2015-03-10 15:53:00

Onu: continua in Messico l'uso di tortura e maltrattamenti


Una denuncia delle continue violazioni dei diritti umani in Messico, a opera anche delle forze di polizia e sicurezza, è arrivata ieri dalle Nazioni Unite in un Rapporto che evidenzia l’utilizzo contro i detenuti di tortura e maltrattamenti crudeli, allo scopo di estorcere false confessioni. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Pubblici ufficiali che omettono di indagare sulle denunce delle vittime di tortura, medici legali impiegati dalle istituzioni, che ignorano totalmente, e frequentemente, i segni di maltramenti sui corpi delle vittime. Il rapporto di Juan Mendez, il relatore dell’Onu, è drammatico e non fa che confermare una realtà che gruppi della società civile da anni denunciano: l’uso della tortura, dei maltrattamenti, è ampiamente diffuso tra la polizia e le forze di sicurezza messicane. Valentina Valfrè di "Soleterre onlus", organizzazione per la difesa dei diritti umani, presente in Messico:

“Il problema del Messico, uno dei problemi del Messico, è che si tende sempre a giustificare qualunque cosa succeda, a partire dalla violazioni dei diritti umani, con questa supposta guerra contro la droga. In realtà, molte delle persone che subiscono questo tipo di violazioni con il traffico di droga non hanno assolutamente nulla a che fare. Un esempio è quello dei migranti che, puntualmente, appena attraversato il confine tra il Centroamerica e il Messico vengono presi e chiusi nelle stazioni migratorie dai funzionari dell’immigrazione, dove subiscono qualsiasi tipo di abuso. Le donne vengono sistematicamente violentate, abusate sessualmente, i migranti vengono aggrediti. Questo non solamente lungo il percorso, quando vengono fermati dalla polizia, ma proprio all’interno delle stazioni migratorie. Quindi, la tortura è veramente una pratica ormai usata a 360 gradi”.

Chi si ribella rischia
E’ del settembre scorso la scomparsa di 43 studenti a Iguala - mai ritrovati e presumibilmente uccisi, secondo le prove, da polizia e narcos legati al sindaco della città, poi arrestato assieme alla moglie perché mandanti della strage - che ha creato un terremoto politico nel Paese, con manifestazioni continue da parte di tutti i messicani, giovani e anziani, famiglie intere. La loro incessante richiesta di giustizia ha spinto il president,e Enrique Peña Nieto, a sostituire almeno duemila agenti municipali. Ancora oggi, però, il perché questi ragazzi siano stati trucidati non è venuto alla luce:

“Erano semplicemente studenti che protestavano per i loro diritti perché i propri diritti venissero rispettati e sono, sostanzialmente, stati fatti sparire e, non solo, si presume che, oltre a essere stati uccisi, siano anche stati torturati in precedenza. Stessa cosa succede a chi cerca di alzare la voce, quindi anche ai difensori dei diritti, recentemente è stato trovato morto un difensore che appoggiava la lotta dei famigliari dei 43 studenti, per la ricerca della verità. Le persone che vogliono cercare di ribellarsi a questo sistema chiaramente rischiano di essere sottoposte a questo tipo di abusi”.

Terrore e massima impunità
Il Messico vive in un totale clima di terrore e di impunità, denuncia da sempre chi è impegnato nella tutela dei diritti umani in questo Paese, facilitato anche dall’occultamento di prove medico-scientifiche che potrebbero contribuire a mettere fine alla colpevole omertà:

“Questo dal punto di vista della ricerca della giustizia è incredibile, nel senso che si raggiungono livelli di impunità che in queste aree sono del 98-99%. Cioè, la maggior parte, se non la quasi totalità, dei delitti e degli abusi non riceve alcun tipo di punizione e di condanna, tantomeno i colpevoli vengono identificati proprio perché c’è questa omertà di fondo che, da un lato, è legata a una connivenza con chi commette questi atti ma, dall’altro lato, a mio parere, è anche dovuto al clima di terrore, che rende molto difficile per le persone che lavorano anche a stretto contatto con gli ufficiali pubblici poter dire la verità per paura di subire poi la stessa sorte”.

Le pressioni degli attivisti
La società civile, testimoniano le associazioni, sta facendo veramente di tutto per poter cambiare le cose con un attivismo che non si vedeva da anni in Messico. Ancora la Valfrè:

“E’ stata chiesta, ai partiti che si presentano alle prossime elezioni, una serie di criteri per potersi presentare e poter essere sottoposti a una sorta di commissione esterna. Tutto questo viene sistematicamente ignorato da tutti i partiti, non solo dal partito al governo ma anche da tutti i partiti all’opposizione. La società civile continua a dire che a livello governativo i politici continuano a portare avanti la stessa linea politica basata sulla paura, sul terrore e sulla violazione dei diritti. E questo non solo il partito di Peña Nieto: sembra che anche dall’altra parte non ci sia alcuna volontà di combattere la corruzione, la violazione dei diritti umani. Perlomeno, non stanno dando segno fino ad oggi di volerlo fare”.

La speranza è che le pressioni non solo della società civile messicana, ma anche dell’opinione pubblica internazionale possano spingere il governo del presidente Enrique Peña Nieto a mettere in atto tutta una serie di azioni che possano dare risposte alla denuncia e alle raccomandazioni espresse dalle Nazioni Unite.








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