2015-03-09 14:04:00

Attacchi jihadisti in Iraq, Libia e Nigeria. Raid coalizione in Siria


Orrore in Libia, dove i jihadisti affiliati allo Stato Islamico hanno decapitato otto guardie a seguito di un attacco ad un campo petrolifero. Nella stessa azione rapiti nove lavoratori, tutti stranieri. E nelle aree del califfato in Iraq è ancora furia iconoclasta contro i siti archeologici. Distrutta e saccheggiata l’antica città di Dur Sarrukin, l'odierna Khorsabad. Proseguono anche i raid della coalizione internazionale sulle roccaforti dell’Is: almeno 30 miliziani integralisti sono stati uccisi in Siria. Il servizio di Marco Guerra:

L’assalto al campo petrolifero libico di Al Ghani è avvenuto venerdì scorso, ma solo ieri è emersa l’efferatezza con cui è stata compiuta l’azione. Otto delle undici guardie uccise nell’attacco sono state decapitate e sono stati presi in ostaggio nove dipendenti tutti stranieri, fra cui due europei, un austriaco e un ceco. E nonostante le informazioni restino controverse, fonti libiche confermano che Sirte - come da tempo  il 'califfato' di Derna - è in mano al sedicente Stato islamico. Intanto nelle aree controllate dall’Is in Iraq continua la distruzione di antichi siti assiri. Ieri è toccato all’area di Khorsabad, a 20 chilometri a nord di Mosul. Secondo testimoni locali, gli jihadisti hanno rubato gran parte delle antichità e hanno fatto saltare in aria quel poco che hanno lasciato. Si tratta del quarto colpo inferto dal califfato alla storia irachena, dopo gli attacchi a Nimrud, Hatra e al museo archeologico di Mosul. In Siria i raid della coalizione internazionale hanno colpito una raffineria nelle mani dell’Is uccidendo 30 miliziani. Terrore jihadista anche in Nigeria: cinque persone sono morte per un’esplosione al mercato di Borno, nel nord-est, a circa 70 chilometri da Maiduguri, dove nel frattempo è salito a 62 vittime il bilancio dei quattro attacchi congiunti di sabato, mentre militari del Ciad e del Niger hanno attraversato il confine per combattere alcune milizie di Boko Haram. Nei combattimenti ci sarebbero non meno di 200 morti, E solo due giorni fa è stato diffuso il video con cui il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, ha giurato fedeltà allo Stato Islamico e al califfo al Baghdadi. Ma per capire quali punti di contatto ci sono tra le due organizzazioni sentiamo Pietro Batacchi, direttore della rivista italiana "Difesa":

R. – Se guardiamo bene la logica e la dinamica che hanno portato alla dichiarazione di fedeltà al califfato da parte di Boko Haram, si tratta di un epilogo logico, un epilogo abbastanza scontato, per quello che è ed è stato un percorso di Boko Haram, tutto incentrato sull’estremismo e sulla violenza sempre più cieca e settaria. Questo percorso di estremismo verrà anche a breve sancito formalmente, dopo che lo stesso Stato Islamico ha inviato – questa è una notizia assolutamente dell’ultima ora – una delegazione in Nigeria proprio per firmare formalmente questa alleanza. Quindi nell’estremismo, nel settarismo confessionale, volto anche alla sistematica uccisione di persone musulmane, in questo si può ritrovare un punto di comunione con lo Stato Islamico e con il califfato sostanzialmente. Al Qaeda oggi ha attutito molto questi tratti, l'Is tutto questo non lo fa e non lo fa neanche Boko Haram.  Ecco spiegata in parte l’adesione di Boko Haram al califfato.

D. – Negli ultimi giorni anche un attentato in Mali, rivendicato sempre da un gruppo jihadista guidato da un algerino. Poi ci sono le decapitazioni in Libia. Insomma, l’Africa rischia di diventare il nuovo fronte del terrorismo?

R. – L’Africa è il fronte del terrorismo e dello jihadismo ormai da anni. Si tratta di un continente dove sono aperti focolai di insurrezione islamica o terroristica ormai consolidati. Appunto, lei faceva giustamente riferimento al Mali, ma si potrebbe dire anche della Somalia. Peraltro esistono tutte quelle condizioni ideali per la proliferazione dei gruppi jihadisti: dallo scarso controllo dei governi centrali su vaste aree di territorio, alla porosità dei confini, alla diffusa povertà, alla diffusa marginalità sociale, per finire alle dinamiche tribali e confessionali. Per cui, questo è un cocktail micidiale, che già ormai da anni ha fatto sì che diversi gruppi jihadisti e islamisti attecchissero in diverse parti dell’Africa.

D. – Tuttavia, secondo alcuni reportage nel califfato si avvertono le prime crepe alimentate dai bombardamenti internazionali…

R. – Il califfato ha perso terreno, soprattutto in Siria, nell’area di Kobane, dove comunque i raid aerei della coalizione a guida Usa sono stati intensi, più frequenti e più di lunga durata. Ed effettivamente, in una parte del Nord della Siria il califfato sta perdendo terreno. Per il resto, grandi cedimenti non ci sono. In Iraq adesso è in corso l’offensiva delle forze irachene su Tikrit, di cui ancora saldamente detiene il controllo lo Stato Islamico. Nella parte occidentale dell’Iraq il califfato è assolutamente consolidato, per cui questo grande cedimento, a parte – ripeto – in alcune aree del Nord della Siria, non mi pare ci sia ancora adesso.








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