2015-03-23 13:45:00

Elezioni: Francia vince Sarkozy, discreto "Podemos" in Spagna


Si è votato ieri in Francia in 101 dipartimenti per il primo turno delle elezioni amministrative. Vince l’alleanza di centrodestra guidata dall’ex-presidente, Nicolas Sarkozy. Il "Front National" (Fn) di Marine Le Pen, dato per favorito dai sondaggi, non sfonda, ma ottiene il 25% dei voti. Perde posizioni il Partito socialista, che tuttavia non crolla. Voto regionale anche in Andalusia, nella Spagna meridionale, dove c’era attesa per il primo test elettorale del partito anti-austerity “Podemos”, risultato terzo con il 15% dei suffragi. Il servizio di Michele Raviart:

Nicolas Sarkozy rientra prepotentemente nella politica francese. L’alleanza formata dall’ex-presidente tra il suo partito Ump e i centristi dell’Udi, raccoglie circa il 32%  dei voti e sbarra la strada al "Front National" di Marine Le Pen, comunque in testa in 43 dipartimenti. I socialisti non scendono sotto il 20%, come previsto dai sondaggi, ma recuperano dal loro minimo storico del 14%, registrato alle ultime europee. “Siamo rallegrati perché il Front National non è il primo partito in Francia”, ha commentato il primo ministro socialista, Valls, appena dopo la chiusura dei seggi.“Siamo noi gli unici vincitori”, ha detto invece Le Pen, che ha sottolineato di aver preso 360 mila voti in più delle scorse europee, senza Parigi e Lione, dove non si votava. Per il secondo turno della prossima settimana, i socialisti hanno chiamato a raccolta il “fronte repubblicano” per votare in massa contro il "Front National". Sarkozy non si alleerà con il partito di governo, ma esclude ogni accordo locale o nazionale con l’estrema destra di Le Pen. In Spagna si è votato invece per rinnovare il parlamento dell’Andalusia. Ha vinto il Partito socialista, che governa la regione da oltre 30 anni. Il partito “Podemos”, alleato dei greci di Syriza, ha ottenuto sedici seggi al suo esordio elettorale.

In attesa di capire quanto questa tornata influenzerà il futuro di questi Paesi, abbiamo sentito Federiga Bindi, docente di Politica europea al centro "Jean Monnet" dell'Università di Tor Vergata:

R. – Per avere gli effetti reali dobbiamo aspettare il secondo turno, anche perché è un sistema nuovo: erano state ridisegnate le contee, era stata creata la doppia preferenza di genere… Quindi, soltanto con il secondo turno avremo il risultato reale. Il dato che comunque esce e che è certo è che la popolarità del presidente Hollande è tornata dov’era, cioè a livelli minimi. Quindi, direi che ha una chance pari a zero di essere rieletto. Mentre incredibilmente è tornato su il presidente Sarkozy, che ha saputo unire il centro-destra, motivare le truppe e vincere.

D. – Le Pen è al 25%: ha ormai un suo elettorato stabile, oppure hanno pesato i tragici eventi di Charlie Hebdo?

R. – Teoricamente "Charlie Hebdo" avrebbe dovuto aiutarla, Marine Le Pen: infatti tutti pensavano che avrebbe stravinto. Io credo che abbia raggiunto il livello massimo, cioè non credo che andrà oltre questo dato.

D. – In Spagna, invece, si è votato per le regionali dell’Andalusia e il partito “Podemos” ha avuto un buon risultato: era il primo test elettorale. Si può parlare di un tripartitismo che sta nascendo in Spagna e in Francia?

R. – In Francia sicuramente sì, perché Fn è un partito consolidato che esiste da tempo. Ha cambiato faccia con l’arrivo di Marine, quindi direi che è ormai un partito stabile. In Spagna, è un po’ presto per dire se questi partiti possano considerarsi stabili, ma poi spesso fanno la fine dell’”Uomo qualunque” in Italia. E anche lì l’aspettativa era che “Podemos” avrebbe fatto un grande exploit e invece chi ha vinto è stato il Partito socialista. Direi che non vedo in Spagna una soluzione “greca”.

D. – In modo diverso sia il “Front National” che “Podemos” sono partiti anti-europeisti o quanto meno anti-austerity: si stanno rafforzando queste compagini? E qual è la loro posizione adesso nello scacchiere europeo?

R. – Se c’è un dato che è generalizzato, è che gli europei non ne possono più dell’austerity, anche perché vedono ormai con chiarezza che in quei Paesi dove alla crisi si è risposto con politiche keynesiane, tipo negli Stati Uniti, la crisi sta finendo, mentre in Europa è ben lungi dall’essere finita. Il che non deve essere assolutamente confuso con l’euro e qui bisogna stare molto attenti: cioè l’austerity non è l’euro.

D. – Avranno un peso nelle politiche europee questi successi dei partiti anti-austerity?

R. – Dipenderà molto anche da quello che succede in Germania: devo dirle la verità. Cioè, il problema è che queste forze non sono poi al tavolo europeo. Al momento, al tavolo europeo chi spinge sono l’Italia, la Francia, la Grecia e pochi altri. Certo, sarebbe sbagliato non ascoltare queste forze, anche perché viviamo in un momento di grande incertezza e quando alla minaccia per la sicurezza delle persone si aggiunge anche la povertà, il mix è spesso micidiale: basta ricordarsi di com’è finita la crisi del 1929.








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