2015-03-20 14:44:00

L'Is rivendica attacco a Tunisi. Ue: uniti contro il terrore


I leader dell’Unione Europea riuniti a Bruxelles condannano l’attacco terroristico contro la Tunisia e annunciano una maggiore cooperazione con il Paese nordafricano per contrastare la minaccia del terrorismo. Intanto, il cosiddetto lo Stato islamico ha rivendicato l’attentato al Museo del Bardo di Tunisi, il cui bilancio si attesta a 23 vittime, e sul fronte delle indagini si segnala l’arresto di diverse persone legate al commando terroristico. Il servizio Marco Guerra:

“Quello a cui avete assistito è solo la prima goccia di pioggia”: così recita un breve messaggio audio messo in rete ieri pomeriggio dal sedicente Stato islamico, in cui si parla anche di “decine di crociati e apostati uccisi” e si specifica che l’obiettivo dei terroristi era proprio il Museo del Bardo e non il parlamento. Intanto, è massimo dispiegamento di forze da parte delle autorità tunisine. Cinque le persone arrestate vicino ai due terroristi uccisi, fra i quali il padre e la sorella di uno dei due. Fermati anche altri sostenitori di cellule estremiste in diverse aree del Paese. E dalle indagini a tutto tondo emerge che gli assalitori erano stati addestrati in un campo jihadista in Libia. Dal canto suo, il presidente Essebsi ha convocato il Consiglio superiore delle Forze armate, schierato l’esercito a difesa delle città e dichiarato: “Siamo in guerra”. E l'attacco in Tunisia è stato al centro del Consiglio europeo di stamani a Bruxelles. “Unione Europea e i suoi Stati membri – si legge in una nota dei 28 – si sono impegnati a intensificare la loro cooperazione con la Tunisia per contrastare il terrorismo”. Ma per un commento sull’attendibilità della rivendicazione, sentiamo Bernard Selwan El Khoury, direttore di Cosmonitor e analista di Limes:

R. – Dall’analisi di questa rivendicazione,  non emerge in alcun modo che vi siano elementi che provino la sua autenticità e mi spiego molto concretamente: è stato diffuso un audio con una trascrizione che però non contiene alcun elemento che dia la conferma che si tratti dell’Isis. Non ci sono firme di nomi, di personaggi, di responsabili, non c’è la firma dell’organizzazione. Quindi, dall’analisi di questa rivendicazione non si può in alcun modo sostenere che si tratti di una rivendicazione ufficiale da parte dell’Isis. Si tratta invece di un tentativo da parte di gruppi locali, di soggetti locali, di cavalcare l’onda e cercare di rivendicare questa azione che ovviamente ha avuto e sta avendo un ritorno mediatico molto forte.

D. – Siamo di fronte a un’espansione dell’attività jihadista in tutto il nord Africa?

R. – La destabilizzazione e l’instabilità in Libia e la presenza in Libia di tre filiali ufficiali dello Stato islamico – che sono la provincia di Tripoli, la provincia di Barca, cioè della Cirenaica, e la provincia del Fezzan – sono elementi da considerare per confermare se non una diffusione ampia quantomeno la volontà da parte dell’organizzazione jihadista di estendersi nell’intera regione. E’ una volontà che il leader dell’organizzazione, Al Baghdadi, e l’organizzazione stessa non hanno mai nascosto negli ultimi mesi e lo ha detto diverse volte in modo chiaro, di voler fondare o comunque esportare la stessa metodologia anche organizzativa dello Stato islamico dalla Siria all’area nordafricana.

D. – Quali rischi corre l’Europa se non verrà subito stabilizzato il nord Africa e Libia in particolare?

R. – I rischi sono tre, principalmente. Il primo è legato alla minaccia di azioni terroristiche, come quella della Tunisia, che non necessariamente devono avere luogo sul territorio europeo ma possono prendere di mira cittadini europei che si recano in quei Paesi per ragioni di turismo o di lavoro. La seconda minaccia, il secondo elemento di criticità, è legato alle questioni energetiche. In questo caso, la Libia riveste un ruolo molto importante e sensibile, soprattutto per l’Italia. Il terzo aspetto, che ha un impatto molto forte sull’intera Unione Europea, è legato al flusso di migrazione e emigrazione clandestina. E’ ovvio che un Paese instabile come potrebbe essere la Libia porta all’instabilità l’intera regione e  per questo motivo la comunità internazionale sta cercando di muoversi soprattutto in direzione della Libia.








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