2015-03-03 13:00:00

Ucraina e Russia accordo sul gas. Sul terreno ancora morti


C'è l'intesa sul gas tra Russia e Ucraina, che garantisce le forniture anche all'Ue. Intanto, sul terreno ancora violazioni del cessate-il-fuoco nelle regioni dell’est, mentre l’Onu parla di oltre seimila morti per la guerra in Ucraina. Ieri, telefonata a quattro del cosiddetto “Formato Normandia”. Massimiliano Menichetti:

E’ l'Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Raad Al Hussein, che presentando il nono rapporto delle Nazioni Unite sul conflitto in corso Ucraina dallo scorso aprile ha denuncia un bilancio di oltre seimila morti e parla di "spietata devastazione della vita dei civili e delle infrastrutture". Nelle ultime 36 ore, si registrano ancora violazioni nell’est del Paese del “cessate-il-fuoco” previsto dagli accordi di Misk. Un soldato di Kiev ha perso la vita, quattro sono rimasti feriti. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha nuovamente lanciato un appello alla Russia affinché "ritiri le proprie truppe" dall'Ucraina. In questo quadro, gli osservatori internazionali dell'Osce, l'Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione in Europa, hanno ammesso di non essere in grado di verificare il completo ritiro di armi pesanti dalla linea di confine tra l'esercito ucraino e le milizie separatiste della regione orientale di Donetsk. Intanto, il presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha firmato un decreto attuativo dell'appello all'Onu e alla Ue per il dispiegamento di una forza di pace nell'est del Paese e ieri sera si è tenuto anche un nuovo colloquio telefonico del cosiddetto “Formato Normandia”. Il presidente francese, Francois Hollande, la cancelliera tedesca, Angela Merkel, il presidente ucraino, Petro Poroshenko, e il presidente russo, Vladimir Putin, hanno fatto il punto. Si osservano progressi, dice una nota dell’Eliseo, ma la situazione va migliorata. Intanto, si scioglie, almeno temporaneamente, il nodo del gas tra Russia e Ucraina. Ieri, è stato confermato l’accordo che garantisce le forniture anche all'Ue. Ci sarà un nuovo vertice entro fine mese sulle forniture per l'estate. In sostanza, dopo oltre sei ore di negoziati tra i ministri russo Novak, l'ucraino Demchysyn, e il vicepresidente della Commissione Ue è stata siglata un'intesa che prevede il pieno rispetto del pacchetto invernale sulle forniture di gas concordato lo scorso ottobre, con Naftogaz che s'impegna a rispettare il sistema dei prepagamenti, a ordinare sufficienti quantità di gas per coprire il fabbisogno domestico per marzo a Gazprom e garantire il transito delle forniture all'Ue.

Per un'analisi dell'accordo, abbiamo raccolto il commento del prof. Alberto Clò, economista e supervisor del Rie, Ricerche industriali ed energetiche:

R. – È vero che stiamo uscendo dalla stagione invernale e quindi i consumi andranno riducendosi, ma è anche vero che negli ultimi mesi se Francia, Italia e Germania non avessero attinto massicciamente dalle scorte accumulate, avremmo avuto dei seri problemi. Gli scontri non vedono né vincitori né vinti, un’intesa invece vede tutti vincitori. L’Europa ha bisogno del gas russo, così come la Russia ha bisogno del mercato europeo.

D. – Parliamo di una situazione che a livello internazionale condiziona l’aspetto energetico, oppure è possibile slegare le due cose?

R. – Teniamo conto del fatto che nel breve termine – in questi casi è un arco di anni – non ci sono alternative. Il primo dovere dell’Europa è assicurarsi le forniture. Nel medio termine il discorso è un altro: quali alternative costruire? Quali infrastrutture ed eventualmente quali nuovi fornitori trovare…

D. – Questo significa che siamo la parte più debole nel confronto con la Russia?

R. – Indiscutibilmente. Qui si misura anche l’incapacità dell’Europa che nonostante abbia presente questo problema da un decennio, non è stata in grado concretamente di porre in essere quelle azioni che nel medio e lungo termine ci avrebbero potuto sottrarre a veri e propri ricatti o all’uso del metano come arma di pressione politica.

D. – Quali concretamente le alternative?

R. – L’Iran, ad esempio, potrebbe essere un’alternativa, ma anche questa soluzione ha i suoi problemi. Altre alternative sono il potenziamento delle importazioni dall’Azerbaigian con il gasdotto Tap – che però incontra a livello nazionale ostilità di ogni genere –  aumentare la produzione interna: nel nostro Paese sarebbe possibile raddoppiare la produzione di gas… Nell’arco di alcuni anni saremo forzatamente dipendenti. Attraverso l’Ucraina passa un gasdotto che sinora riforniva l’Europa di 60-70-80 migliaia di metri cubi di gas. Bisogna essere in grado di porre in essere un accordo tra tutti i "player", che separi la quesitone del transito del metano dalla quesitone politica.

D. – Ma quali sono secondo lei le leve che devono essere utilizzate affinché si realizzi una sfida così positiva?

R. – L’idea potrebbe essere quella di creare un consorzio industriale in cui vi partecipano i grandi importatori europei da Snam a Gaz de France, Eon, la stessa azienda ucraina e Gazprom che controllano, gestiscono questo gasdotto che sinora ha alimentato le esportazioni della Russia. In questa maniera, separeremmo la gestione del gasdotto dai rapporti politici russo-ucraini.

D. – Finora, tutto è gestito con rapporti di forza. Lei propone un cambiamento, una virata di orizzonte?

R. – I rapporti di forza non sono a vantaggio di nessuno. La "realpolitik" del metano non significa sottomettersi ai ricatti, ma se l’Europa in 10-15 anni avesse fatto una cosa sola, avrebbe credibilità. La forza di Putin è lo specchio della latitanza dell’incapacità europea di tradurre buone intenzioni in atti pratici.








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