2015-04-27 14:54:00

Burundi, terza candidatura Nkurunziza esaspera opposizioni


La pace in Burundi a rischio dopo l’annuncio fatto sabato scorso da Pierre Nkurunziza, presidente in carica già da due mandati, di candidarsi alle prossime elezioni del 26 giugno, contravvenendo agli accordi di Arusha, che misero fine ad una guerra civile interetnica tra Hutu e Tutsi, durata 13 anni, dal ’93 al 2006. Già ieri l’opposizione è scesa in piazza nella capitale Bujumbura, e negli scontri tra diverse migliaia di manifestanti e polizia sono rimaste uccise due persone. Roberta Gisotti ha contattato a Bujumbura padre Claudio Marano, sacerdote saveriano, responsabile del Centro Giovani Kamenge, impegnato da 25 anni a promuovere la convivenza pacifica:

R. – Il clima è molto teso. Anche oggi la gente è nelle strade. La colpa non è solamente del partito (Cndd-Fdd) che è al governo, ma anche dell’opposizione, che ha la stessa colpa. Quando hanno fatto la guerra per 13 anni, la colpa non era dei tutsi o degli hutu: la colpa era dei tutsi e degli hutu, quindi era dell’esercito e dei ribelli, perché loro utilizzavano la popolazione per andare al potere. Questo era il motivo: non per liberare nessuno, per andare al potere. Allora, queste elezioni sono elezioni di tutto il compendio politico, vale a dire dei gruppi di chi comanda il Comune fino a chi deve andare all’Assemblea fino a chi deve andare al Senato, fino a chi deve essere presidente della Repubblica. E naturalmente, in questi anni – in questi 10 anni dopo le prime elezioni – il partito al governo non ha mai voluto dialogare con l’opposizione e l’opposizione non ha mai voluto dialogare con il partito al governo, e questo è il guaio assoluto di tutta questa storia.

D. – Ecco, questa decisione di ricandidare il presidente uscente era prevista, era nell’aria? E qualcosa si poteva fare per non forzare?

R. – Certo, Erano intervenuti più volte anche l’Onu, la comunità europea, gli Stati Uniti, l’Unione Africana e via dicendo. Ma questo non è stato sufficiente per riuscire a far comprendere al presidente attuale la gravità della situazione.

D. – Sul piano economico, oggi che stagione vive il Burundi?

R. – Una stagione molto grave. Il Burundi è uno dei tre Paesi più poveri del mondo, è al terzo posto tra i Paesi più corrotti del mondo. E’ una situazione gravissima, perché la gente che è al governo non è stata capace di risolvere alcun problema: né il problema dell’agricoltura, che è l’unica cosa che fa entrare i soldi in Burundi, né il problema delle fonti energetiche, né il problema del lavoro, né il problema delle scuole, né il problema della sanità… niente. Noi qui siamo k.o., nel senso che siamo uno dei Paesi più poveri del mondo, non abbiamo niente!

D. – Lei è responsabile di un progetto particolare che va a contrastare questa contrapposizione di etnie, a contrastare questa mancanza di valori, anche di senso civico, che sono assolutamente necessari in democrazia…

R. – Sì, il nostro è un progetto che lavora esattamente sui giovani, ma non lavora soltanto con grandi parole, ma lavora nella situazione di tutti i giorni. Vale a dire: i giovani – oggi siamo a 44.500 iscritti in 25 anni – vengono al Centro e svolgono delle attività, che sono attività giovanili: canto, orchestra, informatica, lingue, film, biblioteca, tutti gli sport e così via. Facendo queste attività, loro stanno insieme ad altri giovani che vengono dal resto della città e questi, negli anni, li abitua a essere persone capaci di vivere con tutti. Il problema del Burundi prima di tutto è il problema etnico – la guerra dei tutsi contro gli hutu o degli hutu contro i tutsi – adesso è un problema partitico. Poi, un giorno o l’altro arriverà qualche altro problema, magari il problema religioso o altre cose. Perché quando uno è abituato a farsi valere, solamente perché mostra i denti, non funziona. Allora, noi cerchiamo di abituarli a essere un futuro grande per il Burundi, che è il futuro della pace.








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