2015-05-07 14:09:00

Omicidio Stradale, cambia ddl: revoca patente fino a 30 anni


Revoca della patente fino a 30 anni per il pirata che provoca la morte di una persona. Lo prevede un emendamento presentato ieri dal relatore Pd Giuseppe Cucca che cambia il ddl sugli omicidi stradali. La notizia giunge mentre a livello mondiale si celebra la settimana per la sicurezza stradale, ignorata però da istituzioni e media nonostante le vittime under 18 siano ogni anno 186mila. Invoca un’inversione culturale Giuseppa Cassaniti presidente dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada che, al microfono di Paolo Ondarza, esprime apprezzamento per le modifiche al ddl:

R. – Chi uccide gli altri non deve avere più la possibilità di guidare! La cosa che ci sembra importante è che nei politici sia passata l’idea che il diritto a guidare non è una cosa definitiva: si può anche perdere. Non è un diritto naturale, è un diritto acquisito. Al diritto alla guida corrisponde il dovere di osservare le norme.

D. – Voi, nel tempo, avete lanciato varie proposte. Tra le tante quella di rivedere la perdita dei punti della patente…

R. – Sì. Nelle modifiche al Codice della Strada è prevista la sostituzione della decurtazione con una somma pecuniaria. Questo assolutamente non lo condividiamo! Deve essere chiaro che allorquando si trasgrediscono le norme, quei punti che sono stati tolti non si recuperano più. E questo è finalizzato alla prevenzione: a dare cioè alla persona la possibilità di modificare il proprio comportamento al fine di non creare incidenti. Se non osserva le norme, la patente potrà anche perderla! Perché è vero che le istituzioni debbono garantire la sicurezza, ma le persone debbono essere educate ad avere comportamenti di rispetto per gli altri.

D. – E’ una battaglia costante, forse anche estenuante da parte vostra, per cambiare proprio un modo di pensare delle persone. Perché purtroppo si parla di sicurezza stradale in Italia solo quando c’è una vittima…

R. – C’è la Giornata mondiale del ricordo delle vittime della strada e l’Onu dice che i governi dovrebbero assumerla, questa giornata, come propria. Io, come presidente dell’Associazione italiana familiari vittime della strada, ogni anno ho chiesto ai nostri politici – il presidente della Repubblica, del Consiglio… - di fare propria la Giornata mondiale del ricordo delle vittime. Ebbene, io non ho avuto mai risposta! Anche se non mi rispondono io le comunicazioni le faccio, perché queste comunicazioni alle quali non ci sono risposte sono cartine di tornasole per dire che la democrazia non è vissuta pienamente, che veramente non c’è un impegno per migliorare la civiltà nella società.

D. – E non rincuora il fatto che la Settimana mondiale della sicurezza stradale è in corso da ieri, ma quasi nessuno ne parla

R. – Anche questo non le sembra proprio una indicazione precisa che non ci sia veramente la sensibilità!

D.  – I cittadini devono essere consapevoli che guidando un’auto sono in possesso di un’arma e che – come vi scrisse Giovanni Paolo II – “una vittima di un incidente stradale non è un errore fatale da pagare al progresso”.

R. – No! No, da pagare al progresso!

D.  - Troppa distrazione ancora al volante, troppi smartphone alla guida…

R. – Il progresso non può mietere vittime! Se gli incidenti sono diminuiti vuol dire che se c’è un impegno serio delle istituzioni possono diminuire ancora di più, fino a raggiungere la visione zero. Perché è possibile!

D. – Gli incidente diminuiscono, la strage continua…

R. – Strage significa che quest’anno sono morte 3.800 persone; l’anno precedente ne sono morte 4.000 e poi 4.500… Quindi si assommano ogni anno.

D. – Lei sta fornendo dati italiani. Dati dell’Oms ci dicono che ogni anno 186 mila under 18 muoiono sulla strada. Ecco, a livello globale, l’Italia si colloca peggio rispetto ad altri Paesi?

R. – Se non ricordo male, al 14.mo posto. E’ un po’ nella situazione mediana.

D. – Questa inversione culturale deve essere estesa a tutta la popolazione: non deve essere solo una esclusiva di chi, come lei, si fa portavoce del dramma vissuto sulla propria pelle…

R. – Bisogna trasformare il dolore in una proposta di cambiamento e il cambiamento è culturale, etico ed organizzativo. Al primo posto non ci può stare il denaro! Ci deve stare la convinzione del valore umanistico della società. Quando capita una situazione di questo genere, lei esce dalle convinzioni di sicurezza che aveva e quindi si parametra la vita secondo idee diverse. Io non avrei mai potuto pensare che una figlia di 18 anni mi venisse uccisa sotto la porta di casa… E, tra l’altro, l’avevo fatta uscire proprio io per farla distrarre, perché mi aveva portato una pagella di 8 e 9… Chi l’ha uccisa era il figlio di un tizio… C’è stata la sostituzione del conducente alla guida, però la giustizia non lo ha accertato questo! Ma è chiarissimo negli atti processuali… Veda lei se questi abusi si possono sopportare? Tutti sanno chi ha ucciso Valeria Mastrojeni! Ma non è la persona che ha perseguito la giustizia! Allorquando non si deve espiare alcuna pena, ciascuno si può anche prendere la responsabilità di una cosa perché ne ha tutto da guadagnare: soldi non ne deve pagare, pene non ne deve espiare… Quando uno fa un favore di questo genere è chiaro che ha un tornaconto!








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