2015-03-26 12:18:00

Al Bari Film Festival, la lezione di cinema di Andrzej Wajda


Il decano del cinema polacco, Andrzej Wajda, ha tenuto ieri al Bari Film Festival una intensa lezione di cinema, ripercorrendo non soltanto la sua importante carriera di cineasta, ma la storia stessa della Polonia nel XX secolo, oggi pienamente inserita in Europa, una nazione in grande fermento culturale.Il servizio di Luca Pellegrini:

La Polonia, per la prima volta nella storia del suo cinema, ha vinto quest'anno con "Ida" un Oscar per il miglior film straniero. Le produzioni si moltiplicano e molti titoli riescono ad arrivare nelle sale europee. E' la dimostrazione di un fermento culturale che sta sostenendo l'immagine della Polonia in Europa. Ma molto deve oggi all'attività e al coraggio di grandi artisti che ne hanno attraversato la tragica storia. Uno di questi è l'ottantanovenne Andrzej Wajda, che nel 2000 un Oscar lo vinse per la carriera, oltre alla Palma d'Oro a Cannes per il suo "L'uomo di ferro" e altri premi a Berlino e Venezia. Prima dei suoi ricordi è stato proiettato Katyn, girato nel 2007, che rimane una delle sue opere più emblematiche, sofferte, vicine. Perché il padre, Jakub Wajda, capitano di fanteria, morì in quel massacro compiuto dai sovietici insieme ad altri 22mila ufficiali e civili. Ma vittima di quella menzogna - ha confessato - fu anche la madre, che invano lo aspettò tutta la vita, senza sapere la verità. Ha naturalmente seguito la canonizzazione di Giovanni Paolo II. Ma ha mai pensato di girare un film sul grande Papa polacco?

R. – No, io non ci ho mai pensato, anche perché non sono così vicino a questo tema. Krzysztof Zanussi è un regista polacco molto vicino a questi progetti e a questi temi e ne ha anche fatto film. Io non ci ho pensato.

D. – Nel suo ultimo film, in cui affronta la figura di Lech Wałęsa negli anni di Solidarność, si sente forte la presenza del Pontefice...

R. – Naturalmente, anche negli altri film – come “L’Uomo di ferro” – sono presenti queste tematiche che riguardano la Chiesa cattolica in Polonia, ma la sua presenza è sempre legata all'argomento principale del film, mai diretta. Non avrei il coraggio di fare un film solo sulla Chiesa cattolica in Polonia.

D. – Maestro, ha invece il coraggio di affrontare un nuovo lavoro ora?

R. – Sì, ho il coraggio di misurarmi di nuovo con il cinema. A giugno dovrei iniziare le riprese. Se si tratti di una nuova pagina nella mia vita, non lo so.

D. – Ci può dire qualcosa di questo nuovo progetto?

R. – Sì, sarà un film sugli anni ’50, quando praticamente prese il sopravvento il potere sovietico, stalinista, in Polonia e noi ci siamo ritrovati in questa situazione. Narrerà la storia di un grandissimo pittore, artista polacco, che morì totalmente nell’oblio, dimenticato, per strada. Si chiama Władysław Strzemiński l’artista di cui parlerà il film.








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