2015-04-18 12:57:00

Yemen, Obama al re saudita Salman: soluzione crisi coordinata


Ieri, il presidente statunitense, Barack Obama, si è confrontato con il re Salman d'Arabia Saudita sulla situazione in Yemen, suggerendo una soluzione politica coordinata dalle Nazioni Unite che coinvolga tutte le parti. Sul fronte opposto, il governo iraniano chiede all'Onu un piano di pace che ponga fine alle operazioni saudite sui ribelli Houti. Il tentativo statunitense di internazionalizzazione della questione yemenita sembrerebbe risolutivo nell'evitare un coinvolgimento militare maggiore. Claudia Minici ha intervistato Giuseppe Dentice, analista delle relazioni internazionali del Medio Oriente presso l'Ispi:

R. - Un tale intervento innanzitutto comporterebbe il coinvolgimento della comunità internazionale e quindi la possibilità di adottare una soluzione politica a un tentativo di soluzione prettamente militare, che è quello che è stato adottato dalla coalizione arabo-sunnita a guida saudita. In questo modo, il tentativo è quello di portare su un piano prettamente diplomatico una questione che ha vari risvolti e che rischia di allargarsi e coinvolge più attori. Tanto per essere più chiari: il rischio di vedere coinvolto, sotto versioni non ufficiali, l’Iran è sempre maggiore e quindi il problema è che una situazione di caos in Yemen potrebbe ampliarsi sempre di più in altri contesti dove è presente già uno scorso settario tra sciiti e sunniti. Quindi, il tentativo di Obama è quello di tenere a sé i sauditi rassicurandoli.

D. - Il governo iraniano ha inoltre presentato al segretario generale dell’Onu un piano di pace per porre fine all’operazione saudita sui ribelli houthi…

R. - Il tentativo iraniano rientra in questa logica di cercare di tutelare le minoranze sciite presenti nel Paese, in questo caso gli houthi. Tutto questo discorso rientra sempre in questo problema di scontro tra sunniti e sciiti. La proposta iraniana è volta semplicemente a tutelare i suoi interessi all’interno del Paese e quindi dell’area Golfo. Allo stesso modo, come faceva e ha fatto fino ad adesso l’Arabia Saudita e la coalizione arabo-sunnita imponendo ad esempio l’embargo sulle armi agli houthi. Questa era una risoluzione che ha approvato il Consiglio di sicurezza pochi giorni fa. Quindi, specularmente all’attivismo diplomatico saudita si muove allo stesso modo quello iraniano.

D. - Quale delle due proposte si prospetta di maggiore successo?

R. - Probabilmente, in questo caso, se dovesse passare la proposta Obama, il tentativo di coinvolgimento e di internazionalizzazione della questione yemenita all’interno di un quadro diplomatico potrebbe essere favorevole e risolutivo perché, da un lato, si porta l’Arabia Saudita a evitare un coinvolgimento militare sempre maggiore, in una situazione comunque abbastanza caotica. Infatti, non c’è solo una questione sciiti-sunniti all’interno dello Yemen, ci sono diversi piani paralleli di instabilità che coinvolgono numerosi attori. Quindi, provare a imporre una soluzione politica a una questione solo militare è un tentativo anche di semplificare un quadro già abbastanza ingarbugliato. E’ possibile che un tentativo di soluzione diplomatica potrebbe avere un risultato di maggiore successo. La chiamata ad esempio di Obama al re Salman, che è avvenuta ieri, in cui si proponeva questa possibilità, avveniva all’interno di un quadro molto più ampio, ossia l’invito ufficiale dell’Arabai Saudita dei Paesi del GCC (Consiglio di Cooperazione del Golfo) a Washington il 13 e 14 maggio prossimi per discutere delle questioni mediorientali e più precisamente, sì, dello Yemen ma anche dell’Iran e del negoziato nucleare. Quindi, è importante per gli Stati Uniti cercare di tenere a sé l’Arabia Saudita rassicurandola e dicendo che ci sono anche soluzioni che non sono quelle militari.








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