2015-04-27 14:51:00

Un alpinista italiano sull'Everest: salvi per miracolo


Il terremoto ha colpito duramente anche le montagne del Nepal. Numerosi i morti, tra cui anche almeno quattro italiani, a causa delle valanghe provocate dal sisma. Si è invece salvato un altro gruppo di cinque alpini italiani in un campo base dell’Everest. Ascoltiamo la testimonianza del trentino Marco Sala, raggiunto telefonicamente da Emanuela Campanile:

R. – Abbiamo lasciato il campo base dell’Everest da due giorni … lì c’è una distruzione totale. Le tre scosse violentissime di terremoto hanno causato dei crolli e delle valanghe in tutto l’anfiteatro sovrastante il campo base, che si trova a circa 5.300 metri d’altezza, e hanno spazzato via gran parte delle tende e delle installazioni che c’erano al campo base, delle spedizioni provenienti da tutto il mondo. Noi ci siamo salvati grazie alla provvidenziale presenza di un saracco alto 5 metri, posto dietro il nostro accampamento: siamo praticamente dei miracolati!

D. – Cosa è un “saracco”?

R. – E’ un muro di ghiaccio all’interno della morena dove si monta il campo base, alto 5-6 metri, che ci ha salvato la vita perché la valanga è scesa a una velocità di oltre 200 km l’ora, mista a ghiaccio, rocce e ha spazzato come un uragano tutto il campo base. La scena era terribile: sembrava una scena di guerra. Non c’era più una tenda in piedi, tutto era stato spazzato via … Ci siamo attivati per i primi soccorsi. Veramente, scene raccapriccianti: una cosa del genere non avrei mai immaginato che potesse accadere nella relativa sicurezza di un campo base come è il campo base dell’Everest.

D. – Per quanto riguarda i soccorsi, come stanno procedendo? Perché dalle ultime notizie sappiamo che ci sono difficoltà …

R. – Per quanto riguarda i soccorsi, sono stati pressoché ultimati in quanto le forti scosse sono venute in concomitanza con una forte perturbazione, quindi stava nevicando. Gli elicotteri in quella giornata non si sono potuti avvicinare. Si sono avvicinati invece nella mattinata del giorno dopo, rischiando anche molto, perché c’era molta nuvolaglia bassa, attaccata alle pareti; hanno visto la situazione e hanno iniziato a fare la spola con i feriti più gravi, trasportandoli non so dove, se a Lukla o a Kathmandu … Però, la situazione è tragica, anche negli ospedali. Hanno fatto la spola tutto il giorno: c’erano tre elicotteri, tra cui anche un elicottero militare nepalese. Adesso su, purtroppo, ci sono solo i corpi dei morti, avvolti nei teli: si parla di una quindicina o forse più di morti, solo al campo base, senza considerare tutti gli alpinisti che sono scomparsi nell’“icewall” che sale dal campo base, il campo 1: lì c’erano 50-60 persone e di quelle al momento non sappiamo nulla.

D. – Quindi voi quando contate di scendere a valle?

R. – Nei prossimi giorni scendiamo sicuramente. Ma il problema è che anche nella Valle del Khumbu non c’è acqua e quindi sa benissimo quali sono i problemi legati alla mancanza di acqua: può scatenarsi il colera da un momento all’altro … Quindi, per il momento noi stiamo su, alti nella Valle, dove sicuramente la situazione è migliore. Poi vedremo il da farsi, perché a Lukla è il punto più vicino dove atterrano i piccoli aerei: è tutto bloccato, ci sono migliaia di persone che vorrebbero volare via, poi, all’aeroporto internazionale di Kathmandu, ma voli non ce ne sono e quindi per scendere a valle a piedi ci vogliono ancora quattro-cinque giorni, una settimana. Tutti stanno aspettando lì, accalcati … Non vorremmo aggiungerci anche noi a questa situazione pericolosa che c’è anche a Lukla.








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