2015-04-08 08:17:00

Yarmouk: 3.500 bambini intrappolati. L'Onu chiede di entrare


E’ una lotta contro il tempo per salvare le migliaia di palestinesi del campo siriano di Yarmouk, a Damasco, assediati dalle truppe di Assad e sottoposti alla violenza del sedicente Stato islamico e del Fronte al Nusra. Migliaia i bambini intrappolati, le organizzazioni umanitarie lanciano l’allarme e chiedono di poter portare sostegno alla popolazione ridotta alla fame e alla sete. Servizio di Francesca Sabatinelli:

Sono incontrollate le voci circa la sorte dei palestinesi rifugiati nel campo siriano di Yarmouk, in un sobborgo di Damasco. L’Unicef parla di una nuova Srebrenica, con testimonianze che denunciano l’uccisione di circa mille persone, corpi oltraggiati e atrocità contro civili inermi. Difficile però capire cosa stia accadendo, in quello che più che un campo è un vero e proprio quartiere, stretto tra i bombardamenti del fedeli di Assad e i combattimenti tra l’Is e le fazioni palestinesi. 3500 i bambini intrappolati, 18mila in tutto le persone chiuse a Yarmouk, assediate ormai da circa due anni, senza cibo né acqua né medicine, con cecchini ovunque e l’impossibilità per gli operatori umanitari di soccorrere i feriti. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu preme perché sia garantito l’accesso per la consegna di aiuti umanitari. Marina Calvino, segretario generale di Unrwa Italia, l’agenzia Onu per i profughi palestinesi:

R. – Ci è negato l’accesso al campo per la distribuzione di aiuti umanitari, cosa che purtroppo è successa già in passato. L’ultima distribuzione è avvenuta il 30 marzo. L’accesso è gestito dalle forze governative che circondano completamente l’area del campo che è un quartiere di Damasco, un vero e proprio sobborgo periferico, considerato luogo strategico per le varie forze in campo. Ma è anche un luogo in cui la debolezza della popolazione è arrivata a un punto di non ritorno, per cui è imprevedibile quello che può accadere al suo interno. E’ una situazione drammatica, di grande confusione, in cui i civili sono quelli che subiscono le maggiori conseguenze.

D. – Sono migliaia le persone che sono intrappolate tra i governativi da una parte e l’Is dall’altra…

R. – Esatto, fino a poco tempo fa erano 18 mila i rifugiati palestinesi bloccati all’interno del campo. Ho avuto notizie non ufficiali che, tra ieri e oggi, alcuni di loro sono riusciti a scappare in un corridoio estemporaneo. Ma quello che chiediamo noi è di poter avere l’accesso al campo per permettere quello che è il nostro mandato per la protezione dei rifugiati palestinesi e l’evacuazione di quelli che vogliono lasciare il campo quanto prima perché temono la loro sicurezza.

D. – Quali sono le emergenze di oggi, ma che sono poi quelle anche di mesi fa, del campo?

R. – E’ un anno che Yarmouk è completamente circondato. L’esigenza è quella di distribuire gli aiuti alimentari. Noi siamo riusciti a raggiungere con l’ultima distribuzione soltanto una quantità di calorie pro capite che ammonta a circa 400, quando normalmente il dispendio energetico dovrebbe coprire 2.000-2.100 calorie. Quindi, questo vuol dire che è necessario per noi avere un accesso più frequente, più regolare, e avere il tempo di distribuire maggiori razioni alimentari, acqua potabile soprattutto, perché al momento non c’è acqua potabile, né medicinali. La popolazione sta anche morendo delle patologie normalmente curabili con un semplice antibiotico, una semplice medicina. Questa popolazione sta morendo, giorno dopo giorno, intrappolata in un embargo che deve essere sciolto a livello politico. Per questo motivo, abbiamo fatto appello al Consiglio di sicurezza proprio ieri, nella persona del commissario generale dell’Unrwa, affinché tutte le parti, non solo quelle in conflitto, ma tutta la comunità internazionale, risponda al nostro appello di trovare una soluzione a questa crisi che è estremamente complessa e che necessita dell’aiuto e del coinvolgimento di tutte le parti in causa: non solo della comunità internazionale ma anche di soggetti che possano ispirare a livello religioso, a livello morale, qualsiasi soggetto che abbia un minimo di influenza su questo conflitto che, ripeto, è estremamente complesso.








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