2015-05-02 14:02:00

Siria: anche l'Iran alle consultazioni di Ginevra


Ancora violenti combattimenti in Siria. Aspre battaglie si registrano nelle provincie di Latakia e di Aleppo, dove oltre 60 civili sono morti nei bombardamenti effettuati sia ribelli sia dalla coalizione internazionale. Intanto, sale l’attesa per lunedì, quando a Ginevra riapriranno le consultazioni sulla crisi siriana, alle quali parteciperà per la prima volta una delegazione dell’Iran. Il servizio di Marco Guerra:

Aleppo e la sua provincia sono il teatro degli scontri più duri degli ultimi giorni. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, almeno 52 civili, tra cui 7 bambini, sono morti a causa di un raid aereo della coalizione internazionale a guida Usa sul villaggio di Birmahle, nella parte settentrionale della provincia. Nella città di Aleppo altri 14 civili hanno perso la vita nei bombardamenti dei ribelli su un quartiere controllato dai governativi. Si combatte anche a Latakia dove l’esercito di Damasco rafforza le sue posizioni. Intanto, sul fronte del sedicente Stato Islamico, continuano a rimbalzare le voci sul grave ferimento del califfo al-Bagdadi. Una situazione che ha portato - secondo alcuni media arabi - alla nomina di un nuovo capo: Abu Alaa al Afri. E la comunità internazionale guarda a Ginevra, dove lunedì riapriranno le consultazioni sulla crisi siriana condotte da Staffan de Mistura. Ma per sapere con quali premesse si arriva a questi incontri, il commento di Alessandro Politi, analista ed esperto dell’area:

R. – E’ un incontro di preparazione a dei negoziati perché la situazione sul terreno è estremamente difficile e fluida e l’idea di Staffan de Mistura, che è un negoziatore molto esperto, è quella innanzitutto di fare in modo che le diverse parti interessate al conflitto riescano ad essere sentite e a poter cominciare a scambiare punti di interesse. Soltanto quando ci sarà questa prima ricognizione - che non è affatto rituale perché la situazione è molto difficile in Siria - allora si potrà vedere se ci saranno negoziati più concreti. Anche perché ci sono pregiudiziali molto forti da parte di alcuni gruppi che dicono: se il governo Assad non se ne va via subito non iniziano nemmeno i negoziati.

D. – Per la prima volta ci sarà una delegazione dell’Iran. Però rimane il fatto che il Califfato non si siederà mai a un tavolo di trattative. Chi sono i soggetti con cui iniziare a parlare di un negoziato?

R. – La risposta più pirandelliana sarebbe: tutti e nessuno. Il Califfato chiaramente vuole costituire un’entità statale a cavallo tra l’Iraq e la Siria e vuole espandersi, quindi non è un attore interessato alle trattative, ma altri potrebbero esserlo. Se non ci sono trattative non si riescono nemmeno a stanare quella serie di gruppi islamisti che di tanto in tanto da alcuni media vengono dipinti come alternative moderate. In realtà nelle guerre civili di moderato c’è poco. Quindi, è necessario vedere concretamente, parlando e andando a porre le domande giuste ai diversi interlocutori per capire a che gioco si gioca. Soltanto dopo si potrà cominciare a fare qualcosa di parziale o di più completo e forse isolare politicamente e diplomaticamente il sedicente Stato islamico.

D. – Nel frattempo sul terreno ancora violenti combattimenti: il quadro sembra cambiare poco…

R. – La situazione sul terreno sta cambiando e certamente in modo non favorevole, almeno in apparenza, per negoziare un cessate il fuoco o l’inizio di una serie di trattative di pace. Il governo è riuscito a mantenere, a consolidare il suo asse centrale fra Tartous, Latakia e Damasco, che è indispensabile per i rifornimenti via mare. Al tempo stesso sta cominciando a perdere alcuni dei suoi avamposti e la perdita di questi avamposti di per sé non è decisiva ma nel frattempo ha per esempio fatto espandere il controllo dello Stato islamico, il controllo dei curdi, il controllo di altre fazioni genericamente chiamate “opposizioni al regime”. Quindi il regime non è riuscito a ottenere una vittoria decisiva perché non ce la fa. I ribelli non sono riusciti a ottenere una vittoria decisiva ma nel frattempo ognuno sta consolidando le sue posizioni e sta cercando possibilmente di fare uno sgambetto a possibili alleati. Da questo punto di vista qualcosa è cambiata ed è cambiata in peggio,

D.  – E intanto continuano a rimbalzare le voci sul grave ferimento del califfo al Baghdadi. Cosa può comportare un cambio di leadership del Califfato qualora fossero confermate queste voci?

R.  – Non si può sperare che il Califfato venga semplicemente decapitato. Non lo è stata Al Qaeda dopo la morte di Bin Laden, nonostante questo fosse un "messaggio significativo", e non lo sarà nemmeno il Califfato, che per essere veramente sconfitto ha bisogno di un cambio di relazioni politiche, innanzitutto all’interno dell’Iraq, perché laddove lo Stato è debole, laddove lo Stato non è terzo rispetto alle varie fazioni e famiglie, allora il jihadismo si insinua e crea le sue entità parastatali.








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