È un affronto alla sacralità della vita umana, dono di Dio. Ma è fallimentare anche dal di punto vista penale, “perché non si raggiungerà mai la giustizia uccidendo un essere umano”. Con questi pensieri, Francesco ha preso una posizione netta contro le esecuzioni capitali, che ha auspicato possano essere presto cancellate da tutti i sistemi penali. Il Papa ha consegnato la lettera con le sue riflessioni alla delegazione della Commissione internazionale contro la pena di morte, ricevuta in udienza. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Crudele, inumana, degradante. Non c’è crimine al mondo che debba essere ripagato con la pena di morte. Uccidere un detenuto non fa giustizia, perché vera giustizia è offrire a chiunque la possibilità di riscattarsi. Francesco rigetta da ogni punto di vista il ricorso alle esecuzioni capitali da parte di uno Stato di diritto affermando di volere “un mondo libero dalla pena di morte” e ringraziando chi si batte per la “moratoria universale delle esecuzioni capitali in tutto il mondo”, in vista della loro “abolizione”.
Dignità sacra
Nella sua lettera alla Commissione internazionale
contro la pena di morte, il Papa ritorna con passione su temi già affrontati nei mesi
scorsi al cospetto di varie Associazioni di diritto penale ed esperti di criminologia.
Stavolta, afferma di voler sottolineare meglio la posizione della Chiesa sulla questione.
Il punto di partenza è evidente: per i seguaci di Cristo la vita è sacra perché l’uomo
è creatura che Dio ama di un amore unico. Francesco cita Sant’Ambrogio quando affermò
che, guardando a Caino, “Dio non volle punire l'omicida con un omicidio, poiché vuole
il pentimento del peccatore più che la sua morte”. Dunque, soggiunge, “neppure l'omicida
perde la sua dignità personale e Dio stesso se ne fa garante”.
L’opposto della misericordia
L’esecuzione capitale, asserisce il Papa, è contraria
invece “al senso di ‘humanitas’ e alla misericordia divina, che dovrebbe essere un
modello per la giustizia degli uomini. Implica un tratto crudele, inumano e degradante,
come lo è anche l'angoscia che precede il momento dell’esecuzione e la terribile attesa
tra la sentenza e l’applicazione della pena, una ‘tortura’ che – rimarca Francesco
– in nome di un giusto processo, dura solitamente molti anni e che in attesa della
morte non di rado porta alla malattia e alla follia”.
Pena inammissibile
Il Papa condanna ovviamente senza appello l’uso strumentale
che della pena di morte fanno i “regimi totalitari”, o quelli che definisce “gruppi
di fanatici”, per i quali uccidere un prigioniero – dice – non è che un mezzo per
sterminare “dissidenti politici”, “minoranze” e “ogni soggetto etichettato come ‘pericoloso"
o che possa essere percepito come una minaccia per il proprio potere o per il raggiungimento
dei propri scopi”. E di ciò spesso fanno le spese tanti cristiani, “nuovi martiri”
che la Chiesa piange. Ma l’attenzione di Francesco è soprattutto per l’atteggiamento
degli Stati che comminano la pena capitale. La stigmatizza come “un fallimento” per
chi la adotta e la valuta “inammissibile per quanto grave sia il delitto della persona
condannata”, poiché “non rende giustizia alle vittime, ma incoraggia la vendetta”.
Ricorda qui una celebre frase di Dostoevskij che scrisse: "Uccidere chi ha ucciso
è incomparabilmente più grande della stessa punizione del crimine. L'omicidio in virtù
di una sentenza è più spaventoso dell'omicidio che commette un criminale". E chiosa:
“Non si raggiungerà mai la giustizia uccidendo un essere umano”.
Non c’è un modo “umano” di uccidere
Inoltre, prosegue Francesco, “la giustizia umana è
imperfetta” e “con l'applicazione della pena capitale si nega al condannato la possibilità
di riparare o di emendare il danno commesso”, la “possibilità della confessione attraverso
cui l'uomo esprime la propria conversione interiore”, quella della “contrizione che
porta al pentimento e all'espiazione, per giungere all’incontro con l’amore misericordioso
e risanatore di Dio”. Francesco critica poi
duramente i dibattiti in corso in alcuni settori nei quali ci si interroga sul “modo
di uccidere”, come se si trattasse – dice con una punta di sarcasmo – di trovare il
modo di "farlo bene". Ma, obietta, "non c'è un modo umano di uccidere un'altra persona”.
Quindi, torna anche su un concetto già espresso
a proposito dell’ergastolo, la “pena di morte nascosta”, che oltre a privare della
libertà il colpevole di un reato, mira a privarlo anche della “speranza”. Un “sistema
penale”, osserva Francesco, “può prendere il tempo dei colpevoli, ma non potrà mai
prendere la loro speranza”.
Migliori condizioni carcerarie
Infine, registrando la “maggiore sensibilità morale
rispetto al valore della vita umana” e dunque una “crescente avversione alla pena
di morte” da parte dell’opinione pubblica, il Papa conclude riaffermando che “tutti
i cristiani e gli uomini di buona volontà” sono “chiamati oggi a lottare non solo
per l’abolizione della pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue
forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della
dignità umana delle persone private della libertà”.
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