2015-03-13 13:16:00

Ebola: 10 mila morti, meno contagi. Fine epidemia entro estate


Dieci mila decessi in tutto, quasi 25 mila malati, ma nell’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sull’ebola si trovano anche dati incoraggianti come la contrazione del virus nella distribuzione geografica, la diminuzione dei contagi in Guinea e Sierra Leone, mentre la Liberia non registra nuove infezioni da due settimane. Secondo l’Onu servono ancora 400 milioni di aiuti internazionali per dare il colpo finale alla malattia che potrebbe arrivare entro l’estate, come conferma Giovanni Maga, responsabile del laboratorio di virologia molecolare del Cnr di Pavia, al microfono di Cecilia Seppia:

R. – Sicuramente parliamo di dati positivi, da 300 casi di contagio la settimana, siamo passati a 100-115 in Guinea e Sierra Leone, anche se non sempre parliamo di dati attendibili, per via delle notifiche che arrivano in ritardo. In ogni caso l’epidemia potrebbe essere fermata nel giro di qualche mese, forse anche prima dell’estate. Un problema, chiaramente, è quello di continuare ad investire in risorse che sono soprattutto risorse umane perché ancora oggi uno dei principali veicoli di trasmissione sono, ad esempio, i funerali, quindi l’interramento dei cadaveri in condizioni non sterili, non controllate. Il controllo di questa pratica richiede un grande sforzo, ci vogliono squadre di persone specializzate che vadano casa per casa a convincere i famigliari a intraprendere una sepoltura secondo le norme di sicurezza, che spesso sono in contrasto con le tradizioni religiose culturali.

D. – Quindi notizie positive che fanno ben sperare: però, secondo l’Onu, mancano ancora 400 milioni di dollari di aiuti internazionali per poter dare il colpo finale alla malattia. A cosa serviranno questi soldi?

R. - Fondamentalmente per reclutare, formare personale anche locale per l’assistenza ai pazienti, per implementare le misure di prevenzione, aumentare la capacità dei centri di assistenza di accogliere i pazienti, di supportare le loro funzioni vitali come si fa negli ospedali occidentali, fino a quando il paziente stesso non riesca a superare la fase critica. Quindi è estremamente necessario continuare ad aiutare questi Paesi, che sono fra i più poveri dell’Africa, a dotarsi delle attrezzature per fare fronte non solo a questa epidemia ma anche a quelle future, perché il virus non scomparirà, continuerà a circolare e si sa che la comparse nella popolazione umana avviene in maniera casuale, quando qualcuno ad esempio entra in contatto con animali infetti, anche per scopo alimentare.

D. – Un altro dato sempre segnalato dall’Oms è che in questi Paesi dell’Africa occidentale colpiti da ebola è stato lanciato un allarme morbillo: 2 milioni di bimbi tra i 9 mesi e i 5 anni potrebbero morire. Questo a cosa si deve?

R. – Sono calate le vaccinazioni di routine per far fronte all’emergenza e il morbillo è il virus più contagioso che si conosca, quindi è in grado di dare epidemie molto estese e in modo molto rapido. Soprattutto in un contesto già fragile dal punto di vista sanitario, come può essere appunto un Paese africano, può anche avere delle conseguenze mortali per i neonati e per i bambini piccoli. Quindi è sicuramente un dato preoccupante, da non trascurare.

D. – Secondo gli analisti, la diminuzione dei nuovi casi di ebola rappresenta paradossalmente un problema: cioè i 'trial' clinici che sono in corso per studiare i futuri trattamenti per la malattia potrebbero subire uno stop anche per mancanza di pazienti. Secondo lei c’è questo rischio?

R. – Ci sono stati almeno due casi noti di 'trial' clinici che dovevano partire e che sono stati fermati proprio perché il numero di pazienti disponibili si è contratto. Secondo me non è ancora questo il momento in cui possiamo dire che non ce ne sono abbastanza per i 'trial' clinici, però è necessario superare tutti quegli ostacoli burocratici, normativi, politici, economici, che in questo momento, in alcuni casi, stanno ritardando l’inizio dei 'trial'.

D. - Come siamo messi sul fronte dei vaccini? L’Italia è ed è stata in prima linea. Lei giustamente diceva che l’epidemia potrebbe ritornare, magari non così forte come quella che stiamo vivendo, che abbiamo vissuto, però potrebbe ritornare. In caso ritornasse, c’è un vaccino allo stato dei fatti?

R. – Ci sono due vaccini che sono in sperimentazione: hanno superato la prima fase, ci sono dati che indicano che non causano effetti collaterali gravi, di fatto nessun effetto - perlomeno il numero di persone sane che è stato investigato per un periodo limitato di tempo - ma per arrivare alla certezza che questi vaccini siano efficaci sono necessari studi che normalmente durano anni. In una condizione di emergenza si possono accorciare il più possibile i tempi ma non è possibile oggi dire: abbiamo un vaccino contro ebola. Forse non sarà possibile neanche dirlo entro la fine di questa epidemia. Abbiamo però almeno due candidati molto promettenti, quello si può dire, ed è già comunque un grosso passo avanti.








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