2015-03-06 07:53:00

Migliaia in fuga in Iraq, in Siria si combatte ad Aleppo


Continuano raid aerei e combattimenti nella regione tra Siria e Iraq, dove agiscono i miliziani del sedicente Stato islamico. L’offensiva governativa sulla città di Tikrit, in mano ai fondamentalisti, ha provocato la fuga di migliaia di persone, mentre in territorio siriano gli scontri riguardano soprattutto Aleppo e il centro del paese. Davide Maggiore:

Sono circa 28.000 i civili spinti alla fuga da tre giorni di combattimenti tra forze governative e miliziani fondamentalisti attorno a Tikrit. E mentre i seguaci dell’autoproclamato califfo hanno raso al suolo il sito archeologico di Nimrud nei pressi di Mosul, per riconquistare quest’ultima località si prepara un’offensiva la prossima primavera. Ad appoggiarla sarà anche la Turchia, ha annunciato il primo ministro di Ankara, Ahmet Davutoglu, ma senza fornire truppe. Tra Iraq e Siria continuano intanto i bombardamenti della coalizione internazionale. Gli Stati Uniti però hanno smentito di essere gli autori del raid che, nella provincia di Idlib, ha ucciso quattro leader del fronte al-Nusra, forza ribelle affiliata ad al-Qaeda ma ostile anche allo Stato islamico. E nelle ore in cui l’Onu studia un progetto di risoluzione sulla condanna dell’uso di armi chimiche, violenti combattimenti continuano anche ad Aleppo, dove l’opposizione apre a negoziati, e nel centro del Paese. Qui gli interessi sono soprattutto strategici, come spiega al microfono di Fausta Speranza, Andrea Plebani, ricercatore dell’Università Cattolica e collaboratore dell’Ispi:

R: - Le operazioni in loco seguono molto gli interessi contingenti e le opportunità che vengono a crearsi. Sicuramente c’è stato lo scontro per i grandi centri urbani, ma l’attenzione dimostrata dal sedicente Stato islamico per la provincia del governatorato di Deir el-Zor era legata in gran parte alla presenza di pozzi petroliferi. Ora l’attenzione sulle riserve di gas, che comunque non sono enormi da parte siriana, rientra tutta all’interno di un’ottica volta a rafforzare anche le basi economiche di quello che si proclama come un nuovo “califfato”.








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