2015-03-05 15:50:00

Italia, Ddl anticorruzione. Garancini: falso in bilancio frena partiti


“Basta rinvii, colpire la corruzione è priorità assoluta per il nostro Paese”. Cosi il presidente del Senato italiano, Pietro Grasso, denunciando il ritardo nell’approvazione del Disegno di Legge in materia, bloccato da quasi due anni nella Commissione Giustizia, oggetto di diatribe tra Governo e opposizione. Falso in bilancio, riciclaggio, concussione, pene più alte per i corrotti e licenziabilità più facile per gli amministratori infedeli sono tra i punti salienti del Disegno di Legge. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Gianfranco Garancini, docente di Storia del Diritto italiano all’Università di Milano:

D. - Prof Garancini, il senatore Grasso ha detto che si tratta della Riforma più importante, più urgente della riscrittura della Costituzione. E’ d’accordo?

R. – Sì, sono d’accordo perché serve o servirebbe a rendere ancora più effettiva l’applicazione della Costituzione. Voglio dire: ci sono nella Costituzione alcuni principi particolarmente importanti, come quello della imparzialità della Pubblica Amministrazione, come quello della fedeltà dei pubblici funzionari. Sono principi ai quali qualsiasi possibilità di scappatoia provoca anche inadempimento e mancanza di credibilità. E poi veramente il fenomeno della corruzione - non solo dei singoli casi di corruzione che ci scandalizzano per una settimana e poi dopo non ci pensiamo più - ma del clima del “tanto fan tutti così”, è uno dei problemi più importanti per la ripresa di una cultura e di una morale sociale in Italia.

D. – Il presidente Grasso ha fatto appello alla responsabilità dei partiti, perché questo Disegno di Legge sia varato al più presto. Ma il dubbio dei cittadini comuni, aprendo ogni giorno i giornali, è che la corruzione sia diventata un male endemico nelle stesse istituzioni. Quindi, come uscirne?

R. – E’ vero ed è brutto che le resistenze più forti all’attuazione o alla realizzazione di una prospettiva legislativa dovuta, giusta, moralmente condivisa dai cittadini, vengano soprattutto dal Parlamento, perché questo Disegno di Legge sta in Commissione Giustizia da due anni e viene rimpallato di qua e di là e il Parlamento – e anche questo è un dato, secondo me, piuttosto negativo – è in mano, si dice, ai partiti politici. Allora sono i partiti politici che frenano. Il problema è capire perché. Se andiamo a vedere quali siano i contenuti della norma, forse si comincia a capire qualcosa di più, perché non c’è mica soltanto la pena più forte per i corrotti, non c’è mica soltanto la maggiore possibilità di togliere di mezzo i corrotti dall’amministrazione pubblica, ma c’è anche – per esempio – un intervento molto secco sul falso in bilancio. Questo una volta era considerato un reato particolarmente grave, si diceva - come si dovrebbe dire anche adesso, secondo me - un reato di pericolo: io ti perseguo semplicemente perché il tuo comportamento crea pericolo alla chiarezza nei confronti dei soci e nei confronti della credibilità pubblica; ma poi era stato trasformato in un problema di danno, da dimostrare per cui la cosa veniva limitata moltissimo. Ritornare adesso ad una concezione del falso in bilancio come comportamento perseguibile in ragione del pericolo e in ragione della negatività che provoca, per l’ordinamento diventa importantissimo. Allora il pericolo è quello davvero – o è stato anche – di radicare nel Paese una sorta di abitudine e di rassegnazione alla corruzione. Quando si sente i protagonisti di “Mali Pulite” affermare che adesso le cose sono peggiorate rispetto ai loro tempi, ci si spaventa… Tenendo conto che Grasso queste cose le sa benissimo, perché da magistrato gli sono passate sotto le mani, si capisce che ha ragione di prendersela e di dire basta, perché questa è una norma fondamentale di civiltà.

D. – Quanto la corruzione ci penalizza nella credibilità internazionale?

R. – Le faccio un esempio significativo: ci sono dei soggetti internazionali, non soltanto dei Paesi, ma delle organizzazioni internazionali particolarmente importanti che hanno deciso di non partecipare ad Expo proprio per questa idea che l’Italia sia il Paese della corruzione e dei corrotti. Questa fama ci penalizza dal punto di vista della concezione, dal punto di vista del giudizio che gli altri hanno su di noi, ma ci penalizza anche proprio dal punto di vista dello sviluppo e dell’economia del Paese.








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