2015-04-02 12:37:00

Turchia nel caos: decine di arresti dopo gli attentati ad Istanbul


Decine di presunti militanti del gruppo  marxista Dhkp considerato fuorilegge in Turchia, sono stati  arrestati ad Istanbul all’indomani dell’attacco contro la sede della  polizia e del partito islamista Akp, in cui una donna kamikaze è rimasta  uccisa e un secondo assalitore ferito. Arresti anche in altre tre province turche. Nei giorni scorsi il black out elettrico, forse provocato da un cyber-attacco terroristico, e l’uccisione del Pm che seguiva il caso del Gezi Park, avevano già allarmato il governo. Ma che cosa sta succedendo nel Paese? Cecilia Seppia lo ha chiesto ad Alberto Rosselli, giornalista esperto dell’area:

R. – Ritengo che la Turchia stia attraversando un periodo di travaglio non indifferente, in quanto oltre ad esserci delle spinte interne da parte delle componenti fondamentaliste, ci sono anche spinte esterne. Ricordiamo che il sogno di Erdogan è quello di fare della Turchia lo Stato guida della Umma islamica, cosa che non viene condivisa assolutamente da Paesi come l’Iran, come il Qatar o come l’Arabia Saudita, che come è noto appoggiano e nutrono simpatie nei confronti dei movimenti fondamentalisti. Parlo dell’Is e parlo di al Qaeda, che agiscono anche tramite altri movimenti nazionalisti e fondamentalisti all’interno della Turchia, in funzione antigovernativa.

D. – La stampa indipendente di Ankara parla di forze oscure entrate in azione per provocare il caos prima delle elezioni previste per il 7 giugno, che sono considerate le più importanti nel Paese. Questa lettura è plausibile?

R. – E’ senz’altro plausibile. Bisogna vedere fino a che punto esiste questa consapevolezza da parte del governo turco e soprattutto da parte della presidenza. Ricordiamoci che Erdogan è presidente, ma di fatto riveste un incarico che è molto più importante di quello di una normale presidenza di una Repubblica: Erdogan ha in mano anche tutta la politica turca. Quindi, diciamo che la sicurezza della Turchia dipende dalla chiarezza stessa della Turchia nell’affrontare determinati problemi.   

D. – Sappiamo che Erdogan vuole un’ampia maggioranza per cambiare la Costituzione, per imporre un regime – potremmo anche dire – “super presidenziale” e l’opposizione in qualche modo teme invece che si trasformi in una sorta di dittatura islamica…

R. – Erdogan praticamente vuole “contarsi”. Queste elezioni sono importanti per lui, per vedere in quale misura lui riesce ancora ad incidere veramente nella politica turca, che  - ripeto - ormai è diventata molto frastagliata. La Turchia ha un’eredità - che è l’eredità di Ataturk – laicista, che però in questi ultimi anni è stata corrosa, è stata indebolita da quelle che sono state le aperture che Erdogan ha dovuto fare giocoforza nei confronti dei movimenti islamici e fondamentalisti, che non vedono assolutamente di buon occhio una Costituzione laicista. Quindi è un lavoro di equilibrismo, molto, molto difficile e probabilmente Erdogan si giocherà il tutto e per tutto in queste elezioni, per vedere chi sta con lui e chi sta contro di lui, in maniera chiara.

D. – Quanto è vicino alla Turchia il terrorismo dello Stato islamico in questo momento?

R. – Io oserei dire che è già all’interno dei confini turchi. Ormai l’Is o questi movimenti – chiamiamoli come vogliamo – destabilizzanti, non hanno ormai un recinto di tipo geografico e l’abbiamo visto in Europa, l’abbiamo visto a Parigi, l’abbiamo visto in Tunisia. La Turchia non è impermeabile: è uno Stato forte, uno Stato fortemente militarizzato, uno Stato che ha un regime di polizia molto, molto efficiente, molto, molto duro, ma non è totalmente impermeabile.








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