2015-05-15 12:00:00

Emozione tra i poveri per il concerto in Aula Paolo VI


Grande emozione ieri pomeriggio in Aula Paolo VI per i duemila poveri che hanno partecipato al concerto per le opere di carità di Papa Francesco. E’ stato il maestro Daniel Oren a dirigere l’Orchestra Filarmonica Salernitana e il Coro della Diocesi di Roma in un particolare omaggio a Dante nei 750 anni dalla sua nascita. C’era per noi Benedetta Capelli:

La musica intensa accarezza le vite ferite dei duemila poveri che affollano l’Aula Paolo VI. Profughi, senza tetto, disabili sono in prima fila perché per loro Papa Francesco ha voluto questo particolare omaggio a 750 anni dalla nascita di Dante. La poesia ed i personaggi del sommo poeta come Ulisse, Francesca da Rimini e Beatrice guidano le scelte musicali. E’ la rappresentazione del cammino dell’uomo: dalla selva oscura del peccato fino alla grazia dell’incontro con Dio. E’ la stessa strada percorsa dai tanti che sono lì seduti, rapiti dalla bacchetta del maestro Daniel Oren e dall’interpretazione del coro della diocesi di Roma guidato da mons. Marco Frisina. Mons. Diego Ravelli, capoufficio dell’Elemosineria Apostolica:

R. - Questa iniziativa è una nota di carità che semina speranza, gioia nel cuore di tutti. I poveri siamo ciascuno di noi. Nel pentagramma della vita, la sinfonia, la nota, l’armonia più bella è quella della carità. È solo questa la musica che sa cambiare il cuore di tutti e rinnovarci nel profondo. L’impegno è costante; tra quello che facciamo nel nostro ufficio, quindi la carità silenziosa, fatta di piccoli gesti che dicono l’amore del Papa e poi anche queste iniziative che - come ha detto proprio Papa Francesco nella Cappella Sistina - vogliono esser semplicemente una carezza. E tante volte la carezza è davvero quel gesto capace di dare gioia e speranza.

Tra i settemila presenti, i poveri si riconoscono dal sorriso che rivolgono a chi li accompagna al posto d’onore, a chi li ha portati lì, idealmente a Papa Francesco. Le difficoltà di ogni giorno svaniscono appena le luci si fanno più basse e la musica cresce. E’ un regalo davvero inatteso quello che hanno appena ricevuto:

R. - Io mi chiamo Omar e vengo dalla Somalia. Sono arrivato qui nel 2003 con i barconi. Eravamo 15 persone. Siamo stati quasi sei giorni nel Mediterraneo senza benzina, senza acqua, senza niente da mangiare. Una nave cargo che è passata ha notato che eravamo in difficoltà e ha chiamato la guardia costiera italiana che ci ha accompagnato fino a Lampedusa. Prima lavoravo, ero a Pordenone, ho lavorato per Electrolux. Si stava bene ma l’azienda ha fallito e ho perso il lavoro. Mi sono trasferito qui a Roma e ho vissuto con grandi difficoltà perché non avevo niente. Ero in strada. Poi ho trovato una famiglia che si chiama “Caritas” e loro mi hanno accolto, mi hanno messo nelle loro strutture e adesso vivo bene con loro. Adesso è la mia famiglia.

R. - Io mi chiamo Roberto.

D. – Hai questa bella maglia con scritto “Siamo una delle famiglie che prega per te”…

R. - E’ una delle maglie che regalano a Papa Francesco, che lui ci regala qui, alle docce che ha fatto sotto il Colonnato di San Pietro. Io sono un abitué e quando non lavoro do una mano come volontario perché anche se vivo per strada mi diverte dare una mano agli altri.

D. - Qual è la tua storia?

R. - Dopo la morte di mia madre mi sono anche allontanato un po’ dalla Chiesa. Dal ’97 ho cominciato a fare questa vita, ho ascoltato gente che non dovevo ascoltare e ho avuto un po’ di problemi con la giustizia… Non ho mai rubato, non sono mai stato in galera. Dal 2000 son qui a Roma.

