2015-03-25 13:37:00

Ai "Dialoghi in cattedrale" la testimonianza di mons. Coutts


“La libertà religiosa e la libertà d’espressione nella società multiculturale” è il tema della seconda serata dei "Dialoghi in Cattedrale" promossi dalla diocesi di Roma, che si sono svolti ieri sera nella Basilica di San Giovanni in Laterano. L’ultimo appuntamento dei tre incontri, che hanno come filo conduttore “Dio abita la città”, si svolgerà il prossimo 14 aprile su “Noi-tutti: costruire insieme la città”. Il servizio di Marina Tomarro:

“La libertà religiosa è un diritto di tutti, ma bisogna proteggerla da tutti i fondamentalismi“. E’ partita da questa riflessione del cardinale vicario, Agostino Vallini, la seconda serata dei "Dialoghi in Cattedrale". Una libertà non scontata ma spesso ostacolata e sofferta, come spiega Carlo Cardia, docente presso l’Università Roma Tre:

R. – Si vanno perdendo non solo i simboli, si va perdendo la libertà religiosa. Sono ricominciate infatti le persecuzioni in diverse parti del mondo e in Occidente è iniziato di nuovo un tentativo di silenziare la religione: una cosa più sottile, diversa dalle persecuzioni. Questo, però, è un momento di decadenza che noi stiamo vivendo e il dialogo interreligioso dovrebbe poter porre rimedio se esce però dai diplomatismi, se esce cioè da una concezione in cui non si nascondono i problemi. Le religioni se si riuniscono dovrebbero mettersi d’accordo prima nel rispettare la libertà religiosa di tutti.

D. – Quando si parla di tolleranza, la parola “tolleranza” che cosa vuol dire secondo lei?

R. – La parola tolleranza ha una tradizione alta che è quella di Locke e di Voltaire. La tolleranza in senso negativo è quella di alcuni Paesi islamici, in cui cristiani ed ebrei sono tenuti in stato di “dhimmitudine”, cioè di subalternità. Tolleranza in senso alto è quella che dovremmo cercare di raggiungere tutti quanti, che vuol dire libertà religiosa.

D. – Molto importante oggi è anche il tema dell’educazione. Qual è il modo migliore per educare i più giovani?

R. – Dirgli la verità, non nascondergli niente, comprese le immagini che fanno male, di quello che sta avvenendo ai confini di casa nostra. Questo è il primo passo, poi ci si ragiona attorno. Ma se non si dice la verità, non si introduce nessun argomento sulla libertà.

E testimone della serata è stato l’arcivescovo Joseph Coutts, presidente della Conferenza episcopale pakistana, che ha raccontato da una parte le grandi sofferenze e discriminazioni che i cristiani nel suo Paese subiscono, ma anche la solidarietà che nasce tra musulmani e cristiani come in occasione degli attentati dello scorso 15 marzo in due chiese a Lahore, dove hanno perso la vita 15 persone. Ascoltiamo il suo commento.

R. – Domenica, durante la Messa, nella mia cattedrale, un gruppo di musulmani ha fatto una catena con le mani. Sono venuti per solidarietà, per dire “noi siamo con i cristiani e vogliamo proteggerli, perché non accettiamo questa violenza contro di loro”. Tutti hanno partecipato. Dopo la Messa, andando fuori, c’erano studenti universitari e anche tante altre persone.








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