2015-04-08 18:01:00

Siria. Niente retorica su Yarmuk, da due anni controllato da Damasco


"Il campo di Yarmuk da circa due anni è assediato dalle truppe del regime di Damasco che ha costretto centinaia di migliaia di persone a vivere in condizioni tremende. Che oggi Damasco usi della retorica contro l’Is, pur pericolosissimo, è palese". Con il giornalista Lorenzo Trombetta, corrispondente Ansa a Beirut (www.sirialibano.com) e autore de "Siria. Dagli ottomani agli Asad. E oltre" (Mondadori università) facciamo il punto della complessa situazione in Siria.

"La novità è - riprende Trombetta - che adesso le milizie palestinesi, un'ala di Hamas rientrata sotto l’egida dell’Iran e di Damasco, si sono accordate con il regime per creare un fronte comune. In sotanza Damasco attacca dall’alto e i palestinesi da terra. Il problema però è che ovviamente a farne le spese moltissimi civili". Intanto molti miliziani di Yarmuk si sono coalizzati con l’Is che così trova fulminea possibilità di penetrazione. Il presidente turco e il suo omologo iraniano dicono che speta a Turchia e Iran il ruolo di mediazione tra le parti coinvolte nei conflitti in corso in Iraq e in Siria. "L'Iran è tornato ad essere il poliziotto buono per l’Occidente contro lo Stato Islamico - spiega - e la Turchia cerca di riposizionarsi con l’Arabia Saudita e dall'altra parte stringendo l’occhio al suo partner economico iraniano. Così questi due giganti regionali non arabi cercano di porsi come interlocutori nella questione siriana, ma anche in quella irachena e yemenita". Con quali prevedibili sviluppi? "Gli sviluppi saranno lenti e ce la faranno finché i loro interessi saranno convergenti. Sulla Siria per esempio finora sono stati discordanti. Non sullo Yemen. Dobbiamo seguire l’evoluzione di questi contatti senza aspettarci nel breve termine bruschi cambiamenti regionali. Sicuramente è un dato positivo che questi due paesi, aspri rivali negli ultimi due anni, siano tornati a parlarsi e a stringersi la mano". 

Esattamente due anni l'inviato Rai Amedeo Ricucci veniva rapito, insieme ad altri tre giornalisti, nel nord della Siria. A quattro anni dall'inizio della guerra, ha realizzato un reportage proprio sui campi profughi ed è in procinto nei prossimi giorni di tornare al confine siro turco. Anch'egli denuncia la scoparsa nei media del dato che riguarda il fatto che il campo di Yarmuk è sotto assedio da due anni perché i palestinesi si sono in gran parte schierati contro le milizie. "Dimentichiamo che i siriani sono le prime vittime dell’Is. Intanto si restringono gli operatori umanitari sul campo perché i paesi donatori che una volta erano stati particolarmente generosi con i profughi siriani, cominciano a lesinare i fondi con conseguenze gravisssime per le loro condizioni". 

"Temo che avremo a che fare con l’Is per molto tempo. Ma dobbiamo distinguere - precisa - le dinamiche militari sul terreno (come l’Is governa le zone che controlla e come combatte contro gli altri gruppi coalizzando i musulmani) e le operazioni di terrore mediatico che fanno (le decapitazioni, la persecuzione delle minoranze...)". La sua forza? "L’Is ha una grande capacità di muoversi in un territorio sterminato e si muove e si fa vedere in modo da occultare le proprie sconfitte fra gli scenari di Siria e Iraq". Sull'opzione militare Ricucci commenta che "può avere un senso ma non è la soluzione che permette di battere la sfida che ci pone l’Is. Io temo che ci sarà qualcun altro dopo l’Is. E allora bisogna operare una rivoluzione culturale, serve un modo nuovo di approcciarsi al Medio Oriente, non più cambiando la carta geografica a nostro uso e consumo, bensì ascoltando ciò che i popoli dicono e vogliono". 








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