2015-04-21 13:11:00

Attacco kamikaze in Somalia. Unicef: vittime Onu sono eroi


Somalia sempre più nel caos. Oggi un nuovo attentato nella capitale Mogadiscio ha ucciso - secondo un primo bilancio - 10 persone, decine i feriti. Un kamikaze a bordo di un'automobile si è schiantato contro un ristorante. Solamente ieri a Garowe, capitale amministrativa della regione semi autonoma del Puntland, gli estremisti islamici Al Shebaab hanno attaccato un convoglio Onu uccidendo 7 uomini, tra cui 4 impiegati dell'Unicef. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Andrea Iacomini portavoce di Unicef Italia:

R. – La Somalia è uno dei territori più difficili al mondo e proprio in questo momento la nostra organizzazione è fortemente concentrata in programmi di istruzione. Questo è fortemente collegato all’attività nefasta che viene fatta poi da Shabaab, cioè distruggere tutto ciò che consente o chiunque lavora per istruire bambini: per insegnare loro i propri diritti e insegnare loro quali siano le giuste scelte da fare nel futuro. Purtroppo, quindi, le persone di questo staff che sono state uccise e che - voglio ricordare - non sono vittime ma eroi, sono state uccise mentre lavoravano a questi progetti di istruzione in gran parte delle zone della Somalia. La novità in questo senso di questo attentato è che non avviene nelle zone dove spesso gli Shabaab hanno compiuto attentati, ma nel Puntland che è la faccia più "pacifica" di questo pezzo di Africa.

D. – Oggi un altro attentato a Mogadiscio, alcuni giorni fa anche al ministero dell’istruzione. La Somalia sembra una terra fuori controllo. Qual è il futuro?

R.  – E’ un futuro che non vedo roseo anche se la Somalia qualche mese fa ha dato un grande segnale alla comunità internazionale ratificando la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che è il trattato più ratificato del mondo, mancavano soltanto la Somalia e gli Stati Uniti: il passo è molto grande. Vuol dire sicuramente una maggiore attenzione da parte del governo a meccanismi di protezione. Non dimentichiamo che i primi articoli della Convenzione obbligano gli Stati membri ad attività di protezione, di sanità, di attenzione a tutte le problematiche inerenti all’infanzia e che non vanno trascurate.

D. – La firma è sicuramente importante ma il fatto che il governo non abbia praticamente presa sul Paese, in sostanza, sembra una dichiarazione di intenti senza esito…

R. - E’ ancora presto per dirlo, però non neghiamo che la Somalia, dal punto di vista del reclutamento dei bambini e dal punto di vista della situazione interna - basti ricordare che a Mogadiscio ormai si parla di colpi di arma da fuoco dalla mattina alla sera – si trova in una situazione molto complessa. Non voglio dire una situazione compromessa perché i nostri operatori continuano a lavorare in questi territori malgrado tutto. Però è probabilmente una delle zone più a rischio di tutto il mondo e non è un caso che sulle nostre coste tante persone arrivino proprio dalla Somalia. Quindi non c’è dubbio che il percorso sia difficile.

D. – Le missioni internazionali sono presenti nel Paese, questo non sembra bastare. Come intervenire?

R.- L’intervento consiste nel continuare a proteggere i bambini, ad avere maggiore attenzione a quello che sta accadendo nel Paese e questo non dipende soltanto dal governo che è un esecutivo  in grande difficoltà, ma dipende anche da un grandissimo impegno della comunità internazionale.








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