2015-03-12 15:56:00

Francesco, due anni di pontificato "in uscita"


"Papa Francesco, in fondo, invita tutta la Chiesa a riabituarsi al gesto di Giovanni Battista, colui che indica il Signore, ma non ne prende il posto. In questo modo evitiamo di occupare il centro e insediarci in un posto che non è il nostro". Così, mons. Pierangelo Sequeri, preside della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, spiega il senso dell'invito a 'decentrarsi' così frequente in questi primi due anni del pontificato di Papa Francesco. Un invito che si accompagna a quello, ricorrente, a guardare al centro dalle periferie. "Come Chiesa abbiamo il compito di indicare Cristo al mondo. Ma per farlo dobbiamo assumere lo sguardo dei lontani, affinché possano guardare al centro dal loro reale punto di vista". In questi due anni di magistero Francesco ha, fin da subito, messo in guardia la Chiesa dall'autoreferenzialità. "Noi ecclesiastici spendiamo attualmente l'80% del tempo a discutere della nostra organizzazione e dell'affinamento della nostra comunicazione - spiega il teologo - e solo il 20% al lavoro di limatura che dovrebbe assicurare la trasparenza del Signore. Bisogna subito, almeno, invertire le proporzioni". "Il Papa - conclude Sequeri - ci invita in sintesi ad abbandonare certe vecchie abitudini, nate per un buon motivo, quando ci rendiamo conto che non sono più efficaci per onorare il servizio dell'Evangelo". 

"L'aspetto più notevole di questi primi due anni del pontificato di Papa Francesco è sicuramente quello sociale, anche perché mi sembra quello che lui stesso mette in primo piano", aggiunge Luigi Alfieri, docente ordinario all’Università di Urbino, coordinatore della Scuola di scienze politiche e sociali dell’ateneo. Da 'non-credente', il prof. Alfieri spiega così la sua riflessione. "Francesco invita a prendere sul serio l'idea di una Chiesa dei poveri. E non è una scelta astratta, ma ha anzi un chiaro valore politicoDunque una scelta di parte, ma non nel senso ideologico o partitico, ma di scelta che implica delle opzioni fondamentali riguardo ai valori, riguardo a chi li tutela e chi no. E implica un giudizio molto preciso sull'attuale sistema economico mondiale". "Direi che oggi la Chiesa di Francesco si presenta come una Chiesa complessivamente dissenziente rispetto a un ordine mondiale che non può certo definirsi cristiano".    

"Grazie a Francesco, in questi anni di crisi, non solo economica, abbiamo veramente la sensazione di sentirci meno soli", aggiunge Moni Ovadia, attore e drammaturgo di origine ebraica che si dichiara agnostico. "Quando c'è una volontà morale costituita dietro una crisi economica si sa che si può uscirne. E questo Pontefice, ogni volta che parla, ci dà la sensazione di poter contare sulla sua forza morale e sulla sua testimonianza per rimettere al centro i valori della persona". Il segreto della grande capacità comunicativa di Francesco? Per Moni Ovadia sono il "sense of humour", e dunque l'assenza di retorica e la "forza di verità" che c'è nella sua parola.








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