2015-04-03 16:29:00

Terremoto, mons. Petrocchi:"L'Aquila parte Croce di Cristo. Serve Risurrezione spirituale gente"


L'Aquila parte viva della Croce di Cristo

"L’Aquila porta nella sua fisionomia sociale e urbana i segni di una distruzione che ha subito a causa di un sisma terribile che l’ha colpita sei anni fa". Sappiamo, afferma mons. Giuseppe Petrocchi, arcivescovo de L'Aquila, alla Radio Vaticana in uno speciale dedicato al sesto anniversario del terremoto del 6 aprile 2009 che provocò la morte di 309 persone, che Gesù, il Verbo che si è fatto carne, entrando nella storia ha assunto su di sé ogni condizione umana. Tutta la sofferenza che percorre il viaggio dell’umanità nel tempo, è fatta propria dal Figlio di Dio ed è riscattata, resa sorgente di vita". "Dunque anche le ferite che L' Aquila porta ben impresse nel suo tessuto architettonico, ma anche nel suo vissuto comunitario, tutto ciò che porta il segno di una sofferenza, è già parte viva della Croce di Cristo e quindi proiettata verso la risurrezione. È importante avvicinare il dramma che questa città ha vissuto con queste certezze che derivano dal Vangelo".

L'Aquila non ha bisogno solo di una ricostruzione muraria

"Non bastano le opere che riedificano i suoi monumenti e il suo tessuto storico, i suoi edifici. Restituire a L’Aquila questa sua reintegrazione di tipo architettonico non è sufficiente per far rivivere la città: la città deve risorgere. Questo evento è anzitutto spirituale e, proprio per questo, ha poi anche una ricaduta umana. Anche l’anima di questa città ha subito frammentazioni e lacerazioni; basti pensare che abitudini consolidate sono state interrotte. Ancora oggi, circa 15mila abitanti sono fuori dalle loro case. Si può immaginare lo sconvolgimento che queste nuove condizioni hanno provocato".

Serve una Risurrezione spirituale della comunità aquilana

"Bisogna ridare vita a questa comunità, anzi cogliere proprio dalla sofferenza che l’ha provata, la fonte per una pienezza maggiore, perché risorgere non significa soltanto ritornare alla situazione antecedente ad un dramma che si è vissuto, significa recuperare nella grazia di Dio una pienezza impensabile, inedita. Dico sempre che L’Aquila che verrà, se saprà risorgere nell’incontro con il Signore, sarà più bella e più capace di esprimere i valori cristiani e umani rispetto a L’Aquila che è stata". "Noi, continua mons. Petrocchi alla Radio Vaticana, chiediamo al Signore Gesù non soltanto che si possano ricucire gli strappi provocati dal terremoto, non solo che le sofferenze provocate dalla morte di 309 persone possono esser aperte alla consolazione: chiediamo al Signore Gesù che da questa Croce collettiva e personale possa scaturire un’interezza ed una profondità che meravigliano e che possano davvero fare de L’Aquila una città posta sul monte".

Le sofferenze vanno rispettate. Non si possdono azzerare

"Vorrei sottolineare un’altra cosa proprio nella dimensione pasquale, conclude l'arcivescovo de L'Aquila, mons. Petrocchi: spesso abbiamo, anche in buona fede, una sorta di volontà non sempre opportuna di anestetizzare il dolore, ma ci sono delle sofferenze che vanno rispettate che non possono essere azzerate. Non è vero che il tempo finisce per cancellare ogni ferita: c’è anche un diritto di soffrire e quindi c’è un dovere di rispettare questa sofferenza". "Una mamma che ha persona un figlio, un figlio che perde i genitori, un fratello che vede distrutta una famiglia, porta dentro di sé una sofferenza che può essere illuminata e redenta, quindi restituita ad un significato vero, solo dall’incontro con Gesù, il Crocifisso Risorto".

Sono ancora 13.000 le persone assistite senza casa 

"E' un numero ancora alto, commenta Luigi Vicinanza, direttore del settimanale L'Espresso, già direttore del quotidiano Il Centro (Abruzzo) negli anni del terremoto, e l'aria che si respira in città è ancora aria di spaesamento. I cittadini aquilani non si ritrovano più nella loro città. E' se come la città avesse perso la sua anima, la sua identità, la sua storia e cultura. E questo è un problema molto grave".

Per L'Aquila mancano idee valide

"Credo, prosegue il direttore de L'Espresso, Vicinanza, che una delle più grandi carenze de L'Aquila sia proprio quella della mancanza di idee, manca una grande idea di città. Il terremoto de L'Aquila è stato il più grande disastro sismico della storia italiana dell'ultimo secolo. Ma L'Aquila già prima del terremoto era in crisi d'identità, in difficoltà. La ricostruzione andava affrontata con uno spirito nuovo. Bisognava chiamare a raccolta le migliori intelligenze italiane e mondiali".

Il valore del volontariato. Il ruolo dell'Esercito italiano nell'emergenza del terremoto

"il primo sentimento che una persona prova davanti al sisma è la paura. Il terremoto non è una cosa comune". "Ma, racconta il sergente Matteo Botti, Sottufficiale del IX Reggimento Alpini de L'Aquila, in azione pochi minuti dopo la prima scossa nella notte del 6 aprile 2009 con la casa distrutta ma la famiglia salva, nel momento in cui una persona vede il prossimo in difficoltà, scatta qualcosa che non ti fa sentire paura, nè stanchezza. Non ti fa sentire dolore. Se riesci a sfondare porte blindate per salvare le persone, hai la forza dell'amore per l'altro". 

 








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