D. – Papa Francesco ha pensato ai poveri per questo concerto, per la visita in Sistina, per le docce… Cosa pensi di lui?

R. – Io l’ho incontrato proprio nella cappella Sistina. Non so come raccontarlo perché bisogna proprio esserci. Quando ci ha fatto la sorpresa di venire e di parlarci sentivo che lui era quasi più emozionato di noi a parlare e si sentiva che aveva un nodo alla gola … Per me non è un Papa, è uno di noi.

D. – Oggi come vivi, sei in strada?

R. - Sì, dormo qui vicino alle mura. Ogni tanto ho qualche lavoretto che un’amica, che mi aiuta da 7 anni, mi ha procurato. Lavoro in un parco giochi a Villa Ada. Non prendo tanto però ho il necessario per vivere e per aiutare un amico che dorme vicino a me.

D. – Oggi cosa ti aspetti dalla tua vita, cosa chiedi alla tua vita?

R. – Non chiedo tanto. Avere un piccolo lavoro, una stanza dove la sera quando finisco di lavorare posso ritirarmi, guardare la televisione, mangiare qualcosa. Questo. Non bevo dal 1979 e sto bene. Vedo gli altri che bevono e non risolvono niente.

Accanto ai poveri ci sono le persone che ogni giorno condividono le loro fatiche. Sono i volontari della Caritas, della Comunità di Sant’Egidio, dell’Ordine di Malta e tanti altri. Claudio gestisce due case famiglia: “La Gabbianella” di Roma e “La Coccinella” di Velletri. Accompagna 14 disabili  al concerto in Aula Nervi:

R. - Questo è innovativo rispetto al passato ed è rivolto proprio agli umili, ai più poveri. È un gesto bello.

D. - I suoi ospiti chiedono di Papa Francesco?

R. - Sì, uno in particolare; si chiama Andrea: lo chiama in continuazione.

D. - Per fare un lavoro come il vostro, che motivazione devi avere?

R. - Per fare un lavoro come il nostro, la motivazione deve essere profonda. È un lavoro particolare e anche in questo periodo di crisi noi continuiamo a lavorare. Ad esempio nella casa famiglia di Velletri non percepiamo stipendio, non percepiamo ancora la liquidazione da parte della Regione. La motivazione è forte per continuare a portare avanti questo progetto.

D. - E non abbandonare queste persone che hanno bisogno …

R. - Non in questo momento, anche se ne hanno tanto bisogno; persone che non hanno più parenti, genitori, … soli. Da quasi dieci anni vivono in questa casa ed ora non si sa quale sarà il loro futuro. noi stiamo lottando per restare aperti.

Annamaria presta il suo servizio nella Comunità Matteo XXV di Roma, è in Aula Paolo VI con i molti poveri che aiuta:

R. - Oggi ce ne sono più di cento. Ce ne dovrebbero essere 150. La domenica ce ne sono moltissimi; 150 donne e gli altri sono tutti uomini. La mattina entrano, fanno la doccia, fanno colazione, hanno i panni puliti, si cambiano, poi c’è la Messa cattolica alla quale partecipano anche gli ortodossi. Ma in chiesa da noi entrano anche i musulmani; ci diamo la mano per scambiarci la pace. Da noi è così, tutti entrano senza discriminazione, senza divisioni. Poi c’è il pranzo. In inverno facciamo un doppio turno.

D. - Questo invito per il concerto come è stato accolto?

R. - Benissimo. Noi eravamo tutti entusiasti da subito, anche i poveri; quelli che indossano il cappellino sono tutti nostri. Qualcuno magari non ce l’ha ma ce ne sono molti! C’è molto entusiasmo.

“Voi per noi non siete un peso. Siete la ricchezza senza la quale i nostri tentativi di scoprire il volto del Signore sono vani”. E’ la frase del Papa stampata sul libretto del concerto, parole che Pino sente particolarmente sue:

R. - Non è solo lui a farci sorprese, siamo anche noi che le facciamo a Papa Francesco. Lui ci chiama a dovere, ci ha fatto ritornare in Chiesa. Come si dice? “La Chiesa è povera” e lui va d’accordo con i poveri, lo fa capire a tutti i costi.








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