E 20 giorni di manifestazioni contro Nkurunziza stanno causando problemi anche sul fronte umanitario. Secondo l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (Acnur), sono già oltre 105mila i civili fuggiti nei Paesi limitrofi. Sulla situazione creatasi in Burundi, Gabriella Ceraso ha intervistato padre Claudio Marano, missionario saveriano da anni nel Paese:

R. – È un guaio molto grosso, speriamo che il presidente riesca ad attirare l’attenzione e a dare risposte. Così senz’altro non si può andare avanti, nel senso che le manifestazioni non sono manifestazioni, sono distruzioni che danno poi la possibilità alla polizia di intervenire e sparano con le pallottole "normali"; quindi morti, feriti, arresti, macchine bruciate…

D. – Cosa pensa sia necessario? Che la comunità internazionale medi per un dialogo?

R. – Il Burundi da solo non ci arriverà mai. La comunità internazionale deve assolutamente mettersi insieme, perché se gli americani dicono una cosa, se la comunità europea ne dice un’altra, se l’Onu ne dice un’altra ancora, se l’Unione Africana ne tira fuori un’altra, è una cosa impressionante! Chiedono al Burundi di mettersi insieme, ma loro non si mettono insieme!

D. – La gente nel frattempo come vive?

R. – Nella disgrazia più assoluta. La gente non riesce a trovare da mangiare, non riesce ad andare a lavorare, non riesce ad andare a scuola, non riesce a curarsi. Già il Burundi è uno dei Paesi più poveri del mondo. In questa situazione per la gente è una catastrofe.

D. – Il golpe almeno da come lo vede lei, è un’esperienza totalmente chiusa? Che segno ha lasciato?

R. – Una grande paura, perché adesso è il "momento di passare ai massacri", nel senso che i quartieri che hanno protestato probabilmente subiranno restrizioni enormi.

D. – Qual è stato lo spirito con cui la gente ha assistito a questo colpo di Stato?

R. – Il Burundi è due cose: il Burundi è la città di Bujumbura, il Burundi è l’interno del Paese. Questo è molto chiaro. L’interno del Paese è in mano al Cndd, il partito del presidente, ed è manipolato come vogliono dal partito al potere. A Bujumbura non è così; è una città, è la capitale dove tutta la gente studia, la gente si interessa, dove insomma c’è la possibilità di parlare. La città era veramente festosa, festante per questa situazione di cambiamento, perché l’unica cosa che si chiede è questo, riuscire a rimettere il Paese in ordine! Chiaramente non si fa questo passando da una violenza all’altra, è logico, però penso che molti sono delusi da questa situazione. Aspettiamo veramente che presidente faccia qualcosa di positivo.

D. – La speranza che ci possa essere per le elezioni una voce alternativa ad Nkurunziza sussiste o no?

R. – No, Nkurunziza non accetterà mai lasciare il potere. Speriamo che lo Spirito intervenga là dove l’uomo non può intervenire!

D. – Padre, vuole fare un appello per il Paese, per la gente in base a quello che il suo cuore le detta in questo momento?

R. – Chiederei a tutti di aiutarci a vivere in pace; cerchiamo di fare qualcosa che sia veramente estremamente positivo per riuscire a mettere tutti insieme. Il dialogo è una cosa straordinaria; bisogna assolutamente rimetterlo in auge e cercare di vedere dove fino ad ora la cosa non ha funzionato, perché sono 60 anni che il Burundi passa dai massacri, alle dittature, alle guerre,… non è possibile: bisogna cambiare qualcosa. Aiutateci soprattutto a vivere in pace. Questa è la cosa essenziale.








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