2015-03-13 11:35:00

Il Papa ai coreani: saldi nella fede, lo zelo non si negozia


Voi siete “una Chiesa di martiri”: non cedete alla “mondanità spirituale” e non negoziate sullo “zelo” che tiene vivo il Vangelo. È l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto nel pomeriggio di ieri alla folta comunità coreana che si è radunata nella Basilica di San Pietro assieme ai propri vescovi, presenti a Roma per la visita “ad limina”. Il Papa si è intrattenuto prima della Messa, poi celebrata dai presuli coreani, per ricordare la sua visita apostolica in Sud Corea dello scorso anno. Il servizio di Alessandro De Carolis:

La trappola del “benessere religioso”, quella che annacqua la fede e ne trasforma il fuoco in uno scialbo tepore che non serve a nessuno. È l’insidia che deve schivare ogni cristiano e in particolare chi – come i cristiani di Corea – è stato generato da sangue e zelo, quello di tanti laici e tanti martiri.

Per favore, non cedete
È insistita, intensa, la raccomandazione che Francesco rivolge ai circa 400 coreani seduti in San Pietro con i loro vescovi incontrati dal Papa la mattina stessa. Siete un popolo “che mi ha edificato” – dice ricordando i giorni dello scorso agosto, quelli di una visita che definisce “bellissima” due volte. Però c’è una eredità di fede da portare avanti senza tentennamenti. Una storia di fede, ricorda Francesco, che in Corea poggia su due cardini:

“Primo, i laici. La vostra Chiesa è stata portata avanti durante due secoli soltanto da parte dei laici. Aiutate i laici ad essere consapevoli di questa responsabilità. Loro hanno ereditato questa gloriosa storia. Primo, i laici: che siano coraggiosi come i primi! Secondo, i martiri. La vostra Chiesa è stata ‘annaffiata’ col sangue dei martiri, e questo ha dato vita. Per favore non cedete. Guardatevi dal ‘benessere religioso’”.

Una fede “ammorbidita”
Francesco spiega che la tattica del benessere fu adottata dai giapponesi contro i cristiani per costringerli all’apostasia. Dopo averli torturati in carcere, un mese prima dell’abiura li portavano in belle case e servivano loro del buon cibo allo scopo di “ammorbidire" la fede e farli cedere. Attenzione, avverte il Papa, perché questo potrebbe accadere anche a voi:

“Se voi non andate avanti con la forza della fede, con lo zelo, con l’amore a Gesù Cristo, se voi diventate morbidi - cristianesimo ‘all’acqua di rose’, debole - la vostra fede andrà giù. Il demonio è furbo – dicevo – e farà questa proposta, il benessere religioso – ‘siamo buoni cattolici, ma fino a qui…’ – e vi toglierà la forza. Non dimenticatevi, per favore: siete figli di martiri e lo zelo apostolico non si può negoziare”.

Una promessa per l’Asia
Francesco poi cita un passo della "Lettera agli Ebrei", in cui l’autore dice ai cristiani: “Ricordate i primi tempi, quando avete lottato e sofferto per la fede. Non andate indietro adesso”. E ancora: “Ricordate i vostri padri nella fede, i vostri maestri, e seguite il loro esempio”:

“Voi siete Chiesa di martiri, e questa è una promessa per tutta l’Asia. Andate avanti. Non mollare. Niente mondanità spirituale, niente. Niente cattolicesimo facile, senza zelo. Niente benessere religioso. Amore a Gesù Cristo, amore alla croce di Gesù Cristo e amore alla vostra storia”.

A presiedere la Messa in San Pietro, assieme ai 26 vescovi e a 130 sacerdoti che studiano a Roma, è stato il presidente della Conferenza episcopale coreana, mons. Igino Kim Hee-jong, arcivescovo di Gwangju. Davide Dionisi gli ha chiesto quali siano le sfide pastorali della Chiesa coreana e cosa sia cambiato dalla visita di Papa Francesco:

R. – Abbiamo sentito specialmente la necessità di rinnovare noi stessi, per tutta la Chiesa coreana. La strada del Santo Padre ci spinge a camminare con più spiritualità, per mostrare una Chiesa povera per i poveri, non solo i poveri economicamente, ma anche gli oppressi, gli emigranti e così via.

D. – In che modo la Chiesa in Corea accompagna e sostiene lo sviluppo di una società indubbiamente moderna?

R. – Il nostro dovere, della Chiesa coreana, sarebbe quello di mostrare il valore spirituale, il valore della cultura. Quel materialismo che ci impedisce di andare avanti, di aiutare i poveri e che cerca solo lo sviluppo economico ci farà diventare un cosiddetto “animale economico”.

