2015-05-03 09:25:00

Progetto Arca. A Milano alloggi di design per i senza dimora


Apre le porte il primo centro di accoglienza per persone senza fissa dimora, progettato secondo il social design. Architetti, creativi e antropologi hanno contribuito a costruire gli spazi del dormitorio che si trova a Milano. Fa parte del progetto Arca, Associazione che da più di 20 anni si dedica all’assistenza delle persone bisognose. Maria Cristina Montagnaro ha chiesto ad Alice Stefanizzi, di progetto Arca, in cosa consista il social design:

R. – L’idea è che dei designer e degli architetti possano rendere degli spazi di accoglienza non soltanto belli, non soltanto interessanti dal punto di vista del design, ma utili per processi di reintegrazione sociale per persone bisognose, nel nostro caso – per esempio – per persone senza dimora. E questo, per esempio, riguardo ai colori: abbiamo chiesto alle persone che sarebbero andate a vivere in quei luoghi, agli operatori e ai volontari, quali potevano essere i colori che accompagnassero la persona verso processi di serenità e di ripensamento della propria vita.

D. – Quali sono questi colori?

R. – E’ stato scelto il verde: quindi, tutto è stato creato sulle linee verde. Abbiamo pitturato delle grandi foglie sulle pareti, abbiamo fatto una colonna verde con moltissime piante appese, anche i letti sono verdi… Il verde, nell’ottica dell’udienza, da una parte significa serenità e momento di riflessione e dall’altra significa: visto che sono in uno spazio chiuso e deve rimanerci per un determinato periodo di tempo, la possibilità di avere delle piante e qualcosa che rimandasse al mondo, alla natura, a tutto ciò che è c’è al di fuori e che all’interno delle mura non si può.

D. – Quali sono le storie che hanno gli ospiti?

R. – Sono persone che provengono da un passato in strada, un passato che è poi sfociato anche in problemi di alcoolismo o di dipendenza da sostanze. Sono persone che hanno perso tutto all’improvviso per i motivi più svariati – dalla mancanza del lavoro al divorzio, a problemi di salute – e che improvvisamente si sono trovati senza sostegno a vivere per strada, giorno dopo giorno, e che hanno finito anche per abusare anche di sostanze o alcool.

D. – Quante persone ospitate?

R. – Al momento 18.

D. – In che modo è stata utile la collaborazione con l’università e quindi con gli studenti?

R. – Essenziale dal punto di vista della ricerca, sia antropologica che architettonica, perché finalmente poniamo su basi scientifiche la nostra idea di ristrutturazione di spazi. D’altra parte, gli studenti sono stati molto utili perché ci hanno proprio aiutato a realizzare tutto. In particolare, gli studenti di design e di architettura sono stati, assieme agli ospiti, le persone che hanno materialmente colorato le pareti e costruiti gli spazi stessi.

D. – E’ un progetto estendibile in altre parti di Italia?

R. – E’ un progetto estendibile e infatti è già esteso in altre parti di Italia. E' nato a Torino ma è stato poi portato a Verona, ad Agrigento e infine qui a Milano. E’ sempre l’équipe torinese che, insieme con le realtà dei vari luoghi e delle città nelle quali va ad operare, si muove su questi centri di accoglienza. 








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