2015-04-19 15:28:00

Mons Marayati: ad Aleppo si sopravvive tra morti e macerie


Una delle "icone" più dolorose del conflitto siriano è certamente la città di Aleppo, che da anni vive una condizione di assedio che ha portato la popolazione allo stremo, gran parte della quale è fuggita. Anche di recente è stata colpita da una serie di violenti bombardamenti che hanno ridotto molti dei suoi quartieri a un cumulo di macerie, come racconta, al microfono di Michele Raviart, il vescovo armeno-cattolico di Aleppo, mons. Boutros Marayati:

R. – Come ha detto il Santo Padre, a noi membri del Sinodo armeno-cattolico, Aleppo è una città martire: è veramente questo perché non solamente mancano l’acqua, la luce, le medicine, ma hanno anche cominciato a bombardare con razzi molto sofisticati ai quali non siamo abituati. Perciò, sono stati giorni di apocalisse e la gente ha cominciato a fuggire. Questo è molto grave perché ormai la gente ha paura e cerca di andare altrove, dove si può. Non possono andare in Libano, non possono andare in Turchia… Stanno andando verso il litorale dove la situazione è più serena.

D. – Come sta reagendo la città a questo inasprimento del conflitto?

R. – Noi ad Aleppo ci sentiamo un po’ abbandonati e stiamo lanciando gridi di allarme per ricevere aiuto: non aiuto per mangiare - ne abbiamo abbastanza -, ma per un cessate il fuoco. Vogliamo che ritorni la pace ma purtroppo tutto questo non è successo e si continua a combattere, a ricevere razzi e la morte sta lì… C’è tanto sangue, tanti bambini, tante vittime… Come ho sentito dalla mia diocesi ci sono ancora salme che sono sotto le macerie e stanno scavando.

D. – Le ultime notizie parlano di oltre 700 famiglie cristiane che hanno lasciato Aleppo, ce lo può confermare?

R. – Tanti hanno lasciato, non posso dire se sono 700-800, ma sappiamo che già prima più della metà della popolazione cristiana, armena e anche musulmana, ha lasciato Aleppo. Ma adesso, dopo questo colpo molto forte, anche la metà di quelli che erano rimasti è fuggita. Prima venivano da noi e dicevano: “Rimaniamo o andiamo?”. Noi sempre abbiamo detto: “Aspettate, aspettate. C’è una speranza”. Ma adesso non viene più nessuno, lasciano e vanno via.

D. – Non solo Aleppo, purtroppo, ma tutti i cristiani del Medio Oriente sembrano essere sotto attacco in questo momento?

R. – I cristiani del Medio Oriente devono rimanere. Noi cristiani siamo lì, questa è la nostra terra perché la cristianità ha cominciato lì. A Damasco, Paolo è diventato cristiano e ha cominciato a predicare Gesù. Ad Antiochia, vicino ad Aleppo, i primi discepoli di Cristo sono stati chiamati cristiani, come è scritto negli Atti degli Apostoli. Allora, noi vogliamo rimanere ma chi, chi, ci protegge?

D.  – Gli ultimi bombardamenti hanno poi abbattuto alcune chiese…

R.  – E’ stata colpita la mia cattedrale armeno-cattolica e la cupola, il tetto, tutto è caduto per terra perché, come ho detto, sono grandi missili che arrivano, ormai. Anche la cattedrale maronita, la cattedrale greco-melchita sono state distrutte. Infatti, è un quartiere di chiese, un quartiere di cristiani. Noi abbiamo ad Aleppo cinque chiese armeno-cattoliche. Una è stata già presa, tre anni fa l’hanno bruciata e ne sono rimaste quattro. Adesso la cattedrale è stata colpita. Ci rimangono tre chiese e spero che non siano colpite da qualche razzo…








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