2015-03-12 14:25:00

Negoziato Ue-Grecia sulle riforme. Spread ai minimi dal 2008


Borse europee poco mosse oggi, ma prosegue l’effetto del "Quantitative easing" (alleggerimento quantitativo) sul mercato dei titoli di Stato. Spread ai minimi dal 2008 tra i Btp italiani e i Bund tedeschi e giù anche quello tra i Buoni di Berlino e quelli di Madrid. Ma il piano di acquisto della Bce torna nel mirino della Germania, mentre ad Atene prosegue il negoziato tra il ‘Bruxelles group’ e il governo ellenico sul debito greco. Il servizio di Marco Guerra:

Questa mattina lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi ha segnato 84 punti, il minimo da settembre 2008. In discesa, ad 82 punti, anche il differenziale anche tra Bonos spagnoli e i titoli di Berlino. L’euro, dopo il minimo sul dollaro da oltre 12 anni raggiunto ieri, ha parzialmente recuperato ritornando sopra quota 1,0603. Intanto la Bce continua a fare incetta di titoli di Stato. L'esponente del Comitato esecutivo, Bénoit Coeuré, ha riferito che nei primi tre giorni dall'avvio della manovra sono stati rilevati titoli per 9,8 miliardi di euro. E mentre negli Usa la Federal Reserve appare orientata verso un inasprimento della sua politica monetaria, motivo per cui il dollaro si rafforza sull’euro, il capo della Bundesbank Weidmann è tornato ad attaccare la manovra lanciata da Draghi affermando che l’acquisto dei titoli di Stato "mette a rischio l'indipendenza della Bce". Infine ad Atene prosegue il "negoziato tecnico" del 'Brussels group' con il governo ellenico sul debito e le riforme da applicare. Non trapelano informazioni sull’andamento dei colloqui ma un accodo sembra ancora lontano. Domani l’incontro tra il presidente della Commissione Ue Juncker e il premier Tsipras. Per un commento sugli effetti del Quantitative easing, sentiamo il prof. Gianfranco Viesti, ordinario di economia all’Università di Bari:

R. - Si sta creando un clima internazionale un po’ più positivo. Questo significa che abbiamo una finestra di opportunità, nel senso che questo potenzierà le esportazioni, riduce il costo del finanziamento per i titoli pubblici e l’impatto sull’economia italiana potrebbe essere di diversi decimi di punto di crescita nel 2015. Non dimentichiamo però due questioni di fondo: primo, che questa è una fortuna - per così dire - che ci arriva dall’esterno che, come tale, può manifestarsi, ma può anche andare indietro. E la seconda, che l’elemento chiave è come ripartire questi benefici tra tutti i cittadini europei.

D. – Quali sono i Paesi che beneficiano di più di questo in Europa? La Germania ha sempre paura dell’inflazione… Ecco, nel quadro europeo, che cosa comporta questo crollo dell’euro?

R. – La paura dell’inflazione in questo momento in Europa è totalmente priva di senso, perché siamo in una situazione molto difficile, opposta; abbiamo visto dal Giappone negli ultimi vent’anni come una situazione in cui i prezzi non aumentano, possa essere pericolosissima. Queste misure premiano l’intera Europa, ma comunque di più le economie più forti. Quindi, ci rimane tutto il grande tema distributivo, di come far arrivare questi benefici a tutti i Paesi europei e, all’interno dei Paesi europei, a tutti i cittadini. Da questo punto di vista, purtroppo, credo che non abbiamo fatto grandi passi avanti, perché questo è nelle mani della Commissione europea e dei governi.

D. – Il piano di acquisto di Draghi sancisce la definitiva uscita dalla recessione o produrrà solo una congiuntura positiva che l’economia europea dovrà saper sfruttare?

R. - Purtroppo non è una svolta, perché noi non siamo tecnicamente in una recessione, ma siamo in un lungo periodo di depressione, una cosa che non avevamo mai visto nei decenni scorsi. Questo è un elemento positivo - prendiamone tutti gli aspetti importanti; però non cambia strutturalmente il funzionamento dell’economia europea né dell’italiana, che è ancora vincolata dalle politiche macroeconomiche che essi seguono. E quindi gli effetti, per esempio, sui posti di lavoro, sulle disparità nella società, andranno attentamente valutati. Non aspettiamoci che questo faccia passare dal giorno alla notte, o dalla notte al giorno – meglio – la situazione dell’economia.

D. – Le debolezze strutturali di alcune economie del Vecchio Continente sono state superate o rimangono dei problemi che invece vanno affrontati?

R. – Ci sono delle debolezze strutturali: basti pensare alla Grecia, alla debolezza dell’economia greca. Ma soprattutto c’è una impostazione della politica economica europea che io trovo profondamente sbagliata: e cioè, si comprime l’attività economica finché non si fanno queste mitiche riforme. Ma se l’economia non riprende, è anche poi molto difficile cambiarla. L’Europa, per molti versi, è in un vicolo cieco: le iniziative di Draghi, la buona congiuntura internazionale, la caduta del prezzo del petrolio, ci danno un’opportunità, ma non mutano questi caratteri di fondo, purtroppo.

D. – Draghi ha detto che il programma della Bce serve anche a proteggere i Paesi dell’eurozona dal contagio greco. Insomma, con Atene la partita è ancora tutta aperta, e dall’esito incerto…

R. – La partita è molto aperta, anche perché la Grecia è un Paese con un’economia morta e le sue attuali classi dirigenti, che sono state democraticamente elette, si pongono giustamente questo problema: si tratta di conciliare una possibilità per la Grecia con il benessere degli altri Paesi europei. Un atteggiamento di eccessiva chiusura, come quello che stiamo vedendo, cioè quello di mettere la Grecia nell’angolo e di imporle di forza la continuazione di politiche che sono state devastanti per la società greca, non è – secondo me – molto lungimirante; perché con i Greci bisogna discutere, ma se li mettiamo nell’angolo e li costringiamo a misure estreme, poi le conseguenze le paghiamo tutti.








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