2015-05-15 14:30:00

Caos in Burundi. Un missionario: siamo stanchi, vogliamo la pace


Caos in Burundi, dove i ribelli dell’ex capo dei servizi segreti Niyombare che hanno tentato il golpe contro il presidente Nkurunziza, si sono arresi dopo 24 ore di scontri e decine tra morti e feriti. Almeno due gli ufficiali arrestati, mentre sono riprese le manifestazioni dell’opposizione. Tra la gente c’è il panico per le ripercussioni che potrebbero scattare: sono già 105 mila, secondo l’Onu, i profughi rifugiatisi nei Paesi vicini. Atteso il discorso del presidente Nkurunziza. La testimonianza del padre saveriano Claudio Marano, raggiunto telefonicamente a Bujumbura da Gabriella Ceraso:

R. - E’ un guaio molto grosso, speriamo che il presidente riesca ad attirare l’attenzione e a dare risposte. Così senz’altro non si può andare avanti, nel senso che le manifestazioni non sono manifestazioni, sono distruzioni che danno poi la possibilità alla polizia di intervenire e sparano con le pallottole "normali"; quindi morti, feriti, arresti, macchine bruciate…

D. – Cosa pensa sia necessario? Che la comunità internazionale medi per un dialogo?

R. – Il Burundi da solo non ci arriverà mai. La comunità internazionale deve assolutamente mettersi insieme, perché se gli americani dicono una cosa, se la comunità europea ne dice un’altra, se l’Onu ne dice un’altra ancora, se l’Unione Africana ne tira fuori un’altra, è una cosa impressionante! Chiedono al Burundi di mettersi insieme, ma loro non si mettono insieme!

D. – La gente nel frattempo come vive?

R. – Nella disgrazia più assoluta. La gente non riesce a trovare da mangiare, non riesce ad andare a lavorare, non riesce ad andare a scuola, non riesce a curarsi. Già il Burundi è uno dei Paesi più poveri del mondo. In questa situazione per la gente è una catastrofe.

D. – Il golpe almeno da come lo vede lei, è un’esperienza totalmente chiusa? Che segno ha lasciato?

R. – Una grande paura, perché adesso è il "momento di passare ai massacri", nel senso che i quartieri che hanno protestato probabilmente subiranno restrizioni enormi.

D. – Qual è stato lo spirito con cui la gente ha assistito a questo colpo di Stato?

R. – Il Burundi è due cose: il Burundi è la città di Bujumbura, il Burundi è l’interno del Paese. Questo è molto chiaro. L’interno del Paese è in mano al Cndd, il partito del presidente, ed è manipolato come vogliono dal partito al potere. A Bujumbura non è così; è una città, è la capitale dove tutta la gente studia, la gente si interessa, dove insomma c’è la possibilità di parlare. La città era veramente festosa, festante per questa situazione di cambiamento, perché l’unica cosa che si chiede è questo, riuscire a rimettere il Paese in ordine! Chiaramente non si fa questo passando da una violenza all’altra, è logico, però penso che molti sono delusi da questa situazione. Aspettiamo veramente che presidente faccia qualcosa di positivo.

D. – La speranza che ci possa essere per le elezioni una voce alternativa ad Nkurunziza sussiste o no?

R. – No, Nkurunziza non accetterà mai lasciare il potere. Speriamo che lo Spirito intervenga là dove l’uomo non può intervenire!

D. – Padre, vuole fare un appello per il Paese, per la gente in base a quello che il suo cuore le detta in questo momento?

R. – Chiederei a tutti di aiutarci a vivere in pace; cerchiamo di fare qualcosa che sia veramente estremamente positivo per riuscire a mettere tutti insieme. Il dialogo è una cosa straordinaria; bisogna assolutamente rimetterlo in auge e cercare di vedere dove fino ad ora la cosa non ha funzionato, perché sono 60 anni che il Burundi passa dai massacri, alle dittature, alle guerre,… non è possibile: bisogna cambiare qualcosa. Aiutateci soprattutto a vivere in pace. Questa è la cosa essenziale.








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