D. – Come avete preparato la visita “ad Limina”?

R. – L’anno scorso, la Conferenza episcopale ha cercato di adattare il messaggio del Santo Padre. Ogni diocesi sta studiando specialmente la “Evangelii Gaudium”. Ma anche noi vescovi volevamo fare qualcosa e abbiamo creato un fondo per aiutare i poveri, non soltanto i poveri coreani, ma anche le altre Chiese dell’Asia. Alla fine dell’anno, discuteremo su come possiamo utilizzare questo fondo economico per le altre Chiese dell’Asia.

D. – Come la Chiesa sta aiutando i fratelli che abitano, che vivono al di là del 38.mo parallelo, e in che modo fornisce il suo sostegno alla comunità del Nord?

R. – Noi cerchiamo specialmente di avere un dialogo e poi, con il dialogo, cercheremo una strada di riconciliazione e la cooperazione economica. Per esempio, due settimane fa ho incontrato un nordcoreano per avere uno scambio di opinioni. Cercheremo concretamente di avere un dialogo e di aiutare la ricostruzione della Chiesa, di cooperare economicamente con i nordcoreani. Per esempio, noi vescovi che siamo responsabili della riconciliazione tra Nord e Sud cercheremo di visitare la Corea nei prossimi anni.

D. – Guardando al futuro, dunque, che spazio hanno l’evangelizzazione e l’impegno sociale nella visione della Chiesa coreana?

R. – Noi vogliamo specialmente elevare lo spirito del Vangelo e anche l’insegnamento della Chiesa, considerando specialmente l’“Evangelii Gaudium”. Vogliamo applicarlo in ogni caso, non solo al clero, ma anche ai laici. Noi dobbiamo cooperare insieme.

D. – Quali sono le difficoltà che incontrate nel vostro servizio pastorale quotidiano?

R. – Il materialismo soprattutto impedisce di evangelizzare. Noi vogliamo educare, formare i laici, non solo i preti. Come lei sa, la storia della Chiesa coreana è cominciata con i laici. E allora noi vogliamo appoggiare l’attività dei laici. Nonostante la Chiesa cattolica sia minoritaria in Corea – la percentuale è solo del 10% – per quanto riguarda l’influsso sociale, la Chiesa cattolica pare sia più forte, paragonata ad altre religioni. Per esempio, il 30-35% dei parlamentari è cattolico. Anche il 30-35% dei generali militari è cattolico. Se c’è qualche problema sociale in Corea, sia i cattolici che i non cattolici aspettano di sentire le nostre parole al Paese. Tutti i coreani, quindi, hanno fiducia nella Chiesa cattolica, ma noi dobbiamo stare attenti, perché questo non è solo un onore, è un dovere molto serio.

D. – Che cosa racconterà ai fedeli coreani della visita “ad Limina” e dell’incontro con il Santo Padre?

R. – Il Santo Padre ci ha detto di fare un ponte per l’evangelizzazione dell’Asia. Noi faremo così. Vogliamo poi cambiare non solo materialmente, ma anche mandando missionari coreani ovunque. Vogliamo avere uno scambio pastorale con le Chiese dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. Adesso, più di mille missionari coreani lavorano nei Paesi dell’Africa, dell’America Latina e anche dell’Asia.

D. – Il ruolo della famiglia in questo vostro impegno, in questa vostra sfida pastorale…

R. – Il problema della famiglia è molto importante. Per esempio, nella nostra diocesi tre anni fa ci siamo concentrati nel pregare, nel condividere la Parola di Dio, nel servire i vicini, le famiglie, per tre anni. Così tutti i vescovi coreani hanno sentito questo problema. Noi poi ci concentreremo ad aiutare la famiglia.

D. – I giovani?

R. – Come lei sa, i giovani sono una speranza della Chiesa del futuro. Noi dobbiamo comprendere bene il problema dei giovani. Noi vogliamo stare insieme ai giovani, comprendere i loro problemi.

D. – Se lei dovesse dire con precisione quali siano i messaggi più importanti che Papa Francesco ha lanciato durante il suo viaggio e che ha ribadito durante il vostro incontro, che hanno colpito di più il popolo coreano, quali sono?

R. – La vicinanza ai poveri, la vicinanza agli oppressi. Si sono commossi di questo. Anche noi dobbiamo praticare questa vicinanza. I pastori devono risvegliarsi di fronte ai problemi sociali, non solo all’interno delle mura della Chiesa. Dobbiamo uscire dalle mura della Chiesa, dalle mura chiuse della Chiesa. Dobbiamo andare più avanti, sia cattolici che non cattolici, sia religiosi che non religiosi. Dobbiamo stare con i poveri, con gli oppressi, e anche noi dobbiamo risvegliarci di fronte ai problemi sociali o politici, tenendo presente il valore del Vangelo.








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